Rapporto IPU sulle donne in Parlamento: bene ma non benissimo

donne in Parlamento

Il rapporto dell’IPU (Unione Inter-Parlamentare) sulla presenza delle donne in Parlamento nel 2022 è riassumibile in questa breve e memetica forma: bene ma non benissimo.

Il rapporto si basa sui dati delle elezioni dei 47 Paesi del mondo che sono andati al voto nel 2022 e, in generale, si può dire che c’è stato un incremento medio del 2,7% della presenza delle donne in Parlamento rispetto all’ultima tornata elettorale.

La presenza delle donne in Parlamento: dati, tendenze…

In totale, ad oggi, considerando la presenza femminile nei parlamenti di ogni Paese democratico del mondo, la percentuale si attesta al 26,5%: un timido +0,4% rispetto al 2021. È stato il più lento incremento degli ultimi 6 anni, complici guerre, crisi, regressioni conservatrici (si pensi all’Iran). Se si procede a questa “velocità” la parità tra uomini e donne verrà raggiunta tra almeno 80 anni. La crescita è troppo lenta, legata ancora a un’ideologia maschilista e patriarcale.

In generale, però, dopo gli anni di stop forzato dovuto alla pandemia da Covid, anche i parlamenti sono diventati più smart e si sono modernizzati diventando più sensibili alle questioni di genere. Inoltre si sta ampliando la platea di rappresentanza anche a gruppi che fino a poco tempo fa non erano nemmeno considerati dalla politica.

… “tradizioni” …

Se pensiamo alle democrazie ottocentesche abbiamo un esempio lampante di ciò di cui la politica per lungo tempo si è occupata: uomini borghesi. Dalla politica sono sempre stati esclusi contadini, operai, emarginati, omosessuali, donne, disabili, minoranze etniche, minoranze religiose… Tutto ciò che fuoriusciva dai canoni dell’etichetta “uomo bianco, borghese, eterosessuale” era automaticamente escluso dalla politica e dagli organi decisionali.

… e scetticismo

E quando una donna va a ricoprire una carica che da sempre è stata ricoperta da un uomo il primo pensiero non è inerente alle sue idee politiche, alle sue proposte di legge o ad altro legato al ruolo che è chiamata a svolgere ma è, purtroppo, ancora un pensiero del tipo “Ma come si veste? Chi è che l’ha truccata così? Ma chi è il suo parrucchiere? Ma sarà in grado? Sarà sposata? E come farà a gestire la famiglia e i suoi doveri?”.  C’è enorme scetticismo nel vedere una donna ricoprire ruoli istituzionali, come se, proprio in quanto donna, non fosse all’altezza. Come se una donna sia necessariamente meno competente di un uomo.

Che poi… quando un uomo non è all’altezza non importa, tanto “ormai tutta la politica è fatta di incompetenti”. Ma se una donna compie un errore sono tutti pronti a denigrarla non perché membro dell’incompetente classe dirigente ma perché donna. E così i commenti sessisti di vecchi uomini politici sono all’ordine del giorno. Commenti squallidi ma accettati. E se una donna osa lamentarsi: “eh ma fate sempre le vittime”.

Sono tutti stereotipi, retaggio di “tradizioni” secolari che hanno tramandato di padre in figlio l’idea secondo la quale una donna deve stare a cuccia. Deve fare la mamma, la donna di servizio, la maestra, la segretaria. Punto. Alle donne non spetta avere un pensiero politico. Alle donne non spetta prendere decisioni importanti. Alle donne non spetta guidare una famiglia, figuriamoci uno Stato.

La situazione oggi

Oggi però, la situazione sta cambiando, seppur lentamente (troppo lentamente).

La rappresentanza femminile in Parlamento – afferma il rapporto dell’IPU – non è mai stata così alta, diversificata e rappresentativa. E questo è certamente una nota positiva. Ma la strada per raggiungere la parità è ancora molto lontana.

Basti pensare che l’unico Paese in cui c’è parità tra uomini e donne in politica è l’Australia dove in Senato le donne sono il 56,6%. Per il resto solo altri 6 Paesi hanno una percentuale di donne tra il 40 e il 50%.

Donne, ambiente e diritti

Eppure, dove le donne governano, i risultati non sono così malvagi. Ad esempio, pare ci sia una stretta correlazione tra governi a trazione femminile e l’attenzione alle politiche green. Secondo l’IPU, mediamente le donne adottano politiche più forti in temi ambientali. Per fare un paio di esempi:

Però, nonostante questi barlumi di speranza:

Le donne continuano a essere sottorappresentate in spazi importanti legati alle questioni ambientali. L’OCSE ha rilevato che, nelle regioni che probabilmente subiranno i maggiori danni dai cambiamenti climatici e dove le donne sono più vulnerabili ai rischi ambientali, le donne hanno meno probabilità di ricoprire posizioni decisionali di primo piano sulle questioni ambientali. Ad esempio, alla COP27 le donne rappresentavano meno del 34% dei team di negoziazione nazionali e solo 7 dei 110 capi di Stato presenti.

