Quanto imbarazzo nell’ augurare la Pace

Quanto imbarazzo nell’augurare la Pace

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Quanto imbarazzo nell’ augurare la Pace

Nulla si archivia senza le dovute considerazioni … neanche il 2016.  Cosa si può dire di “positivo”  di questo scorcio finale di un anno “complicato”? Ebbene nei tanti auguri ricevuti di “buon Natale a te e in famiglia,” nessuno ha avuto il barbaro coraggio di nominare la pace. La mancanza di questo “tipico” augurio natalizio può sembrare avvilente  (e in fondo lo è )  ma a ben vedere indica una profonda  -anche se non del tutto consapevole-  intuizione collettiva: la pace non c’è, e nominarla appare quantomeno fuori luogo. Casomai “benaugurante”,  ma sempre fuori luogo.

Ammettiamolo, nel tumulto godereccio delle feste, che da sempre ricordano molto più i caotici Saturnalia descritti da Seneca in una famosa lettera a Lucilio, siamo  meno ipocriti di quanto vogliamo apparire. La sostanza delle cose, il sentore di un presente complicato e incerto sgorga anche inconsapevolmente da noi, dai nostri comportamenti, dalle nostre parole.  Nonostante tutto,  emerge una sgradita verità che cerchiamo di celare … noi non siamo in pace.

Il profondo sentire non si riesce a nascondere. Possiamo far finta di niente, cercare di mascherare quello che viviamo pensando ad altro, facendo altro. Possiamo non parlare di ciò che ci inquieta con la speranza che passi; a volte, addirittura, rimuoviamo tutto ciò che ci dà sofferenza edificando nuove sofferenze, ma resta sempre quel rumore di fondo che ci lega alla realtà.

Conosco qualcuno che evita gli imbarazzi e  svicola da domande scomode semplicemente “ignorando tutto e tutti” con la certezza che prima o poi  smetteranno di porgliele. Questa indifferenza tutt’altro che involontaria (l’indifferenza non è mai involontaria, per questo è un’inappellabile colpa) è forse poco edificante, rende di certo la vita vuota … ma leggera, semplice. Si fa una scelta, quella di non complicarsi la vita . Il mondo è già così brutto … perché dilaniarsi per cercare di essere migliori? Meglio adeguarsi.

Ma anche nei casi più disperati riverbera quel “rumore di fondo”; in tutti è presente, casomai si tiene la musica alta per non ascoltarlo, ci si riempie la vita di “cose da fare” per non pensare, ma resta.

Ed è su questo “inevitabile” sentire sottile e “fastidioso”, su queste onde impercettibili che ci inchiodano al reale “nonostante tutto” che vorrei dar vita ad un augurio.

Sentire che non c’è pace non è certo piacevole ma può rappresentare un inizio. E’ sempre meglio che “il niente”, che l’ottundimento assoluto. E’ un  tenere comunque lo sguardo sulla consapevolezza dell’incerto, una consapevolezza che, per quanto sgradita,  ci riguarda sempre più. Quel rumore di fondo si fa sempre più assordante, presto l’indifferenza non avrà più margine, né campo “d’inazione”

Nulla di crepuscolare o “pessimista” nell’incertezza, né una stonatura nichilista tra le strenne e lo spirito natalizio, ma l’assunzione di una responsabilità di fronte a ciò che si sta delineando, il sapere che nella nostra dichiarata impotenza davanti a fantomatici “strapoteri”in azione, agli stratosferici interessi in gioco e gli inaccettabili eccidi in corso, noi finiamo col diventare semplici e informatissime comparse  del nostro tempo. Spettatori tanto assoluti quanto impotenti – e per questo complici – della nostra storia: la storia di una generazione cui è stata per fortuna negata la guerra e che ora non sa, non riesce ad aver chiara, la coscienza della “perdita della pace”.

Sentiamo che qualcosa che credevamo “ormai scontato” ci sta scivolando tra le mani, lo sentiamo scorrere in un domani che ci appare incerto, in quel non sapere  cosa può accadere. Un momento cardine, un nodo, un bivio.  Ancora la possibilità di scelta ci appartiene, e cos’è la libertà se non la possibilità di poter edificare sempre alternative?  E cos’è la pace se non il coesistere di ogni libertà? Il domani è tutto da costruire. Auguri di Buon Natale.

vignetta Stefano Disegni 

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