Qui giace l’italiano medio
Mio nonno parlava poco, ma un consiglio mi è rimasto impresso. Mi diceva: “Non conta quante persone ostili ti ritrovi davanti, di nemici è pieno il mondo. Basta solo che non te li metti in casa. Gli amici hanno la buona creanza di andarsene, mentre il nemico vuole metterci le tende.”
Più che come un consiglio l’ho sempre visto come un avvertimento, anche se come messa in guardia è purtroppo “delocalizzata”. Mi spiego meglio: questo paese non è adatto a consigli del genere perché è naturalmente abitato da malpensanti, da profondi e radicati nemici di se stessi, di individui tendenzialmente incapaci di trasmettere fiducia e serenità, anche se la cercano come un’oasi nel deserto. Aggiungiamo a questo consolidato costume l’odierna bulimia di diffamazione e il tutto risulta “globalmente” inguaribile.
Per noi la diffidenza è d’obbligo, e tale atteggiamento non ha certo leggere conseguenze. Innanzitutto il diffidente crede di essere furbo, è’ sicuro di centellinare con severa accortezza e cinico metodo ciò che vive e ascolta, ma in realtà è il conduttore ideale per la diffamazione e il falso. Un esempio lapalissiano: se parliamo bene di qualcuno la novità muore generalmente dove nasce. Una bella notizia genera al massimo un ipocrita giubilo di circostanza ma – ammettiamolo – ci risulta tendenzialmente “sciapo” diffonderla. Se invece ci adoperiamo per spu*tanare qualcuno non solo facciamo meno fatica ma la notizia non fa a tempo ad entrare nelle nostre orecchie che già abbiamo una lista interminabile di “discreti confidenti” a cui comunicarla, e se c’è qualche alieno in contatto con noi possiamo star certi che farà anche il giro della galassia.
La diffidenza genera sospetto, il sospetto la malizia … e la malizia anela sempre conferme; e se qualcuno ci offre il miraggio di una conferma, non tanto della realtà ma più miseramente dei nostri sospetti, allora siamo in possesso della condizione necessaria e sufficiente per proclamare il verbo del “sentito dire” al mondo.
Così il diffidente, che ha la sola presunzione di non essere un fesso e di non credere a nulla, a meno che non si tratti di qualcosa di pernicioso e diffamatorio che confermi tale diffidenza, si rivela, infine, come il veicolo perfetto per la pu*tanata, per il “cattivo pensiero”.
Credete che la propensione alla “furbizia del minchione nazionale” generi effetti deleteri solo nelle relazioni sociali? Ebbene vi sbagliate!
Se ci facciamo caso non è esistita campagna elettorale che non si basasse prima sulla creazione e poi sulla demonizzazione del nemico: prima erano i comunisti, ora gli immigrati. Allora mangiavano bambini, ora rubano “spazio vitale” e lavoro. Difficilmente vediamo programmi o proposte serie, mentre produce molto più “effetto” dire che nell’altro risiede il male. Non si ottengono consensi con la serietà e il rispetto dell’avversario, ma ti piovono voti addosso se spu*tani in modo feroce chi non la pensa come te. Poi dopo le elezioni gli acerrimi nemici copulano che è una bellezza, ma è troppo tardi… la nostra eccezionale furbizia e infallibile scaltrezza ci hanno già fottuto! Auguri.
Vedo sempre una lapide che unisce noi italiani in modo tanto esaustivo quanto preciso: “Qui giace un italiano medio. Visse guardandosi il cul*, morì inc*lato puntando il cul* degli altri.”
fonte foto: www.artribune