Un anno fa, su questo giornale, si esordiva con: la situazione è agghiacciante. A distanza di un anno siamo di nuovo a fare il punto sul sistema ferroviario italiano. Sarà cambiato qualcosa? Ecco cosa ci dice il Rapporto Pendolaria 2024 pubblicato da Legambiente.
Pendolaria 2024: la situazione
Si fa fatica a trovare le giuste parole per descrivere un quadro così desolante. In un anno non è cambiato pressoché nulla: ritardi, guasti, inadeguatezza infrastrutturale, anzianità della flotta ferroviaria, chiusura di numerosi tratti, alte percentuali di non elettrificazione della rete, ore spese a viaggiare per tratte brevi… Non è cambiato niente.
Secondo il Rapporto Pendolaria 2024, ogni giorno 2milioni e 400mila persone si spostano attraverso le linee ferroviarie regionali e metropolitane. E più del 75% si muove nel raggio di 10 km. Gli spostamenti all’interno delle aree urbane sono oltre i due terzi e quelli brevi (massimo 15 minuti) sono oltre il 50%, a cui si aggiunge un altro 30% nella fascia 15-30 minuti.
A fronte di questi dati, la situazione è drammatica e, soprattutto, totalmente dimenticata dalla politica.
Iniziamo dalle polemiche
Il PNRR prevedeva notevoli investimenti per il trasporto ferroviario. Ebbene, ci dice il rapporto Pendolaria 2024, il piano di finanziamento è stato rimodulato. Al ribasso, s’intende.
- I 620 milioni di euro per velocizzare la linea Roma – Pescara? Bloccati dalle lungaggini dell’iter amministrativo.
- L’intervento sul segnalamento ferroviario del sistema di sicurezza per le ferrovie di ultima generazione (Ertms)? Saltato per la mancanza di materie prime.
- L’avvio della linea Palermo – Catania da completare entro il 2026? Rimandata a data da destinarsi.
- I 150 treni a idrogeno in acquisto? Decisamente troppi. Saranno (nella migliore delle ipotesi) solo 50.
In totale di tratta di 840 milioni di euro di tagli su un sistema ferroviario che, come denuncia Pendolaria 2024, avrebbe bisogno di enormi investimenti.
“I tagli non cambiano quello che era un quadro comunque già desolante della logica di finanziamento del sistema ferroviario italiano, troppo incentrato su tratte AV/AC a discapito delle vere connessioni regionali. Peraltro, questi tagli si inseriscono nella spirale di definanziamento completo delle infrastrutture di mobilità sostenibile legge di bilancio del 2024. Il governo ha tante volte ribadito che le opere escluse dal PNRR sarebbero state comunque finanziate, ma è lecito chiedersi con quali soldi”.
Per la prima volta dal 2017, infatti, la legge di bilancio non prevede neanche un centesimo per il “trasporto rapido di massa”, ossia per metro, tramvie e filovie. E, men che meno, per ciclabilità e mobilità dolce. Insomma, sembra di vedere alcune contraddizioni: da un lato l’Italia si è impegnata a rispettare le tappe previste dal Green Deal europeo anche in fatto di mobilità. Dall’altro sembra che faccia di tutto per disincentivare la mobilità sostenibile in favore del trasporto su gomma e, soprattutto, privato.
Ma la vera domanda che pone il rapporto Pendolaria 2024 è: dove sono finiti tutti i soldi che sono stati tagliati? La risposta che offre è netta:
“C’è un’infrastruttura che è stata finanziata per 11,7 miliardi di euro complessivi, con uno stanziamento di 780,1 milioni per il 2024, 1,035 miliardi per il 2025 e 1,3 miliardi per il 2026. Questa dotazione sembra casualmente coincidere con la dotazione precedentemente programmata per il finanziamento annuale del Fondo nazionale per il Trasporto Rapido di Massa e va a finanziare un’opera scellerata: il Ponte di Messina”.
Oltre al danno, la beffa
Notizia di poco tempo fa: sono stati stanziati i fondi per realizzare il tanto discusso Ponte sullo Stretto. In questo modo, secondo il Ministero dei trasporti, si risolveranno tutti i problemi di mobilità del Mezzogiorno. Ora, nella speranza che questo desiderio si avveri, è evidente che non è sufficiente un ponte tra Messina e Reggio Calabria per ridurre (ad esempio) le 13 ore di percorrenza tra Trapani e Ragusa.