Nel 2022, le campagne elettorali dei 47 Paesi che sono andati al voto hanno visto come centrali le questioni di genere. E non è un caso che abbiano portato con loro un vento di novità: mai come adesso c’è una amplissima rappresentanza. Donne di colore, donne di minoranze etniche e religiose, e poi donne e uomini rappresentanti della comunità LGBTQI+ (lesbiche, omosessuali, bisessuali, transessuali, queer, intersex).

Era ora. Il mondo è bello perché è vario, ma la varietà deve essere rappresentata. La politica fatta da uomini bianchi, borghesi, eterosessuali per i soli uomini bianchi, borghesi, eterosessuali non è più accettabile. Se sei nero, donna, omosessuale, disabile o appartenente a minoranze di qualsiasi tipo, semplicemente devi essere politicamente rappresentato.

Un esempio per tutti: il Brasile

Con le caotiche elezioni del 2022 che hanno visto la vittoria di Lula, candidato di sinistra particolarmente attento alle questioni ambientali, sono state elette Sônia Guajajara e Célia Xakriabá. Entrambe militano per il Partito socialismo e libertà (Psol) di sinistra radicale. Entrambe sono donne. Entrambe sono indigene. Entrambe sono attiviste per la salvaguardia dell’Amazzonia. Donne, sinistra, ambiente.

Le “quote rosa”

Per la presenza delle donne in parlamento è risultata decisiva l’adozione di “quote rosa”: laddove esistono leggi che sanciscono l’obbligo di una percentuale minima di presenza femminile in Parlamento si hanno i risultati migliori. Mediamente il 30,9% contro il 21,2% negli Stati che non hanno leggi in merito.

Violenze e discriminazioni

Ma la parità è ancora lontanissima: violenze fisiche e psicologiche, molestie, insulti sessisti, discriminazioni, discorsi misogini, intimidazioni, abusi, minacce. Sono tutte tattiche affinate dagli uomini nel corso dei secoli per dominare e silenziare le donne e sono all’ordine del giorno. È anche per questo che spesso le donne rinunciano alla carriera politica: è un ambiente tossico, dice l’IPU, dove le donne sono costantemente vessate.

Basti pensare che in Giappone la bassa rappresentanza femminile sarebbe essenzialmente dovuta alle troppe molestie sessuali subite dalle politiche.

O che Nancy Pelosi, speaker della camera statunitense è stata aggredita da un gruppo di uomini armati che hanno fatto irruzione in casa sua. Probabilmente nessuno si sarebbe permesso di fare altrettanto se fosse stato un uomo.

O che in Francia sia stato necessario istituire un osservatorio di attiviste che monitori la situazione negli organi istituzionali.

La situazione nel mondo

Nonostante ciò, però, è da osservare che le istituzioni europee sono a trazione femminile. Infatti, il Parlamento europeo, la Commissione europea e la Banca centrale europea sono guidate da 3 donne: Roberta Metsola, Ursula Von der Leyen e Christine Lagarde. E questo non è poco. Il Vecchio Continente, forse, può essere l’esempio da seguire: le donne sono in grado di governare.

La situazione in Italia

L’Italia vede una presenza femminile al 32,3% alla Camera e al 34,5% in Senato. Il dato, purtroppo, è in calo rispetto alle elezioni del 2018 ma in linea con l’andamento europeo. Il fatto eclatante, però, è che per la prima volta abbiamo un primo ministro donna: Giorgia Meloni (Fratelli d’Italia, partito indiscutibilmente di destra, giovane) passerà alla storia come la prima donna ad essere stata eletta Presidente del Consiglio. E il fatto ancora più eclatante è che all’opposizione è appena arrivata un’altra donna: Elly Schlein (nuova Segretaria del Partito Democratico, anche lei giovane) passerà alla storia come la prima Segretaria Dem. Incredibile, ma vero.

Conclude l’IPU: la strada per la parità è ancora lunga ma la direzione è quella giusta. Democrazia, donne e diritti devono essere al centro dell’attenzione. I progressi sono in corso ma non è ancora abbastanza. Bisogna fare di più e bisogna farlo in fretta.

Arianna Ferioli

Exit mobile version