Le apparenze ingannano ancora una volta – Quella che doveva essere una soluzione per i posti di lavoro si tradurrà in ben poco: solo un posto su tre verrà sostituito. Eliminare la quota 100 a partire dal 2021 permetterebbe di recuperare 8,6 miliardi di euro.
La scuola è uno degli esempi cardine. Teniamo conto dei numerosi pensionamenti ordinari che si sommeranno: circa 15.000. Secondo i dati più recenti, oltre 32.000 insegnanti e amministrativi lasceranno la scuola; entrano in gioco i supplenti, a cavallo di cifre da capogiro, tanto che una cattedra su cinque rischia di giacere nel precariato. La Cisl calcola 170.000 supplenti su 844.000 posti totali.
Stessa condizione, in modalità differenti, su altri settori lavorativi. Prendiamo la sanità: il Centro studi della Fnopi (Federazione Nazionale Ordini Professioni Infermieristiche) certifica 33.500 infermieri in meno sul campo. Matteo Salvini, procedendo ad una riduzione del pacchetto pensionistico (con 62 anni di età e 38 di contributi), mirava a ben altro; le manovre prevedevano 290.000 (2019), 327.000 (2020) e 356.000 (2021) rientri. Al contrario, le attuali domande risultano inferiori del 30% rispetto alle attese. Ora come ora, è tutto nelle mani del Movimento 5 Stelle e PD.
Per il momento, ciò che maggiormente spaventa sarà la futura spesa per coprire quanto stato fatto finora. La quota 100 si mostra per quella che sembra essere: una manovra superficiale e mal congeniata, frutto dell’ennesima formula propagandistica. Il “bello” di tutto ciò è che l’attuale risultato era già stato parzialmente anticipato in passato; non parliamo dunque di novità, piuttosto dell’ennesima riprova di quanto la facciata politica possa far male.
Appare semplice guadagnare consenso rispondendo di pancia alla richiesta di lavoro di un cittadino. La propaganda di Matteo Salvini è la propaganda sterile, generalizzante, espressamente populista e che rispecchia perfettamente la politica voluta – in parte – dal popolo italiano. D’altronde, non si può che parlare di responsabilità da entrambi i lati, come solito. Quel che è certo – e non una novità – è che l’amministrazione di un’intera nazione richiede maggiore tecnica, conoscenza e risolutezza, meno baci al crocifisso.
Rispondere a richieste note nella storia politico-sociale di un paese, come il precariato, la malasanità, l’istruzione, richiede un’attenta analisi della situazione vigente; in fondo, se dell’interesse del cittadino si sta parlando, la prerogativa dovrebbe essere, perlomeno, diminuire la percentuale d’errore. Perché un paese non può certo esaurire i suoi problemi, ma ridurli, in modo da migliorare la qualità della vita, forse si.
Nessuno pretende la perfezione – come se un politico non fosse umano nella propria giurisdizione -, ma nemmeno approssimazione.
Per ora, attendiamo uno scontrino lungo ed insidioso, tra l’altro non di facile lettura. Vedremo gli sviluppi e soprattutto quali saranno le successive problematiche ad aggiungersi.
Eugenio Bianco