Raid nel giornale del Kansas: è “guerra al giornalismo”?

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Il raid della polizia in una piccola redazione del  Kansas sta sollevando questioni sul rispetto della libertà di stampa in USA e sul ruolo delle forze dell’ordine.
E c’è chi parla di “guerra al giornalismo”

L’11 agosto scorso, le forze di polizia del piccolo comune di Marion, in Kansas, hanno fatto irruzione nella redazione del giornale locale, il Marion County Record. La squadra, composta da cinque agenti e due deputati dello sceriffo, ha sequestrato computer, cellulari e altro materiale. Inoltre, ha perquisito le case degli editori e dei giornalisti.
Il raid, secondo l’editore e proprietario del giornale, Eric Meyer, sarebbe legato a una pubblicazione riguardante un’imprenditrice locale.

Nel frattempo, la notizia ha fatto il giro del mondo sollevando dubbi e polemiche sulla libertà di stampa negli Stati Uniti e sul ruolo delle forze dell’ordine.

Per un giornale, essere intimidito da una perquisizione e un sequestro senza preavviso è impensabile in un’America che rispetta i diritti del Primo Emendamento

Così ha dichiarato il Presidente della National Newspaper Association, John Galer.

Raid nel giornale del Kansas: cosa è successo

La mattina dell’11 agosto, il giudice della contea, Laura Viar, ha firmato un mandato di perquisizione per la redazione del Marion County Record.
Secondo il mandato, il giornale avrebbe utilizzato computer e dispositivi per compiere “atti illegali” e furto d’identità ai danni di un’imprenditrice e ristoratrice locale, Kari Newell.
Perciò, tutti i documenti e i dispositivi incriminati sono stati confiscati.

La questione sarebbe nata proprio nella caffetteria di Newell, Kari’s Kitchen.
All’inizio del mese, l’editore Eric Meyer si trovava lì con una collega, Phyllis Zorn, per assistere a un incontro pubblico tenuto dal rappresentante repubblicano Jake LaTurner.

Ero in fila in attesa di prendere un drink al bar dove eravamo, e il capo della polizia è venuto da noi e ha detto che ci era stato chiesto di andarcene dalla proprietaria del bar. Aveva detto che non voleva che i media stessero nel suo locale, quindi ci hanno buttato fuori

La ristoratrice ha confermato di aver mandato via i giornalisti, per evitare che questi potessero “travisare” o “distorcere” le parole di LaTurner durante l’incontro, e danneggiare, di conseguenza, l’immagine del locale.
A invitare la stampa era stato lo stesso staff di LaTurner, che ha poi rivolto le proprie scuse a Newell.

Pochi giorni dopo l’inconveniente della caffetteria, Phyllis Zorn ha ricevuto da una fonte anonima delle informazioni su Newell, la quale – come confermato in seguito – guidava senza una patente valida dopo un’infrazione stradale nel 2008.
Il giornale ha quindi pubblicato la notizia, secondo Newell in modo illegale.

Quelle informazioni erano disponibili solo a forze dell’ordine, investigatori privati e agenzie assicurative. Non solo il giornale ha ottenuto informazioni in modo illegale, ma le ha anche pubblicate.

Il Marion County Record ha pubblicato l’articolo rigorosamente per malizia e punizione per avergli chiesto di uscire dal mio stabilimento

Quando la polizia ha fatto irruzione nell’abitazione di Eric Meyer, lui si trovava lì con la madre 98enne, Joan Meyer, morta pochi giorni dopo.
Kari Newell, invece, si trovava fuori dallo Stato, e si è detta “sbalordita” da quanto accaduto, dichiarando di non essere stata informata di nulla.

Forze di polizia e libertà di stampa: perquisizione illegittima

Dopo l’avvenimento, in tutto il Paese si sono sollevate questioni riguardanti la legalità delle azioni delle forze di polizia e il rispetto del Primo Emendamento.

Secondo la legge, come spiega il Presidente della National Newspaper Association, John Galer, i documenti di una redazione possono essere ottenuti tramite un mandato di comparizione, ossia un ordine del tribunale per materiale specifico che è soggetto a obiezioni legali.
Inoltre, sono azioni molto
rare e limitate.

Le incursioni nelle redazioni, in questo Paese, sono passate alla storia 50 anni fa. Oggi, le forze dell’ordine sanno che la raccolta di informazioni dalle redazioni è l’ultima spiaggia. E possono avvenire solo mediante citazioni in giudizio, che proteggono i diritti di tutti i soggetti coinvolti

Meyer ha dichiarato che la polizia ha fatto irruzione nella redazione senza dare spiegazioni, e consegnando un mandato di perquisizione solo successivamente.
Perciò, il raid potrebbe aver violato la legge federale che fornisce protezioni contro la ricerca e il sequestro di materiali dai giornalisti.

