L’emergenza Coronavirus ha determinato un serio impedimento per coloro che nel 2019 hanno sostenuto le tre prove scritte per l’abilitazione. Ebbene, quale destino per i praticanti avvocati?
Il percorso interminabile per conseguire il tanto agognato titolo di avvocato è articolato e ricco di tante, quanto inutili, peripezie, a cominciare da come, in taluni casi, viene svolto il periodo di pratica fino ad arrivare all’atteso, nonché temuto, esame di abilitazione.
Il 10, l’11 e il 12 dicembre 2019 si sono svolti gli esami scritti, consistenti nella stesura di due pareri e un atto.
Migliaia di persone hanno sostenuto le tre prove scritte. E ora? Nulla. Ancora non si è a conoscenza della sorte di molti ragazzi che hanno deciso di intraprendere questa tortuosa strada.
Infatti, a causa del Coronavirus che ha invaso le vite di tutti noi, la correzione dei compiti è stata interrotta e al momento non si sa bene in quale modo avverrà e, soprattutto, se avverrà. Già… se avverrà, dal momento che molte sono le voci che si sprecano circa una probabile, quanto talvolta remota, soluzione.
“Il nodo principale della polemica ruota attorno alla mancata ripresa della correzione degli esami per avvocato della sessione 2019/2020. Sono più di 20.000 i praticanti in attesa di sapere le modalità di correzione delle prove scritte, che ormai risalgono allo scorso dicembre”.
Tra le tante soluzioni che sinora sono state presentate, oltre alle proposte di passare direttamente all’orale o di ottenere un’abilitazione de plano, c’è anche chi parla di rifare l’esame scritto.
Detto in altri termini, più diretti ma sicuramente realistici, ogni ragazzo dovrebbe spendere altri soldi per acquistare nuovamente i Codici, per pagare il contributo forfettario alle spese d’esame e, infine, per pagare la tassa di esame. Costi che si aggirano intorno ai 400/500 euro a persona. Può parlarsi di business? Io direi proprio di sì.
Per non parlare del rischio a cui si andrebbe incontro in caso di una recrudescenza del virus.
“Oggi più che mai, è assolutamente necessario invertire la rotta, modificando una procedura barocca, inefficiente ed inefficace… ecco perché ho presentato […] una proposta di legge che va in questa direzione, per superare un metodo che non garantisce un accesso alla professione dei giovani giuristi al mondo del lavoro, né meritocratico, né rapido”.
Sono anni che si parla di una riforma dell’esame ma di soluzioni concrete, e soprattutto ottimali, non ce ne sono mai state. Eppure, la soluzione non sarebbe così tanto difficile: la vera pratica di un futuro avvocato dovrebbe partire proprio dall’Università.
I praticanti, invece, continuano ad essere in balia di un destino non meglio precisato. E tutto questo per cosa? Per una mera abilitazione? Ne vale ancora la pena? Forse sì, forse no. Probabilmente chi conosce tutto ciò che si cela dietro questo mestiere sa già la risposta, ma si fa fatica ad ammetterla, perché non è semplice prendere coscienza di aver partecipato a un vero e proprio gioco al massacro, per di più infruttuoso.
Il mestiere dell’Avvocato, se fatto bene e con coscienza, è indubbiamente affascinante. Tuttavia, se da un lato c’è la passione, dall’altro c’è anche l’età che avanza e il lato economico che si fa sentire.
Cosa si può fare? Quale destino devono attendersi i praticanti Avvocati? In questi giorni si sono levate le proteste di molti praticanti stanchi di questo stillicidio.
Infatti, il 4 giugno a Roma i praticanti Avvocati hanno protestato davanti a Montecitorio proprio per ribellarsi a questa ingiustizia, tenuto conto del fatto che le altre professioni non hanno subito una simile discriminazione.
“i praticanti avvocati, stanno assistendo alla più atroce delle discriminazioni… ricordo a me stessa, e poi al Governo, che siamo in presenza di una abilitazione alla professione, non ad una procedura concorsuale… se per tutte le altre professioni è stata consentita la sola prova orale, davvero non comprendo perché per i praticanti avvocati, questo non sia stato possibile”.
Questa è l’amara situazione che vivono migliaia di praticanti Avvocati. Un futuro totalmente incerto che non dà a nessuno la possibilità di fare progetti o che, come alternativa, offre la scorciatoia di sostenere l’esame in Spagna e diventare Abogados. Ciò è palesemente ingiusto. Il nostro Paese deve dare ai giovani la possibilità di emergere e non di farli fuggire all’estero, come oramai avviene da anni.
Che destino devono attendersi i praticanti Avvocati? Ora bisogna solo attendere, nella speranza che questa situazione possa sbloccarsi e che i praticanti di domani non si trovino nella scomoda e frustrante situazione che stanno vivendo i praticanti oggi.
Ad maiora!
Annarita Picardi