Arrivare in Donbass per David e Cecco (Banda Bassotti) e altri due ragazzi non è stato semplice. Ci sono voluti tempo, viaggi in aereo e in macchina, pazienza e anche coraggio. Ma ne valeva la pena.
E’ giusto infatti cercare di dare voce, cosa che sfortunatamente, ma non con grande sorpresa, non sta accadendo, anche a coloro che da più di otto anni vivono un conflitto sulla propria pelle. Che da otto anni vedono cadere bombe sulle proprie case e teste.
Poche sono le informazioni che ci arrivano da quei luoghi, talvolta non veritiere e spesso non promosse alla stregua di altre, forse in quanto scomode. Ancora una volta sulla popolazione del Donbass cala il silenzio. Come se queste persone non meritassero attenzione, aiuti, fossero in un certo qual senso non degne di nota e pertanto sacrificabili.
Deborah Natale
Di David Cacchione
Siamo arrivati in Donbass da poche ore, in piena notte, e dalla mattina seguente abbiamo cominciato la nostra permanenza. Arrivando in piena notte ci siamo resi immediatamente conto della situazione attuale. Niente luci in giro, nessuno per strada. Posti di blocco. Dopo qualche ora di sonno, ci siamo messi subito in marcia. Volevamo vedere posti che già conoscevamo, tra Lugansck e Stakhanov, per notare le differenze dall’ultimo nostro viaggio. Ora vogliamo le testimonianze dirette delle persone del luogo, per ascoltare cosa pensa la popolazione civile, in questo momento.
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Dopo un paio di incontri a Lugansck, ci siamo recati a Stakhanov. Abbiamo incontrato il Sindaco, Zhevlakov Sergei Vasiljevich. La sua piccola città, negli ultimi 8 anni è stata colpita moltissime volte dalle bombe ucraine. Siamo stati qui spesso, nel corso dei passati otto anni, e conosciamo molto bene questa triste realtà. Quando abbiamo salutato il Sindaco alla volta di Kirovsk, lui ci ha avvisato. La situazione può cambiare rapidamente da un momento all’altro. Qui succede in continuazione. “State attenti” ci aveva detto al momento del saluto.
Così con pochi minuti di macchina, siamo arrivati a Kirovsk, piccolissimo paesino sempre nella Repubblica Popolare di Lugansck. Vicinissimo alla linea del fronte. Il Sindaco del paese, Sergeeva Viktoria Ivanovna, ci aspettava all’esterno del Municipio. Voleva portarci a far vedere il luogo dell’ennesima bomba Ucraina. Ci siamo recati sul luogo dell’esplosione senza perdere tempo. Qui una buona regola è non perdere tempo nello stesso posto.
Per fortuna non ha ucciso nessuno. Se la bomba avesse colpito la zona della cucina, avrebbe ucciso tutta la famiglia in un attimo. In casa stavano preparando la cena in quel momento.
Arrivano e uccidono senza pietà. Anziani, donne e bambini vivono con questa angoscia da tanto, troppo tempo.
Credo sia ora che queste bombe smettano di cadere.
Il Popolo del Donbass vuole solo la sua Storia, la sua cultura, la sua lingua.
Le dichiarazioni del Presidente ucraino del 2015, subito dopo il colpo di stato, avevano interpretato perfettamente come il Governo Ucraino voleva dare una svolta alla questione Donbass. Il Presidente Ucraino dichiarò pubblicamente, che, da quel momento in poi, i giovani ucraini sarebbero andati a scuola, mentre i figli del Donbass sarebbero potuti andare tranquillamente a vivere nelle cantine. Lo ha dichiarato senza mezzi termini, iniziando di fatto una guerra etnica a una parte del Popolo della sua nazione. Questa presa di posizione ha, di fatto, vietato la lingua e la cultura russe in tutta l’Ucraina. In una città come Odessa per intenderci, dove quasi il 90% della popolazione parla russo, la lingua russa, fu proibita. Così come la cultura. Per gli abitanti del Donbass non c’era molta scelta. E così dal 2014 sul Popolo del Donbass “Piovono Bombe”
Non mi stancherò mai di ripeterlo. Non voglio assolutamente che i miei contributi paghino queste bombe. Non voglio in nessuna maniera che il Governo del mio paese mandi armi al Governo Ucraino. Gli effetti che queste armi fanno sulla popolazione civile, sono evidenti ormai da anni.