Negli ultimi giorni ha fatto molto discutere la dichiarazione sulla razza del candidato leghista alla regione Lombardia Attilio Fontana, diffusa il 15 gennaio su Radio Padania. In risposta ad un ascoltatore sul tema immigrazione, egli ha affermato quanto segue:
L’Italia non può accettare tutti. Non possiamo perché tutti non ci stiamo, quindi dobbiamo fare delle scelte. Dobbiamo decidere se la nostra etnia, se la nostra razza bianca, se la nostra società deve continuare a esistere o se deve essere cancellata. Qui non è questione di essere xenofobi o razzisti, ma di essere logici o razionali. È una scelta.
L’uso della parola “razza” ha scatenato una vera e propria bufera. Il discorso di Fontana è stato definito ignorante e scandaloso. Commenti di sdegno sono arrivati anche dalla Commissione Europea.
Fontana si difende: “Un lapsus; anche la Costituzione parla di razze”
Attilio Fontana, in piena campagna elettorale, di fronte alle molteplici accuse di razzismo, si è trovato costretto a dover spiegare meglio le sue parole: “Un lapsus [l’uso dell’espressione ‘razza bianca’], un errore terminologico”.
Il 16 gennaio, invece, il candidato alla regione, nonostante le condanne giunte da ogni dove, sorprendentemente ha ribadito a Tgcom il concetto espresso in prima battuta:
Ho detto fin dall’inizio che ho usato un’espressione inopportuna, ma il problema deve essere affrontato. Dovrebbero cambiare anche la Costituzione perché è la prima a dire che esistono delle razze.
Il riferimento è indubbiamente all’art. 3, che così recita al primo comma:
Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
Che la Costituzione parli di razze, a livello letterale, è indubbio. Ma come si interpretano (correttamente) le parole contenute nell’articolo 3?
La Costituzione parla sì di razze, che comunque non esistono, ma anche laddove esistessero, non potrebbero mai essere usate come parametro di discriminazione, proprio grazie all’espressa menzione dell’art. 3.
Ma c’è di più: se la nostra fonte del diritto per eccellenza usa un termine simile, non lo fa per caso o per sbaglio. Nel periodo storico in cui la Carta costituzionale fu redatta (1946-1948), uno degli intenti fondamentali dell’Assemblea Costituente era proprio quello di evitare nella maniera più assoluta che si ripetessero disastri inaccettabili come le leggi razziali fasciste. Inserire nell’art. 3 un esplicito divieto di discriminazione per razza, è dunque una grande garanzia di uguaglianza.
C’era già una proposta di eliminazione della parola “razza” dall’art. 3 Cost.
Fontana, nel tentativo di difendersi, scomoda niente poco di meno che la Costituzione della Repubblica italiana e ne propone un cambiamento. Un’idea geniale? No, semplice “scoperta dell’acqua calda”.
Già il 12 ottobre 2017 fu avviata una raccolta di firme per una legge di iniziativa popolare volta a cambiare l’art. 3. L’obiettivo chiaramente non è quello di approdare ad una legalizzazione delle discriminazioni. Il motivo sta nel fatto che scientificamente le razze non esistono, poiché gli esseri umani hanno il 99,9% del dna uguale. A farsi portavoce della proposta, che fu lanciata ufficialmente al Collegio Ghislieri di Pavia con il sostegno di Fondazione Umberto Veronesi e Merck, è il genetista e accademico dei Lincei Carlo Alberto Redi. In un’intervista a Repubblica, Redi ha spiegato:
Considerato che nel ’46 i nostri padri costituenti volevano difendere un principio di eguaglianza, e considerato che oggi la scienza indica con chiarezza che la parola “razza” non ha senso, proponiamo di toglierla dall’articolo 3 per evitare di legittimarla. Di “razze” umane non ha senso parlare, e che chi lo fa ha il solo scopo di discriminare i più deboli. Ecco perché il 12 ottobre abbiamo cominciato a raccogliere le firme per una legge di iniziativa popolare, e siamo felici di vedere che ci sostengono in tanti anche tra i giuristi.
Per poter presentare il disegno di legge costituzionale in Parlamento, sono necessarie 50000 firme.
“Razza” è un termine sbagliato, una “bufala“, usando le parole di Redi. Toglierlo dalla Costituzione significa adattare la Carta ai conclamati risultati della scienza, per evitare di arrivare, attraverso l’uso della suddetta parola, ad una legittimazione del razzismo. Nonostante le nobili ed inequivoche finalità antidiscriminatorie dell’art. 3, infatti, c’è il rischio che qualcuno lo strumentalizzi per differenziare razze umane, come ha fatto Fontana.
Rossella Micaletto