Raggiunto accordo su nomine UE, ma Meloni non ci sta

Il Consiglio europeo ha trovato un accordo sui top jobs dell'Unione Europea nonostante le proteste italiane

Nomine UE

I capi di stato e di governo dei 27 paesi membri dell’Unione Europea hanno raggiunto un’intesa riguardo alle nomine UE per gli incarichi più prestigiosi dell’Unione, ripartendoli equamente tra i tre partiti che compongono, a seguito delle elezioni del 6-9 giugno, la maggioranza parlamentare, ossia popolari, socialisti e liberali. L’Italia di Giorgia Meloni non ha sostenuto alcuna delle tre nomine UE, accusando i leader europei di non aver tenuto conto della reale volontà dei cittadini.

Nomine UE: quali sono i top jobs e come sono stati ripartiti

In occasione della riunione dei capi di stato e di governo dei 27 paesi membri dell’Unione Europea tenutasi tra il 27 e il 28 di giugno, i leader europei hanno raggiunto un’intesa circa le nomine UE per i cosiddetti ‘top jobs’ dell’Unione, ossia quello di presidente della Commissione europea, quello di presidente del Consiglio europeo e quello di Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza. L’accordo è stato raggiunto prima del previsto, poco meno di tre settimane dopo le elezioni europee.

Le nomine UE per gli incarichi di maggiore rilievo non costituiscono una sorpresa: i top jobs, infatti, sono stati equamente ripartiti tra i tre grandi partiti che formano la maggioranza nella sede del Parlamento Europeo, ossia il Partito Popolare Europeo (detentore del numero maggiore di seggi), il Partito Socialista Europeo e Renew Europe, partito d’ispirazione liberale.

Come annuncia lo stesso Charles Michel, presidente del Consiglio europeo uscente, i leader dei 27 paesi membri si sono accordati quasi all’unanimità sul nome del suo successore: Antonio Costa, che è stato primo ministro del Portogallo dal 2015 al 2024, sarà il leader del Consiglio europeo per i prossimi due anni e mezzo. Costa è membro del Partito Socialista Europeo.

Per quanto riguarda l’incarico di maggior rilievo dell’Unione Europea, ossia quello di presidente della Commissione europea, detentore del potere esecutivo, il Consiglio europeo si è accordato per la nomina della popolare tedesca Ursula von der Leyen per un secondo mandato. La sua candidatura dovrà, tuttavia, essere approvata dal nuovo Parlamento Europeo in occasione della sua seduta inaugurale, che si terrà a luglio.

Infine, per il ruolo di capo diplomatico e responsabile della politica estera dell’Unione Europea è stata nominata la liberale Kaja Kallas, prima ministra dell’Estonia nonché nota critica di Putin e sostenitrice dell’Ucraina. Proprio per la sua intransigente opposizione alla Russia, Kallas era stata estromessa dalla corsa al segretariato generale della NATO, ottenuto dall’olandese Mark Rutte.


Le proteste di Meloni per le nomine UE

I capi di stato e di governo europei hanno raggiunto un consenso quasi unanime circa le nomine UE per i top jobs. Tuttavia, non sono riusciti ad ottenere il consenso della prima ministra italiana Giorgia Meloni, che già nei giorni precedenti alla riunione del Consiglio europeo aveva accusato i leader dell’Unione di aver escluso l’Italia dalle contrattazioni, non tenendo conto del rinnovato peso politico di Fratelli d’Italia, uscito rafforzato dalle elezioni europee, e della volontà dei cittadini.

Meloni, infatti, al momento di esprimere la sua opinione al Consiglio europeo si è astenuta sulla nomina di Urusla von der Leyen, mentre si è opposta alle candidature di Kaja Kallas e Antonio Costa. I nuovi vertici dell’Unione Europea, dunque, paiono destinati a dover fare a meno dell’appoggio politico del partito di maggioranza del terzo paese più popoloso dell’Unione. Questa dinamica non lascia ben sperare riguardo alla stabilità futura delle istituzioni europee.

Il Gruppo dei Conservatori e dei Riformisti Europei, ossia il gruppo parlamentare guidato da Fratelli d’Italia, infatti, è emerso dalle elezioni di inizio giugno più forte che mai, essendo diventato di fatto – a livello numerico – la terza forza del Parlamento Europeo a discapito dei liberali di Renew Europe. Questo inedito peso politico dei conservatori aveva portato Meloni a sperare di poter affidare ad un membro del suo gruppo uno dei tre incarichi di maggior prestigio.

Ricevute le nomine UE avanzate dal Consiglio europeo, ora sta al Parlamento Europeo il compito di confermare o rigettare la candidatura di von der Leyen. In un momento storico come quello che stiamo attraversando, che presenta innumerevoli sfide all’Europa, dal conflitto russo-ucraino al problema posto dalle esportazioni cinesi nel mercato comunitario, è più che mai necessario che l’Unione Europea presenti al mondo un fronte compatto e unitario ed eviti di creare spaccature eccessivamente profonde al suo interno.

Pietro Menzani

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