Storia di rappresentazioni e di stereotipi, di come il cinema e i prodotti televisivi costruiscano un’immagine di disabilità piatta, senza sfumature e senza altre caratteristiche che non siano, appunto, la disabilità.
“Voglio andare a Parigi ed essere me, il vecchio me” dice Will Traynor, in una scena del film “Io prima di te”. Ognuno dovrebbe essere libero di vivere la propria vita come meglio crede, ma questo film propone il classico stereotipo del disabile ricco, depresso dal drastico cambiamento della sua vita, che decide di ricorrere al suicidio assistito. Ma basta allargare un po’ lo sguardo per capire che non sempre la rappresentazione cinematografica della disabilità è così banale.
Anche in “Quasi amici”, per esempio, troviamo un personaggio economicamente benestante rimasto tetraplegico a causa di un incidente. Lui però è fermamente deciso a godersi la propria vita, anche se in modo diverso da come faceva in precedenza.
Tra finzione e realtà
Certo, la vita delle persone disabili può essere molto dura. Questo però non significa che con il giusto supporto, non possano essere felici e realizzarsi professionalmente, anche se con meno disponibilità economica.
Come dimostra la ficton RAI “Il figlio della luna”. Qui viene raccontata la vera storia del fisico nucleare Fulvio Frisone, affetto da tetraparesi spastica distonica e delle lotte portate avanti dalla sua famiglia per rendere la società più inclusiva, tra le altre
In una scena del film, la madre si scaglia contro la legge che richiede lo stato di sana e robusta costituzione per poter lavorare.
Mio figlio deve lavorare con la testa, a che cavolo serve il certificato di sana e robusta costituzione?
Quanti registi scelgono effettivamente attori disabili?
Una critica che viene spesso mossa alle pellicole a tema disabilità è quella di non assumere quasi mai attori disabili. Quasi, appunto, perché in Australia nel 1998 è uscito il film “Balla la mia canzone”, la cui attrice protagonista, Heather Rose, aveva una grave paralisi celebrale.
Questo film è inoltre particolarmente realistico perché porta alla luce tutte le problematiche legate alla vita indipendente e ai maltrattamenti perpetrati da assistenti frustrati che farebbero meglio a cambiare lavoro. Si tratta di problematiche transnazionali che rendono difficile, per il disabile, lasciare la casa dei genitori e costruirsi la propria vita.
Come suggerito da Elena Paolini, fondatrice, insieme alla sorella Maria Chiara, del blog “Witty Wheels” nel suo articolo, i disabili saranno anche disabili, ma sono soprattutto persone con mille altre caratteristiche. Per rendere la rappresentazione cinematografica della disabilità totalmente realistica quindi, gli sceneggiatori dovrebbero dotare i personaggi con handicap di una maggiore profondità psicologica.
Silvia Luisa