“Don’t try this at home”, si legge spesso in sovraimpressione mentre vanno in onda programmi televisivi che mostrano immagini dal contenuto potenzialmente pericoloso. “Non provate a farlo”. “Evitate l’emulazione”
È un avviso, un monito rivolto soprattutto ai bambini, ai minori, a quella fascia di età ancora priva degli strumenti cognitivi per riuscire a discernere tra giusto e sbagliato, tra bene e male, tra situazioni di pericolo e situazioni di piacere, tra gioco e rischio. Un’ avvertenza per bambini e adolescenti. Ma siamo davvero sicuri che mettere in guardia dai tentativi di emulazione serva solo a loro?
Marco Mongillo, 19 anni, un ragazzo di Caserta con una vita davanti, tanti progetti, tanti sogni, tante speranze. Anche tanti amici, come tutti i ragazzi della sua età. Proprio con gli amici si trovava qualche giorno fa. Un pranzo insieme, quattro chiacchiere, due tiri ad uno spinello, un bicchiere di spumante. Routine, normalità, abitudine.
Poi qualcuno tira fuori una pistola, mostra orgoglioso il suo nuovo acquisto, lo fa girare tra le mani dei curiosi. Perché non fare un gioco? Uno di quelli visti al cinema, alla tv. Provare l’ebbrezza dell’emulazione, l’adrenalina del rischio. Tanto a noi non succede nulla. Siamo invincibili, come i personaggi che vogliamo imitare. E ridendo, comincia la roulette russa.
Un colpo, un brivido. Visto? Non è successo niente. Prova tu. Un altro colpo, un altro brivido. Sangue, urla, confusione. L’emulazione finisce in tragedia. L’ebbrezza diventa disperazione. Un ragazzo ha perso la vita. Non siamo invincibili, non siamo immortali. Non siamo i personaggi che vogliamo imitare.
Marco è morto. Per goliardia, per spavalderia, per incoscienza, per assurda follia. Forse per altro. Le indagini stanno procedendo, molti punti del racconto dei presenti sono oscuri, poco chiari, incongruenti. I familiari chiedono di vederci chiaro. Non si può morire a 19 anni per un tragico tentativo di emulazione.
Nella testa, nelle orecchie, nel sordo rumore del mondo che continua ad andare avanti restano le solite, terribili, perentorie domande: Televisione cattiva maestra? Problema di cultura? C’è davvero chi, a 19 anni, non riesce a distinguere la realtà dall’immaginario proposto dai media? Perché un ragazzo compra una pistola? Per una parte della nostra società questa è “normalità”?
“Don’t try this at home”. “Non provate a farlo”. “Evitate l’emulazione”. Forse non basta scriverlo in sovraimpressione nei programmi televisivi. Forse dovremmo applicare questo stesso filtro protettivo, questa stessa avvertenza luminosa, questi stessi imperativi di monito di fronte alla realtà. Una realtà malata che sempre più spesso va oltre ogni finzione.