Secondo Pendolaria 2024, quello di cui ha davvero bisogno l’Italia intera e, in special modo, il Sud, sono linee ferroviarie regionali nuove e funzionanti che non si interrompano a metà per guasti ai convogli o interruzioni della linea. E per farlo è necessario investire.
Bello il ponte sullo stretto, sia chiaro. Ma se poi per arrivare a Reggio Calabria da Bari c’è bisogno di triangolare su Napoli e poi prendere la litoranea che funziona a singhiozzo, allora il Ponte rimarrà una magnifica opera architettonica senza eguali nel mondo, un bellissimo monumento da guardare sui libri di viaggio: quelli che illustrano posti esotici e ai limiti della fantasia.
Quello che denuncia Pendolaria 2024 è chiaro:
“Quest’opera accentra da decenni attenzioni e fondi mentre rimangono incompiuti tantissimi interventi e opere pubbliche da realizzare nel settore dei trasporti, meno visibili mediaticamente, ma molto più utili alla collettività e all’economia del nostro Paese, a partire dai territori direttamente interessati”.
Perché secondo Legambiente e Pendolaria 2024 il Ponte sullo Stretto non s’ha da fare?
Secondo Legambiente e Pendolaria 2024, sono almeno 5 i motivi per cui il Ponte sullo Stretto non dovrebbe essere realizzato:
- La campata del ponte sarebbe la più lunga del mondo e situata in un’area ad elevata attività geologica e sismica.
- Non serve ai pendolari tra i due lati dello stretto: il ponte, infatti, allontana il baricentro delle aree metropolitane delle due città interessate di fatto allungando il tragitto da percorrere quotidianamente.
- Non collegherebbe rapidamente la Sicilia a Roma e alle città del Nord: il tempo di percorrenza Roma Palermo sarà di 7 ore e la linea ferroviaria Salerno – Reggio Calabria non verrà completata prima del 2030.
- Non è sostenibile dal punto di vista ambientale poiché andrebbe a intaccare numerosissime zone speciali ricchissime di biodiversità.
- Non è economicamente sostenibile.
Non solo brutte notizie
Ma tornando al rapporto Pendolaria 2024, non ci sono solo brutte notizie (per una panoramica più approfondita si rimanda all’articolo pubblicato da questo giornale lo scorso anno). Ecco alcune note positive per riscaldare il cuore dopo la doccia gelata:
- La linea Bari – Bitritto (iniziata nel 1989) è stata inaugurata. Ci sono voluti solo 35 anni ma, come si dice in questi casi, meglio tardi che mai.
- Continua il trend di ripresa del numero dei viaggiatori quotidiani.
- Continua il piano di elettrificazione delle ferrovie e si prevede che saranno attivati circa 1.200 km di linea ferroviaria entro il 2026.
- In Piemonte sono state riaperte (dopo ben 12 anni di sospensione) le linee Casale – Mortara e Asti – Alba.
- In Basilicata, in meno di un anno, è stata inaugurata una nuova stazione ed è stato incrementato il numero di convogli in circolazione. Inoltre, sono stati stanziati nuovi investimenti per efficientare l’intera infrastruttura ferroviaria regionale.
- La Provincia di Bolzano ha messo a punto un sistema di abbonamento integrato per tutti i mezzi di trasporto pubblico: un’unica carta elettronica di validità annuale con un tetto massimo di 640 euro per poter utilizzare tutti i trasporti pubblici.
Insomma, stando a Pendolaria 2024 le cose possono migliorare, basta impegnarsi concretamente e focalizzarsi su ciò che davvero è necessario.
“Bisogna invertire la rotta e puntare su importanti investimenti per il nostro Paese, a partire dal Mezzogiorno, finanziando le prioritarie infrastrutture che sono nuove linee ferroviarie a doppio binario ed elettrificate, treni moderni, veloci, interconnessioni tra i vari mezzi di trasporto e con la mobilità dolce, garantendo accessibilità e uno spostamento dignitoso e civile. Oggi la vera sfida da realizzare al 2030 è quella di un cambiamento profondo della mobilità nella direzione della decarbonizzazione e del recupero di ritardi e disuguaglianze territoriali”.
Stefano Cifani, Presidente di Legambiente riguardo a Pendolaria 2024.