La moda viene percepita come un capriccio, attinente al mondo femminile. Passano gli anni ma questo settore soffre ancora oggi di pregiudizi che appaiono insormontabili. Quel che molti non sanno è che tutte le maisons, quando partecipano alle sfilate, lanciano un messaggio. La comunicazione è l’aspetto forse più curioso e affascinante della moda. Ogni direttore artistico sceglie di dar vita alla sua visione del mondo e la passerella è la sua tela, che può dipingere come vuole.
Forse è proprio questo il bello della moda: il fatto di essere arte, comunicazione, politica e business allo stesso tempo. L’attenzione per i dettagli è al limite del maniacale e il divertimento sta nell’interpretazione. Come ogni artista, anche i direttori creativi scelgono da che parte stare nel dibattito pubblico. Ma a parlare sono gli abiti, la location e la musica scelta per l’evento. Si fa politica anche con i colori, con le stampe e i materiali.
Alexander McQueen, il genio incompreso
Maestro indiscusso è stato Lee Alexander McQueen, un genio incompreso scomparso prematuramente a soli 41 anni nel 2010. Se fosse un quadro, sarebbe “L’Urlo” di Munch, perchè mentre il mondo intorno a lui continuava insensibile ad andare avanti, McQueen era immerso nella solitudine e nell’incomprensione. Alexander sa cosa significa stringere i denti. La sofferenza non l’ha mai abbandonato, anzi, è cresciuta con lui: più aveva successo e più sembra che questo lo stesse soffocando. Voss, questo è il nome del fashion show primavera/estate 2001, è la sua creatura più magnifica. La sfilata inizia con due ore di ritardo e la stampa è costretta ad aspettare di fronte a quelli che sembravano specchi.
Appena le luci si accendono, la situazione si capovolge. Gli specchi si trasformano in “vetrine” per gli spettatori che non possono essere visti dalle modelle che sfilano. La location è asettica, fredda. Ricorda un ospedale psichiatrico, stile Qualcuno volò sul Nido del Cuculo. Le ragazze appaiono confuse, non è la solita sfilata. Sono disturbate da qualcosa, ma non è chiaro il motivo del disagio.
Gli abiti sono ricchi di dettagli e ogni centimetro descrive a pieno l’ingegnosità di McQueen che ha fatto della stravaganza il suo punto forte. La sfilata continua, appaiono reinterpretazioni delle camicie di forza. Il battito cardiaco che scandisce il tempo dell’attesa, aumenta il disagio degli spettatori. Se la sfilata è stata un’immersione in un vortice che pareva non finire mai, per quanto disturbante, il finale non è da meno.
La moda che gioca con l’arte
All’interno della teca è presente un cubo le cui pareti cadono a terra, mostrando il contenuto. Improvvisamente, l’occhio dello spettatore si sposta dagli abiti verso una donna nuda, sdraiata, circondata da falene mentre indossa un respiratore. La performance si riferisce a una foto di Joel- Peter Witkin, Sanitarium, che McQueen ha a sua volta interpretato per denunciare il modo in cui noi tutti appariamo: sereni all’esterno ma potenzialmente marci all’interno. Una sfilata fuori dal comune, che ha poco di piacevole. L’artista ha voluto soffermarsi sull’ importanza di ascoltare e di ascoltarsi, di non giudicare superficialmente la follia.
L’esplosione creativa e inclusiva di Valentino
Altro messaggio tutt’altro che frivolo è stato lanciato da Pierpaolo Piccioli, direttore creativo della maison Valentino. Sono anni che parliamo di inclusività nel mondo della moda. Le critiche che accendono i riflettori sul problema poi si spengono con la fine dello show. Piccioli ha ribadito più volte come la moda può (e deve) avere un messaggio politico, ma possiamo tranquillamente dire che l’artista in questione è l’unico che si spinge oltre, battendo la barriera che separa l’alta moda dalla quotidianità, che ha alimentato per decenni gli stereotipi sul suo ambiente.
Piccioli gioca con le forme e con i colori in “Anatomy of Couture”primavera/estate 2022. Veste i suoi modelli andando oltre il genere, oltre le comuni forme, oltre la canonica idea di bellezza. Sulla passerella vediamo un’ inclusione mai vista. L’eleganza si scontra con visi e corpi quotidiani, i colori sembrano un’esplosione di libertà. La passerella si trasforma anche qui in un quadro, in cui possiamo riconoscere i nostri valori con quelli del direttore creativo, che crede in una moda più inclusiva e vera, più vicina alla realtà.
Piccioli ha preso posizione anche nell’Agosto 2021, indossando una felpa con l’iconica V. Solo che questa volta non sta per Valentino, ma per “Vaccinated”. Il post di Instagram è un chiaro appello alla vaccinazione, ribadendo che vaccinarsi non è una scelta, ma un atto di responsabilità civile. Un gesto forte e non scontato, che fa sì che Piccioli sia di più che un direttore creativo.
L’arte contemporanea di Demna
Demna, direttore creativo di Balenciaga, in un momento così particolare della storia, si chiedeva se fosse il caso di sfilare. La guerra in Ucraina è un evento che fa riflettere, che apre mille interrogativi quasi tutti senza risposta. E Demna lo sa. Per questo ha usato la moda per far parlare dell’atrocità della guerra.
Il nome del fashion show è “360 °” e l’invito è uno sfogo del direttore che mette da parte gli abiti e sceglie che sia la sua esperienza di profugo a parlare. La stessa esperienza di profugo che condivide con tanti ucraini costretti a fuggire dalle loro città per salvarsi. Demna Gvasalia è riuscito nel 1993 a scappare dalla guerra in Georgia, territorio conteso da sempre dalle truppe russe. In lui si è riaperta una ferita che non potrà mai chiudersi, e questo Demna lo sa bene, ma reputa inaccettabile che la storia sia un dejà-vu. L’invito è una lettera a cuore aperto ed è accompagnato da un cellulare rotto. Il messaggio è criptico, cosa vuole significare? Vuole forse suggerirci che la guerra è là fuori e non sugli schermi del cellulare?
La Guernica del 2022
Se fosse un quadro, la sua sfilata potrebbe essere Guernica (il bianco e il nero sono i colori dominanti del fashion show, con rare punte di colore) che racchiude il dolore di un uomo che è contemporaneamente artista e profugo, che parla a chi, come lui, è fuggito dalle macerie per ricostruirsi una vita. I sacchi della spazzatura sostituiscono le borse, gli occhiali coprono gli occhi, forse per proteggersi dalla simulata tempesta di neve, che complica la catwalk dei modelli. Un continuo dialogo , tra Demna, noi e il mondo, che non è destinato a interrompersi, anche se la sfilata si conclude con due abiti, uno giallo e l’altro azzurro, dedicati all’Ucraina.
Cos’è la moda?
Tre esempi significativi, ma non sono gli unici. La moda è cura nei dettagli, è arte, creatività e politica. E’ una forma di comunicazione che non si esprime attraverso la parola o un pennello, ma con i colori, le forme e le modelle stesse. Non può essere semplificata, derisa o addirittura ignorata. La moda non è solo business, non è solo terra prediletta di ricchezza. E’ il mezzo con cui esprimiamo cosa pensiamo, chi siamo o chi vorremmo essere. La moda è intorno a noi e osserva il mondo, sceglie di rappresentarlo nella sua migliore o peggiore veste. Vuole far riflettere, accendere riflettori, abbattere muri e costruire dialoghi e comunità.
Giulia Poggiali