Oggi i partiti sono ostaggi dei ras, ovvero dei “mister preferenze”. La scarsa capacità di dare un’impronta politica unitaria e radicata sui territori, ha fatto emergere negli anni una serie di personalità locali che nella libertà di movimento e nell’assenza di un potere centrale hanno creato dei veri e propri imperi di preferenze, al punto che senza di loro è diventato pressoché impossibile vincere un’elezione locale.
Antonio Gava e quella previsione tanto attuale
Alla fine di un discorso tenuto al XVII Congresso della Democrazia Cristiana a Roma nel 1986, Antonio Gava sentenziò:
«Nelle carte e nei giochi democristiani vivrà e vincerà chi riuscirà […] a comporre la propria stagione e le proprie ragioni con la stagione e le ragioni primarie dell’unità democristiana, volta a costruire il miglior futuro del nostro Paese».
Non un politico -nemmeno uno scrittore- dei giorni nostri saprebbe esprimere con tanto acume e con altrettanta fermezza la linea che ogni militante dovrebbe seguire e perseguire: il partito e i suoi interessi vengono prima degli interessi personali.
Certo, parliamo di un’altra generazione politica, di un’era geologica fa. Di statura morale ce n’era ben poca, siamo pur sempre alle porte di tangentopoli, ma in quanto a statura politica quanto avrebbero da imparare da quella generazione i nostri leader e i nostri militanti, che vanno perdendosi in mille rivoli e in altrettante correnti, tanto che si contano più guerre intestine che agli avversari.
Si vede Salvini fare la corsa sulla Meloni, i 5S rosicchiare qualche zero percento al Pd, per non parlare delle scaramucce tra Calenda e Renzi. Il risultato è che va bene se l’affluenza alle urne sarà del 40%.
Ma c’è dell’altro…
La mancanza di unità dei partiti, e la conseguente perdita di radicamento locale, ha permesso che nei territori germogliassero dei veri e propri “mister preferenze”, alias “ras”, che fanno il bello e il cattivo tempo della politica regionale e comunale. Spostano voti come pedine, passano da questo a quel partito che intenda vincere le elezioni. Non importa se di sinistra o di destra, contano i voti e i voti si contano.
Totò Cuffaro e i suoi 140 mila
Primo tra i ras, c’è Totò Cuffaro, ex governatore siciliano: “Controllo 140 mila voti” ha ricordato prima di una spedizione in quel di Roma. Con le stimmate del condannato per mafia è andato a sedersi su quattro tavoli diversi: quello dei renziani, dell’Udc, della Lega e di Forza Italia. Nessuno di loro, almeno sinora, s’è preso quel “tesoretto” di preferenze, ma la carne è debole e, una volta trovati gli incastri giusti, Cuffaro si accaserà sotto uno di quei simboli, c’è solo da capire quale.
Edy Tamajo tra destra e sinistra
Sempre in Sicilia troviamo Edy Tamajo, assessore regionale di Schifani che negli ultimi 15 anni ha navigato tutto il mare politico da destra a sinistra. Se oggi Tajani è vicepremier ed aspira alle cariche più alte dell’Ue lo deve a lui. Alle ultime elezioni il ras siciliano ha conquistato il record di preferenze nell’isola, 21 mila solo a Palermo. Un solido capitale di voti che gli ha trasmesso il padre, Aristide, che da 25 anni siede nell’amministrazione comunale e che ha insegnato al figlio il mestiere della politica.
Cateno De Luca e la corsa alle europee
Cateno De Luca, il masaniello messinese, da solo vale almeno l’1% e ora guarda in alto: “Un milione di voti e andiamo a Bruxelles“. Il ras è alla guida di un esercito di 18 liste, un’accozzaglia che la metà bastava, c’è dentro di tutto: autonomisti, No Vax, ipercattolici, pensionati, leghisti delusi. L’ex ministro del Carroccio Roberto Castelli lo sostiene: “Al 4% ci arriva più facilmente lui che Bonino o Calenda“.
Lello, figlio d’arte…
Salendo in Campania troviamo Raffaele, “Lello”, Topo: sindaco di Villaricca per dieci anni, consigliere regionale della Campania, deputato. Ma la sua miglior credenziale è un’altra: è un democristiano di antica fede, figlio di tal Ciccio che fu autista personale nientemeno che di Antonio Gava. Quando si dice che i padri fanno da guida… Attualmente “Lello” è senza carica: “L’altra volta ho fatto eleggere Speranza, ora tocca a me“, sussurra, nemmeno tanto a voce bassa.
La lady di ferro del beneventano
In Campania non può mancare lady Mastella, la lady preferenze del beneventano. Sandra Lonardo, moglie di Clemente Mastella, correrà con Renzi alle europee, malgrado tre anni fa il leader di Italia Viva l’attaccò duramente, colpevole di cercare voti per il Conte-ter, facendole perdere la pazienza: “Io sarò una lady ma lui non è né un sir né un gentleman“.
Il cavaliere del Molise
E arriviamo al Molise di Aldo Patriciello, il ras di Venafro, il “Berlusconi molisano”, un democristiano a capo di un impero imprenditoriale di cliniche, passato dall’Udc a Forza Italia e capace di prendere nel 2019 il triplo dei voti del cavaliere in Molise. Salvini non se lo è fatto sfuggire e due mesi fa lo ha scippato a Tajani.