Quel fumetto di Topolino dove si scherza sul suicidio

fumetto di Topolino

La grande fortuna del topo

Il fumetto di Topolino è un cult della cultura pop. Il topo di Walt Disney è cambiato parecchio nel corso delle sue innumerevoli avventure. Insieme a lui, anche i temi e i toni delle sue storie. In effetti, Topolino ha visto scorrergli davanti quasi un intero secolo. Mickey Mouse, il nome originale di Topolino, fa la sua comparsa nel 1928. A novembre di quell’anno esce il cortometraggio Steambot Willie, diretto da Walt Disney e Ub Iwerks: Topolino è su una barca e fischietta un motivetto divenuto leggendario. Lo stesso anno fa la sua comparsa anche Minnie, l’eterna fidanzata del topo. Il fumetto di Topolino, invece, arriva dopo i primi film di animazione. Le prime storie, infatti, vengono pubblicate nel 1930 su alcuni quotidiani, uscendo a puntate.




Quella volta in cui Topolino voleva farla finita

Si parla di una storia abbastanza controversa, uscita anch’essa a puntate sui giornali, nel periodo che va dall’8 al 24 ottobre del 1930. In queste strisce a fumetto, Topolino scopre una cosa che lo devasta: Minnie ha conosciuto un nuovo topo, il signor Slicker. I due si iniziano a frequentare, mentre Topolino li osserva da lontano e soffre pene d’amore. Nonostante si tratti di un fraintendimento, il protagonista inizia a pensare di togliersi la vita. Qui scatta la continuità della storia, perché di volta in volta il lettore assiste all’ennesimo stratagemma che il topo escogita per farla finita, fallendo a ogni puntata. Qui alcune strisce in alta risoluzione. Alla fine della storia, Topolino cambia idea e decide di continuare a vivere. Così, lega una corda al tronco di un albero per farci un’altalena, e non più un cappio.

La storia dietro la storia

Nel 1930, le strisce di fumetti a puntate andavano molto di moda. Walt Disney era alla ricerca di una pubblicazione che mantenesse alta la continuità della storia. In questo modo, i lettori non si sarebbero persi nemmeno una puntata. Con quest’ottica, Walt Disney mandò a chiamare Floyd Gottfredson, che scriveva e disegnava le strisce, per proporgli un input abbastanza controverso: Topolino che prova a togliersi la vita. A Walt l’ispirazione era venuta dalla vaudeville e dai film di Charlie Chaplin, di cui era grande fan. Più nello specifico, Topolino era simile ai personaggi interpretati dall’attore comico Harold Lloyd. In Haunted Spooks, uno dei suoi film, il protagonista cerca di uccidersi in tanti modi ma fallisce sempre. Nel 1920, Walt vede questo film, e tiene a mente questo tipo di gag, cosciente del fatto che avrebbero funzionato anche anni dopo.




Ciò che poi diventa impensabile

Oggigiorno, difficilmente una storia del genere verrebbe pubblicata sui giornali. All’epoca di Walt, la comicità fisica andava forte, tant’è che egli stesso trovava divertente l’idea di un Topolino in preda a pensieri così oscuri come quelli sul suicidio. L’atto del togliersi la vita non aveva la stessa sensibilità sociale che ha oggi. Seppur si tratti di un semplice fumetto, nelle strisce di Topolino si rispecchia la cultura della società dei tempi. Topolino esce dal suo periodaccio perché si sente in colpa per quello che stava per fare, mica perché qualcuno lo aiuta. Quasi a voler dire che il gesto estremo sia una forma di egoismo e di scelleratezza, dal quale il nostro eroe sfugge in nome del buonsenso.

Per fortuna, la narrazione su questo tema è cambiata parecchio nel corso degli anni. Comunque, questa storia targata Disney non è l’unica che oggi appare inaccettabile. Infatti, su Internet si trovano molte immagini di vecchie vignette di Topolino in cui si ironizza su stereotipi di etnia o di genere. La storica pagina Facebook “Paperino e altri infami” raccoglie molte di queste vignette politicamente scorrette. In buona sostanza, c’è stato qualcosa di addirittura più eversivo di Pippo.

Matteo Petrillo

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