La riforma previdenziale voluta da Salvini scadrà a fine anno e (forse) sarà sostituita, ma Il governo Draghi lascia uno spiraglio aperto sulla possibilità di rivederla.
Le righe scomparse
“In tema di pensioni, la fase transitoria di applicazione della cosiddetta Quota 100 terminerà a fine anno e sarà sostituita da misure mirate a categorie con mansioni logoranti.”
Queste le righe che erano contenute a pagina 29 del Pnrr (Piano Nazionale di ripresa e Resilienza), da presentare a Bruxelles entro il 30 aprile. Sì, erano. Perché, forse per evitare i soliti problemi interni alla maggioranza, nella bozza del 24 aprile non figura più il riferimento a quota 100, una delle battaglie di Salvini al governo.
Una cosa è certa, quota 100 va in pensione: la sperimentazione della misura voluta dal Carroccio finirà a gennaio 2022. Tuttavia la cancellazione del passaggio sopra citato lascia una possibilità aperta di rivederla in gioco, ma non per ora. Il disegno di un nuovo piano previdenziale verrà infatti rinviato in autunno, in occasione della discussione della legge di Bilancio.
Gli scenari
La riforma previdenziale del governo Conte I prevedeva l’accesso anticipato alla pensione per le persone con almeno 62 anni di età e 38 di contributi.
Ma se Quota 100 va in pensione, come verrà sostituita?
Non è chiaro. Senza modifiche la cancellazione di quota 100 porterebbe ad un effettivo ritorno della Legge previdenziale voluta dal governo Monti nel 2011. Date le forze politiche in campo sembra tuttavia improbabile il ritorno ad una legge impopolare come la Fornero, che comporterebbe anche uno scalone di 5 anni. L’età pensionabile passerebbe infatti repentinamente da 62 a 67 anni.
Secondo un articolo del Sole 24 Ore, Quota 100 continuerà a gravare sui conti pubblici fino al 2035. Nello stesso articolo sono illustrate alcune possibilità di sostituzione di quota 100. Nella prima è previsto un allargamento della platea delle possibili uscite anticipate dalla Legge Fornero, includendo anche i lavoratori che svolgono attività “usuranti”. Un’altra opzione è “quota 102”, che prevede l’uscita dal mondo del lavoro con “63/64 anni di età e 38/39 anni di contributi”. Tutte queste opzioni restano in campo per il governo, che ha il peso di una scelta che potrebbe scontentare importanti componenti della maggioranza.
Le reazioni
Dopo la prima bozza, i principali sindacati dei lavoratori italiani non hanno tardato a chiedere l’apertura di un tavolo di discussione con il governo. Anche le reazioni della Lega, ovviamente, non si sono fatte attendere.
Secondo il sottosegretario della Lega Durigon la scadenza di quota 100 “non è una novità, lo prevede la legge”, nonostante lo stesso deputato avesse detto indispensabile un rinnovo della misura. Voci del partito di Salvini invocano “quota 41”, cioè il pensionamento a 41 anni di contributi, indipendentemente dall’età del contribuente.
Salvini, dalla sua, reagisce con un categorico “non si può alzare l’età per andare in pensione”.
Governo tecnico?
Politico e populista sembrano aggettivi più adatti. La sensazione di questi continui giochi di equilibri tra le parti, nei quali sono i partiti a dettare legge, è quella di un governo tutt’altro che tecnico.
La riforma del 2011, secondo la Ragioneria Generale dello Stato, garantiva un risparmio nella spesa previdenziale di 60 punti di PIL entro il 2060. Quota 100 fu una manovra “frutto dell’ennesima formula propagandistica” e acchiappa-voti al pari del Reddito di cittadinanza.
Draghi sa bene che vanificare completamente gli sforzi del 2011 sarebbe dannoso per un paese in cui secondo l’Istat “il rapporto tra over 65 e cittadini in età da lavoro passerà dal 36% di quest’anno al 43,9% del 2030.” Tutto ciò rende doverosa da parte del governo una scelta non eccessivamente piegata alle richieste dei partiti, che sia adeguata anche alle necessità delle generazioni future.
Emanuele Di Casola