Rapporto INAIL 2022: una panoramica delle morti sul lavoro

rapporto INAIL

Come tutti gli anni, al termine dei 12 mesi, il rapporto INAIL rende pubblici i numeri riguardanti morti, infortuni e malattie sul lavoro.

Una panoramica generale del rapporto INAIL

I dati resi noti dall’ente nazionale devono essere analizzati e studiati con cautela. Da una parte i dati si riferiscono solo ai primi 10 mesi del 2022 (da gennaio ad ottobre). Dall’altra vanno considerati i tempi di trattazione delle pratiche, è quindi necessario attendere l’anno nuovo per avere numeri definitivi. È necessario tenere inoltre in considerazione, come suggerisce Bruno Giordano – direttore dell’Ispettorato nazionale del lavoro fino al 16 dicembre 2022 – altre denunce. Infatti, i dati che compaiono nel rapporto INAIL fanno riferimento solo alle denunce arrivate all’Istituto, andando perciò ad escludere i numeri riguardanti i Vigili del Fuoco, le forze armate e dell’ordine, ambiti non coperti dall’Istituto.

Complessivamente, le denunce per infortuni sul lavoro sono state 595.569: il 32,9% in più rispetto al 2021. Per quanto riguarda le morti il numero arriva a 909, in diminuzione del 10,6% dallo scorso anno. In ultima analisi, le patologie di origine professionale sono aumentate del 10,2%, per un totale di 50.013.

È bene tenere a mente, però, che i dati del 2021 sono stati influenzati fortemente dall’epidemia di Covid-19, che ha inciso significativamente sulle statistiche. A titolo di esempio, gli infortunati del 2021 sono stati l’1,4% in meno rispetto al 2020, nello stesso periodo considerato.

Le morti sul lavoro

Nonostante il calo rispetto all’anno precedente, sono quasi 1.000 i casi di infortunio sul lavoro: si è visto un decremento nei primi quattro mesi (-32,5%), ma un incremento nei mesi tra maggio ed ottobre (+11,7%). Su queste cifre incide sicuramente un allentamento delle restrizioni causate dalla pandemia. I settori in cui si registra una tendenza negativa più significativa sono quelli di industria e servizi (772 denunce), Conto Stato (32) e agricoltura (105).

Focus su alcune regioni: la Campania

Secondo il rapporto INAIL, le regioni in cui si è registrato un maggior decremento delle morti sul lavoro sono Campania, Abruzzo, Puglia, Lazio ed Emilia-Romagna. È però la Campania, con -29 casi mortali rispetto al 2021, la regione con il “risultato” migliore. Le denunce di infortunio con esito mortale sono state in totale 85 (contro le 118 del 2021), di queste, 55 sono occorse in occasione del lavoro senza mezzo di trasporto. Per quanto riguarda il settore più interessato (la maggior parte ha morti pari a 0 fortunatamente), spicca quello delle costruzioni con 13 morti. La provincia più “colpita” è Napoli (37 contro 47 del 2021), come l’anno precedente. Per quanto riguarda il genere, c’è una netta maggioranza di uomini (73 contro 113) rispetto alle donne (12 contro 5).

Focus su alcune regioni: la Calabria

Al polo opposto, la regione che registra un maggior incremento delle morti sul lavoro, troviamo la Calabria. Il settore più colpito è in questo caso quello del trasporto e magazzinaggio (5 contro 1 del 2021), per un totale complessivo di 16 morti. La provincia con più denunce è stata Cosenza (16 contro 7). Mentre per quanto riguarda l’indicatore di genere abbiamo 25 lavoratori (contro 17) e 5 lavoratrici (contro 5). Come nella maggior parte delle regioni, la fascia d’età che registra più decessi è quella tra i 55 e 59 anni, con 8 casi, raddoppiati rispetto allo scorso anno.

Tra tanti numeri, un nome: Lorenzo Parelli

Aveva 18 anni e abitava a Castions di Strada (Udine), ma il 21 gennaio non è rientrato dall’ultimo giorno di tirocinio. Al quarto anno di un istituto professionale di Udine, Lorenzo ha perso la vita mentre lavorava presso la Burimec di Lauzacco di Pavia (Udine). È stato colpito a morte da una trave d’acciaio – una putrella – e per lui tutti i tentativi di soccorso sono stati inutili.

Lorenzo rientra nel (tragico) rapporto INAIL per la regione del Friuli-Venezia Giulia, ma purtroppo non è il solo. Con lui Giuliano De Seta, 18 anni, ha perso la vita durante uno stage a Noventa del Piave (Venezia), il 16 settembre. E Giuseppe Lenoci, un ragazzo di 16 anni, ha avuto un incidente mortale durante le ore di tirocinio, lo scorso 16 febbraio.

Queste morti colpiscono per due motivi in particolare. In primis, le condizioni di sicurezza in cui versano i luoghi di lavoro, in particolare quelli legati alle attività manifatturiere, alle costruzioni e al magazzinaggio. In secondo luogo, queste perdite gettano luce sulla normativa “Buona Scuola”, introdotta dal governo Renzi il 15 aprile 2015, che dice:

Al fine di incrementare le opportunità di lavoro e le capacità di orientamento degli studenti, i percorsi di alternanza scuola-lavoro di cui al decreto legislativo 15 aprile 2005, n. 77, sono attuati, negli istituti tecnici e professionali, per una durata complessiva, nel secondo biennio e nell’ultimo anno del percorso di studi, di almeno 400 ore e, nei licei, per una durata complessiva di almeno 200 ore nel triennio. Le disposizioni del primo periodo si applicano a partire dalle classi terze attivate nell’anno scolastico successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore della presente legge. I percorsi di alternanza sono inseriti nei piani triennali dell’offerta formativa.

La reazione studentesca

Contro questa misura, criticata fin dalla sua nascita, sono scoppiate le proteste in occasione della morte di Lorenzo Parelli, in particolare nella città di Torino. Manifestazioni composte per la maggiore da studenti, in opposizione ad un sistema scolastico che – alla luce dei fatti – considera le morti sul lavoro come incidenti e non come un problema sistemico. Il 18 febbraio centinaia di studenti e studentesse si sono riuniti in piazza Arbarello, per quello che doveva essere un sit-in. In seguito ad un tentativo di spostamento, i e le partecipanti hanno “invaso” i cordoni delle forze dell’ordine. Queste ultime si sono mosse con una carica contro i e le manifestanti, provocando una decina di feriti.

Oltre ad uno scontro di forze palesemente iniquo a favore dei militari che ha avuto luogo durante la protesta, la questione – per alcuni studenti e studentesse – ha trovato un epilogo solo pochi giorni fa. Per alcuni di loro, infatti, la pena per essere insorti contro una morte evitabile è stato in primis l’arresto, seguito dalla convalida ai domiciliari. Emiliano, Jacopo, Sara e Francesco il 27 dicembre hanno finito di scontare la loro pena: 7 mesi agli arresti domiciliari a partire dall’11 maggio.

Quali conclusioni?

Certamente il rapporto INAIL è elemento importante per valutare il miglioramento – o il peggioramento – degli incidenti sul lavoro. Vedere però tabelle spesso non suscita quell’indignazione, lecita e propositiva di norme e decreti, che serve a smuovere la struttura dal basso. Non è possibile accettare un compromesso quando si tratta di sicurezza. Non è possibile leggere queste cifre al termine di ogni anno.

Per riportare le parole della Rete studenti mobilitatosi a febbraio:

“Questa non è scuola, non è lavoro. Vogliamo sicurezza e diritti, stop Pcto e stage che insegnano la precarietà”.

Alice Migliavacca

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