Sono tre giovanissime architette, Maria Romana Vicari, Erica Zanella e Giulia Santini, ad aver lanciato la Quarantine Archi Challenge ponendo al web un quesito provocatorio: qual è il valore del detto “casa dolce casa” nei giorni di quarantena in cui l’ambiente domestico è l’unico che possiamo frequentare?
Quando la vita si svolgeva prevalentemente all’esterno, tra gli spazi di studio o lavoro e i luoghi di svago, la casa rappresentava un nido sicuro nel quale fare sempre ritorno. Con i suoi ambienti separati, ogni stanza era il luogo deputato a determinate attività, secondo la tradizionale distinzione delle zone giorno da quelle della notte.
L’emergenza sanitaria legata al Coronavirus ha imposto una permanenza a casa che ha generato diverse conseguenze. Per alcuni, il lockdown ha rappresentato la riscoperta di uno spazio domestico frequentato pochissimo e, forse, sottovalutato nelle sue possibilità; altri hanno per la prima volta apprezzato davvero il privilegio dell’avere un balcone o un terrazzino, trasformatosi improvvisamente nell’unico contatto con l’esterno possibile. C’è chi ha compreso l’esposizione della propria dimora potendo seguire per l’intera giornata il percorso dei raggi del sole nelle stanze.
Le architette parlano, poi, di una vera e propria “invasione” della casa da parte del mondo esterno. La riflessione fatta riguarda le nuove formule trovate dagli inquilini per convertire spazi inutilizzati, o generalmente riservati ad altro, in luoghi funzionali alle nuove esigenze determinate dalla quarantena. Molti salotti si sono trasformati, a seconda delle ore della giornata, in uffici, sale riunioni o, addirittura, in piccole palestre. Cantine mai frequentate per più del tempo necessario a recuperare ciò che serviva sono diventate gli spazi prediletti di chi ricerca un po’ di privacy, così come i bagni si sono facilmente trasformati in originali sale da ballo o cabaret in cui è perfetto cantare per via della loro amplificazione.
È alla luce di questa riconversione degli spazi che nasce l’idea per la “sfida” proposta al web, dal curioso nome Quarantine Archi Challenge.
L’invito è rivolto a tutti, tanto agli amanti dell’architettura quanto ai fervidi sognatori che non impugnano da anni una matita. La domanda alla quale rispondere con disegni, foto, collage o il mezzo espressivo che più si predilige, è come si immagina la casa perfetta per trascorrere una quarantena. Come sarebbe, se potessimo sceglierlo, lo spazio ideale dal quale non uscire mai?
“Nonostante le numerose regole e i limiti da rispettare, la nostra immaginazione può evadere altrove.
Ma tu dove andresti? A cosa non rinunceresti mai?
Chiuderesti il mare in una stanza o sposteresti il tuo letto sulla cima di una montagna?”
Come il limite imposto dalla siepe rappresentò per Leopardi la possibilità di trovare un Infinito al quale tendere, allo stesso modo l’invito delle tre architette ha generato una risposta profondamente creativa dei partecipanti.
Architetture impossibili, a metà tra il surreale e l’onirico, popolano il profilo Instagram @quarantine_archichallenge_ legato all’iniziativa. Per partecipare basta, infatti, inviare il proprio progetto direttamente sul profilo Instagram oppure si può utilizzare la mail [email protected]. Tra le tante Challenge proposte durante questi mesi, la Quarantine Archi Challenge è una delle più creative e ha, tra le altre cose, trovato il supporto del Politecnico di Milano, di Sky Arte e Interni Magazine come partner.
Dare una occhiata alla mostra virtuale che si è generata dopo l’invio dei primi disegni e bozzetti è molto affascinante.
La ricerca di uno spazio perfetto ha condotto tutti gli autori a progettare ambienti quasi fatati, sognanti. È come se la reclusione fosse in grado di aprire, sorprendentemente, una finestra su uno spazio dell’interiorità, un luogo ricchissimo e pieno di meraviglie.
Nato da una domanda relativa al concetto di “casa” in quarantena, l’esperimento sembra concludersi sollevando altri interrogativi. Chi ha partecipato ha dovuto chiedersi cosa dell’esterno gli mancasse di più e quali erano gli interni più amati e rasserenanti.
La fantasia è un cinema a costo zero. Matita alla mano, l’immaginazione individuale permette di creare ambienti surreali, comprimere e dilatare spazi all’infinito. E quando si crea, anche se si cerca di essere razionali, l’istinto ha sempre il sopravvento e, senza riflettere, ciascuno progetta quel luogo dell’anima in cui è nascosta la sua più profonda felicità.
Martina Dalessandro