Correva l’anno 1962. L’autore americano Ken Kesey scrisse un romanzo, ispirandosi alla sua esperienza come volontario nell’ospedale dei veterani di Palo Alto, California. Nel 1975, ne trassero un film destinato a diventare una pietra miliare della storia del cinema: “Qualcuno volò sul nido del cuculo”.
Randle Patrick McMurphy giunge all’Ospedale Psichiatrico di Stato di Salem, in Oregon; qui i medici dovranno decidere se la sua malattia sia reale o meno. Con il suo atteggiamento spavaldo ed anticonformista, McMurphy entra ben presto in conflitto con Mildred Ratched, la caporeparto. McMurphy si ribella alle rigide regole del reparto, invitando gli altri pazienti a fare altrettanto. Nella struttura vi è un vastissimo carnet di personaggi, dall’intransigente infermiera Ratched al balbuziente Billy, con cui McMurphy stringe amicizia.
La personalità più singolare, entrata nella storia del cinema, è Bromden, un nativo americano. Soprannominato “Grande Capo” da McMurphy, egli è un uomo imponente che finge di essere sordomuto. Bromden potrebbe evadere, ma è troppo spaventato dal mondo esterno. Il carismatico McMurphy svolge un ruolo chiave per aiutarlo a prendere un’importante decisione. I due decidono di fuggire insieme alla volta del Canada e, corrompendo un sorvegliante, organizzano una festa per salutare i compagni. McMurphy invita alla festa due donne di dubbia moralità, una delle quali seduce il timido Billy. A causa dell’ubriachezza, la possibilità di evadere sfuma e McMurphy e compagni si addormentano sul pavimento.
Il mattino seguente, l’infermiera Ratched scopre il disastro creato dai pazienti. Dopo aver visto Billy dormire con una delle donne, minaccia di raccontare tutto alla madre del ragazzo, il quale si toglie la vita. McMurphy, in un impeto di rabbia, tenta di strangolare la Ratched, ma viene fermato. I medici dell’ospedale decidono di sopprimere l’aggressività di McMurphy con la lobotomia. Una notte, vedendo il suo amico inerte come un vegetale, Bromden lo soffoca con un cuscino, perché non vuole lasciargli vivere una vita del genere. Strappato da terra un lavabo di marmo che in precedenza McMurphy aveva cercato di sradicare, lo lancia contro una finestra e fugge, in una scena divenuta celebre.
Sono tanti i motivi per cui è consigliato guardare questo film. In primis, la storia è tratta da un libro basato su un’esperienza di vita reale. Il cast è un’altra eccellente ragione per guardarlo: Jack Nicholson e Louise Fletcher, rispettivamente nei ruoli di McMurphy e Ratched, sono strepitosi e incarnano con grande maestria l’eroe anticonformista (McMurphy) e la severa antagonista (Ratched).
La personalità dirompente e carismatica di McMurphy costituisce il perno intorno a cui ruota la storia. Egli è un uomo che non si è inserito nella società e diventa il leader indiscusso di un ambiente popolato esclusivamente da reietti. Grazie a McMurphy i pazienti soprono di essere prima di tutto persone, con caratteri e aspirazioni al pari di tutti gli altri.
Nel “nido del cuculo” ( espressione gergale americana che si riferisce al manicomio) vi è una rigida gerarchia, presieduta dall’infermiera Ratched. Alla base della piramide vi sono i pazienti, che devono attenersi alle regole del reparto e vengono trattati come manichini.
Questa pellicola, girata negli anni Settanta del secolo scorso, è molto attuale anche nel 2016. Nella società odierna (nella fattispecie quella italiana), con le sue strutture psichiatriche che tendono a spersonalizzare i loro pazienti, rendendoli incapaci di usufruire dei propri diritti, questo film di denuncia è capace di farci indignare. Soprattutto alla luce della situazione ancora così tragica in cui versano le strutture sopracitate.
“Qualcuno volò sul nido del cuculo” è uno spaccato di società crudo e a volte insostenibile a causa della violenza psicologica presente in due ore di film. Tuttavia, questo gioiello cinematografico non dovrebbe assolutamente mancare nella collezione di un cinefilo.