Questione profughi. Secondo una recente indagine di The Indipendent, in collaborazione con Lighthouse Report, i profughi ucraini di origine africana che hanno attraversato il confine sarebbero stati rinchiusi in veri e propri centri per l’immigrazione.
Questione profughi. Avevamo già parlato, in un precedente articolo sull’argomento, di come il conflitto ucraino-russo in corso avesse portato alla luce un duplice metodo di giudizio su diverse tematiche. Una di queste, quella dei profughi.
Mentre infatti l’Europa assisteva inerme, e non parliamo di molto tempo fa, alla chiusura dei porti, alle morti nel Mar Mediterraneo, agli sbarramenti tra un Paese e l’altro lungo i confini politici, e negava quindi la possibilità di un luogo più sicuro a chi scappava dai propri conflitti, con l’intensificarsi della guerra in Ucraina questa si è voluta dimostrare campionessa di umanità e di diritti.
Porte aperte, visti che permettono di viaggiare per novanta giorni in tutti i territori dell’Ue, un piano strutturato e articolato in dieci punti per l’accoglienza.
La questione dei profughi diversi
Premettendo che tutto questo darsi da fare è doveroso e indiscutibile, dovrebbe però valere in ogni situazione e non solo quando gli sfollati hanno tratti e caratteristiche fisionomiche a noi confacenti, religioni similari e soprattutto non in base al nemico da cui scappano.
È sacrosanto permettere ai civili l’evacuazione da un territorio in guerra, ma questo principio dovrebbe valere per tutti.
Non possono più esistere, nel 2022, distinzioni tra persone di serie a e serie b, pertanto profughi di serie a e serie b, sulla base di stupide e pericolose caratteristiche.
Avevamo inoltre alluso alla denuncia di alcuni Paesi africani e di alcune associazioni umanitarie circa il differente trattamento ricevuto dai profughi ucraini di colore al confine con la Polonia. E ad oggi il dato è purtroppo confermato e peggiorato.
Come se anche all’interno dello stesso gruppo, che scappa dallo stesso conflitto, che parla la stessa lingua e versa le stesse lacrime esistessero delle diversità in base alle quali essere o meno aiutati.
L’inchiesta
E’ quanto emerge da un’indagine compiuta dal quotidiano inglese The Indipendent, in collaborazione con Lighthouse Report, organizzazione no profit con sede in Olanda. L’inchiesta racconta di residenti ucraini di origine africana, i quali, una volta attraversato il confine ucraino-polacco, sono stati rinchiusi in centri per l’immigrazione anche per settimane.
Molteplici sono le testimonianze delle vittime di questo inaccettabile fatto. Attestazioni che parlano di paura, scarsa comunicazione con il mondo esterno e mancanza di assistenza legale, costrizione nel dovere firmare documentazioni non chiare perché in un’altra lingua e inconsapevolezza della durata della reclusione.
Passato il confine con la Polonia, Gabriel, 29 anni, nigeriano, studente a Kharkov, racconta:
Il documento era scritto in polacco. Io non so bene cosa ho firmato. Ho provato a dire di non volere firmare, ma hanno insistito e che, altrimenti, sarei finito in prigione per cinque mesi.
Episodi e metodologie vergognose nei confronti dei quali un’Unione Europea così umana e così attenta si sarebbe dovuta sollevare e avrebbe dovuto varare immediati provvedimenti.
Queste infatti le parole di Maria Arena, presidente della sottocommissione del Parlamento europeo per i diritti umani, ad inizio Marzo:
Gli studenti internazionali in Ucraina, come gli Ucraini stessi, sono a rischio e rischiano le proprie vite nel paese. Detenzioni, espulsioni o qualsiasi altra misura che non garantisca la loro protezione è inaccettabile.
I centri di detenzione polacchi
Peccato che la stessa polizia di frontiera polacca abbia confermato che più di cinquanta persone, originarie di Paesi non membri dell’Ue (prevalentemente africani e asiatici), fuggite dall’Ucraina siano attualmente in centri di detenzione.
Peccato che lo stesso OIM, l’Organizzazione Internazionale per le migrazioni, abbia riconosciuto l’esistenza e gli scopi attuali di queste strutture; una è quella di Leznowola, a 40 Km da Varsavia
Problema che interessa anche altri Paesi, come l’Estonia.
La questione dei profughi è un qualcosa di molto serio e che da tale dovrebbe essere trattato, sempre. Stiamo parlando di persone in grande difficoltà.
Non si può scappare da una guerra con la paura di morire e finire poi disperso in mare o rinchiuso in una sorta di prigione, con una ancora maggiore incertezza sul giorno successivo.