Non chiamatela ragazzata,Torturano cane e postano video su Facebook




Si può giustificare una violenza con il termine “ragazzata”? Assolutamente no.

ragazzataQualche settimana fa a Sangineto, un piccolo paese che si affaccia sul mar Tirreno in Calabria, quattro ragazzi hanno torturato un cane randagio di grossa taglia, lo hanno appeso per il collo e per finire lo hanno ripetutamente colpito sul cranio con una mazza ferrata lasciandolo morire tra strazianti supplizi, pare che i ragazzi siano stati mossi dalla necessaria urgenza di rivendicare l’uccisione di due capre.

Ma non è tutto, la raccapricciante esecuzione è stata registrata in un video e successivamente postato su Facebook, i quattro sono stati subito identificati dai carabinieri eppure sono ancora liberi di mangiare un gelato e di andare a prendersi il sole in spiaggia nonostante, per il reato di uccisione di animale in concorso, l’articolo 544 bis del Codice Penale preveda la reclusione da 4 mesi a 2 anni.

Da qui è partita una petizione online per chiedere che i responsabili vengano puniti così come prevede la legge https://www.change.org/p/procuratore-della-repubblica-sanzionate-i-responsabili-dell-uccisione-di-un-cane-impiccato-e-bastonato-a-cosenza.

La Lega Nazionale per la Difesa del Cane, l’OIPA e molte altre associazioni animaliste nazionali si costituiranno parte civile in sede processuale e continueranno a protestare fino a quando anche il Comune di Sangineto non lo farà.

Inoltre è prevista una giornata di manifestazione locale per urlare contro chi ignora il dolore provato dagli animali ma soprattutto per chiedere l’applicazione di una pena giusta per quanto accaduto ad Angelo, così è stato battezzato il cucciolo, #unitiperangelo.

L’indignazione e lo sdegno non mi hanno per nulla stupita anzi è il minimo che mi potessi aspettare da una società che si loda di essere civile, ciò che mi ha lasciata senza parole sono stati i commenti di qualcuno che ritiene si faccia troppo rumore solo per un animale, un cane per giunta randagio che se ne sta in giro a combinare guai, infondo stiamo parlando di una ragazzata, ora lungi da me l’idea di fare un parallelismo tra i due episodi, ma vorrei ricordare che l’espressione ragazzata è stata usata anche per giustificare uno stupro di gruppo ai danni di una sedicenne avvenuta, più o meno nello stesso periodo, nel Salernitano.

Ripeto non voglio mettere sullo stesso piano le due vicende ma fare un po’ di chiarezza sì, a quanto pare l’espressione ragazzata è multifunzionale, viene usata come una sorta di grimaldello semantico con il quale sfondare il senso delle cose in modo da ridimensionare la drammaticità di un qualsiasi gesto.

Una ragazzata è frugare nelle tasche di papà e prendere gli spiccioli dimenticati, è fumare una canna davanti a un falò il 15 agosto, è marinare la scuola e nascondersi al centro commerciale, è rubare un paio di calzini con la bandiera inglese da H&M, queste sono ragazzate che non hanno nulla a che fare con la violenza nei confronti di un qualsiasi essere vivente che viene trattato come un oggetto considerato prima di tutti e poi di nessuno.

Le parole sono importanti e bisogna avere l’onestà intellettuale di chiamare le cose con il proprio nome anche quando i responsabili dell’orrore sono i nostri fratelli, i nostri amici, i nostri compagni e per questa ragione devono essere puniti.

Quello che è successo in Calabria e in Campania evidenzia la connessione che esiste tra soprusi sugli animali e soprusi sulle persone, sono solo due diverse facce di una violenza esasperata che trae linfa dal malsano sentimento di onnipotenza del possesso e quei ragazzi non sono dei mattacchioni che volevano farsi giusto due risate ma sono dei delinquenti, sono dei criminali, sono degli assassini oltre che, abbiate pazienza l’esternazione curiale, delle incommensurabili teste di minchia.



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