Mentre in Italia non si sa ancora se e quando avremo un nuovo governo e che posizioni assumerà l’eventuale futuro presidente del Consiglio in merito a temi quali l’omosessualità, le coppie di fatto, l’immigrazione e la lotta al terrorismo; all’estero le cose non sembrano andare molto meglio.La settimana scorsa la Slovacchia è stata scossa dalla morte del giovane reporter Jan Kuciak e della sua compagna Martina Kusnirova, uccisi a causa delle di lui investigazioni su presunte frodi fiscali ai danni di fondi europei, in cui sarebbe implicata anche la ‘ndrangheta. Il governo del premier Robert Fico ha risentito la gravità di quest’evento e tre persone si sono dimesse. Si è trattato di un grave attacco alla libertà di espressione e al diritto d’informazione. Ma sembra che anche nella penisola iberica ci siano delle repressioni in questo senso: due rapper spagnoli sono stati condannati per “istigazione al terrorismo”.
Rapper spagnoli finiscono in carcere
I due rapper spagnoli di cui stiamo parlando sono Pablo Hasél e José Migueul Arenas, due giovani ragazzi condannati negli scorsi giorni a causa dei testi delle loro canzoni. Pablo Hasél è di origine catalana e vine da Lerida, ha ricevuto una condanna a due anni e un giorno e dovrà pagare una multa di 24.300 euro per “esaltazione del terrorismo”, “insulti alla monarchia”, e “calunnie e ingiurie contro istituzioni dello Stato”. Invece José Miguel Arenas, meglio noto come Valtònyc, è originario dell’isola di Maiorca, nelle Baleari, e anche lui è stato condannato con le stesse accuse di Hasél a tre anni e mezzo di carcere. Ma non è la prima volta che finisce in guai giudiziari: già lo scorso anno, a febbraio del 2017, l’Audiencia Nacional l’aveva condannato; ma lui aveva presentato ricorso al Tribunale supremo, ma purtroppo la sentenza è stata confermata ed ora gli toccherà andare in carcere.
Entrambi i rapper spagnoli fanno appello alla libertà d’espressione, ma i giudici che hanno proclamato le sentenze dichiarano che:
“i loro testi non sono irrilevanti, non realizzano una critica politica al capo dello Stato, ma ingiuriano e calunniano, e minacciano di morte il re o membri della famiglia reale”.
Bisogna tener presente chei tre giudici che hanno confermato la condanna di Valtónyc vengono ritenuti vicini al partito popolare di Mariano Rajoy al governo. Dall’opposizione si sono levate pesanti critiche per quanto avvenuto ai due ragazzi: il leader di Podemos, Pablo Iglesias, ha preso posizione contro le condanne e diversi militanti di Esquerra Republicana, il partito nazionalista catalano, si sono recati davanti al tribunale per protestare a sostegno di Hasél.
I testi di Hasél
Hasél sostiene di essere comunsita e già nel 2014 aveva ricevuto una condanna a causa di testi delle sue canzoni. Stavolta però non è rimasto zitto e ha dichiarato sul suo profilo Twitter:
“Mi hanno condannato a due anni e a un altro di pena-multa, ossia tre. Che vanno a sommarsi con gli altri due che ho già per canzoni contro il regime. Trascorrerò cinque anni in carcere per un delitto d’opinione ma non mi piegherò mai. Mai, fascisti di merda“.
In particolare, un suo brano (il più conosciuto) è intitolato “Juan Carlos, il bobo”, il cui video si apre con una vecchia intervista all’ex re, oggi emerito: durante quell’intervista Juan Carlos dichiarava che l’ex dittatore Francisco Franco è “un esempio vivente per il suo impegno patriottico al servizio della Spagna“. Inoltre, sempre in quella canzone, Pablo Hasél condannava i legami della monarchia spagnola con quella saudita e apostrofava l’ex sovrano con parole come “capo mafioso” e “parassita”, accusandolo di aver ucciso il fratello.
Le motivazioni della condanna
Il procuratore Campos Navas sostiene che queste parole sono “impertinenti sotto ogni punto di vista e non necessarie“, inoltre sono offensive verso “la dignità del Re emerito, minando la sua fama o attaccandone la stima“, per questo sono ritenute un crimine.
Come se ciò non bastasse, anche il suo profilo Twitter (con 54mila follower) è finito sotto esame, in particolare ben 64 tweet; perché in essi “sono descritte azioni violente che incoraggiano ad adottare posizioni al di là della semplice protesta pacifica“.
La Prima Sezione Penale ritiene le canzoni di Hasel come “un’azione comune, diretta contro l’Autorità statale nelle sue molteplici forme, denigrandole e offendendole a livello personale e collettivo, che alludono alla necessità di spingersi oltre in comportamenti violenti, anche con l’uso del terrorismo“.
Ad occuparsi del processo sono i giudici Concepción Espejel e Nicolás Poveda. Sulla vicenda, hanno dichiarato:
“Non si tratta di esprimere una rivendicazione politica per un’altra forma di Stato, come potrebbe essere quella repubblicana”. [Ma sono palesi] “insulto e calunnia, dal momento che sono dedicati solo a insultare e denigrare la monarchia e i suoi membri, con chiara volontà che chiunque legga i tweet prenda una posizione contro di loro, anche violentemente”.
Da parte sua, Pablo Hasél, nel corso delle udienze aveva replicato così:
“Vediamo se sono colpevole io del fatto che il Re chieda denaro pubblico per andarsene a caccia o per pagare il silenzio delle sue amanti, come Barbara King. Se viene chiesta la prigione per tutti media che ha parlato di questa storia, non ci sarebbero carceri“.
La magistrata Manuela Fernández de Prado aveva richiesto l’assoluzione del rapper, invocando la libertà di espressione. La condanna di Hasél sarà definitiva solo dopo che il Tribunale Supremo si pronuncerà in merito.
Le posizioni della politica verso i due rapper spagnoli
Ma i partiti di opposizione e la magistratura non ci stanno e non accettano che i due rapper spagnoli vengano criminalizzati in questo modo. A favore dei due cantanti si schiera anche il giudice Ignacio González Vera, portavoce di “Giudici per la democrazia”, il quale afferma che il reato di “istigazione al terrorismo” va riformato e limitato solo “all’istigazione diretta della violenza”. Anche il portavoce dell’associazione dei magistrati progressisti ha dichiarato che punire l’istigazione al terrorismo con il carcere sia esagerato, “sarebbe sufficiente una pena pecuniaria”. Per questo ha avanzato la proposta di depenalizzare le ingiurie alla monarchia come sostiene anche il tribunale europeo dei Diritti umani. Anche i socialisti del Psoe criticano le sentenze, facendo notare come la Spagna stia vivendo un’epoca “di retrocesso delle libertà” a causa della “legge bavaglio” approvata nella legislatura precedente dal partito popolare di Rajoy. Tale “legge bavaglio” prevede un inasprimento delle pene e limita la “libertà d’espressione”.
Invece, le associazioni vicine alla destra sono soddisfatte delle condanne e precisano che “la libertà di espressione non è un diritto assoluto e illimitato“. Così come Ciudadanos, il partito di Albert Rivera e Inés Arrimadas, sostiene l’interpretazione del reato di “istigazione al terrorismo”. “È uno strumento penale per la lotta al terrorismo“.
Insomma, la censura non colpisce solo i giornalisti e le loro inchieste sconode, ma anche i cantanti e i loro brani irriverenti nei confronti dell’establishment.
Carmen Morello