Inoltre, come ha dichiarato l’avvocato del Marion County Record, Bernard Rhodes, i dispositivi sequestrati non potevano essere perquisiti, in quanto contenenti identità e informazioni provenienti da fonti confidenziali, quindi protette dalle leggi federali e statali.

In seguito all’apertura di un’indagine penale sul raid nel giornale del Kansas, il Procuratore capo della contea di Marion ha ritirato il mandato di perquisizione e restituito tutti gli oggetti sequestrati.




Secondo le sue indagini, infatti, l’irruzione è illegittima e non può essere giustificata.

Sono giunto alla conclusione che non esistono prove per stabilire un nesso legalmente sufficiente tra il presunto crimine e i luoghi perquisiti e gli oggetti sequestrati

Eric Meyer e la redazione del Marion County Record hanno accolto con entusiasmo la notizia, ma ciò non segna la fine della questione.
Come ha dichiarato Reporters Senza Frontiere, infatti, si attendono ancora risposte.

RSF accoglie con favore il ritiro del mandato di perquisizione e la restituzione della proprietà del Marion County Record, ma abbiamo ancora bisogno di risposte su come ciò sia accaduto. Le forze dell’ordine non possono semplicemente fare irruzione nelle organizzazioni dei media a loro volontà

“Guerra al giornalismo”: le preoccupazioni dei media

Pochi giorni dopo il raid nel giornale del Kansas, più di 30 organizzazioni giornalistiche e gruppi di stampa, guidati dal Reporters Committee for Freedom of the Press, hanno scritto una lettera aperta al capo della polizia di Marion.

Le perquisizioni e i sequestri delle redazioni sono tra le azioni più intrusive che le forze dell’ordine possono intraprendere nei confronti della stampa libera, e le più potenzialmente repressive della libertà di parola da parte della stampa e del pubblico

I raid della polizia, infatti, fanno sì che le fonti non si facciano avanti perché preoccupate o spaventate.
Proprio per scongiurare tali situazioni, irruzioni e sequestri sono regolati da leggi federali e statali che evitino incursioni governative illegittime. Proprio come il raid nel giornale del Kansas.

Seth Stern, direttore della Freedom of the Press Foundation è intervenuto nella vicenda, rilasciando una dichiarazione che chiama in causa gli alti livelli della politica.

C’è stato certamente un aumento dell’ostilità nei confronti della stampa, guidata dalla retorica dei candidati presidenziali e dei funzionari pubblici, che poi infettano i livelli inferiori del governo, compresi i dipartimenti di polizia, e questo porta a casi come quello in Kansas.
Questo è l’ultimo esempio di agenti delle forze dell’ordine americane che trattano la stampa in un modo precedentemente associato a regimi autoritari

Nonostante raid del genere siano molto rari, continua Seth Stern, la rabbia verso il mondo della stampa è un sentimento crescente negli USA.
Aggressioni fisiche e verbali sono aumentate, a fianco di un declino del settore che ha visto i giornali locali chiudere a un ritmo di due a settimana.

È difficile dire se un singolo incidente isolato faccia parte della tendenza, ma quando hai quegli atteggiamenti là fuori che diventano pervasivi nella società, anche tra le forze dell’ordine, e quando il pubblico sta comprando alcune di quelle idee, questo crea un problema

Secondo John Daniszewski, vicepresidente dell’Associated Press, la situazione avrebbe subito un netto peggioramento dopo la rivolta del Campidoglio del 6 gennaio 2021. Anche Katherine Jacobsen, coordinatrice per il Comitato per la protezione dei giornalisti, ha notato un aumento dell’aggressività nei confronti della stampa, che l’ex Presidente Trump aveva definito “il nemico del popolo“.
Il termine “guerra al giornalismo” nasce proprio durante l’era Trump, con l’avvio della persecuzione di Julian Assange e i continui tentativi di discredito e denigrazione del mondo della stampa. Guerra che, comunque, non si è fermata con lui, ma che sta proseguendo sotto l’amministrazione Biden.

Una guerra che causa l’indebolimento della democrazia e del diritto all’informazione, e che rimuove i cosiddetti “cani da guardia” dal controllo di coloro che ricoprono cariche pubbliche.

Giulia Calvani

 

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