Michele Marsonet
Prorettore alle Relazioni Internazionali dell’Università di Genova, docente di Filosofia della scienza e Metodologia delle scienze umane
Putin non è isolato: si muove abilmente su vari fronti internazionali, sfruttando le divisioni occidentali. In Africa, ha sostituito la Francia nel Sahel, mentre in America Latina guadagna consensi tra i governi locali. Nonostante l’impegno in Ucraina, Putin rafforza legami anche con Corea del Nord e Vietnam, dimostrando la sua capacità di manovrare in aree di interesse strategico, anche contro la volontà di Pechino e Washington.
Vladimir Putin è molto meno isolato di quanto le cancellerie e i mass media occidentali vorrebbero far credere. In realtà il leader russo si sta muovendo con grande abilità in numerosi scacchieri internazionali, sfruttando con la sua nota scaltrezza debolezze e divisioni dell’Occidente, e in particolare quelle che oggi caratterizzano gli Stati Uniti d’America.
In Africa, per esempio, è riuscito a espellere la Francia dalle sue ex colonie del Sahel, sostituendo l’influenza di Parigi con quella di Mosca in un’area di fondamentale importanza dal punto di vista geopolitico, anche a causa della presenza di ricchi giacimenti di “terre rare” indispensabili per la costruzione degli apparati elettronici di ogni tipo.
Nell’America Latina, un tempo considerata il “cortile di casa” degli Usa, russi (e cinesi) conquistano la simpatia di numerosi governanti del continente, più sensibili alle alleanze militari e commerciali che agli appelli alla democrazia lanciati da uno stanco Joe Biden.
Molti pensavano che Putin fosse completamente assorbito dalla difficile guerra in Ucraina, e invece sta dimostrando a tutti che non è affatto così. Nonostante il patto di ferro che lo lega a Xi Jinping, si sta infatti incuneando in aree che interessano in modo primario anche a Pechino, lasciando intendere di non essere disposto a svolgere un ruolo meramente ausiliario all’interno dell’alleanza Russia-Cina.
Si consideri ad esempio la Corea del Nord, lo “Stato eremita” che per decenni ha avuto relazioni pressoché esclusive con la Repubblica Popolare Cinese. Recatosi a Pyongyang, il leader russo è stato ricevuto in pompa magna da Kim Jong-un, il quale gli ha organizzato un’accoglienza entusiastica da parte della popolazione, ovviamente istruita a dovere dalle autorità.
Lo zar può ora contare sugli aiuti militari nordcoreani, da sfruttare nel conflitto ucraino, e ha addirittura firmato un trattato che obbliga i due Paesi a intervenire l’uno in favore dell’altro nel caso di attacchi esterni. Davvero non male per Kim che, finora, era considerato solo un tributario di Pechino.
Ma la vera sorpresa è giunta dalla successiva visita di Putin a Hanoi. Visita importante perché il Vietnam, che vinse la guerra contro gli americani anche grazie al costante supporto militare e logistico dell’Unione Sovietica, negli ultimi tempi si era avvicinato agli Usa e all’Occidente soprattutto in funzione anti-cinese. Vietnam e Cina non sono mai stati in buoni rapporti, sin dai tempi in cui i vietnamiti riuscirono ad affrancarsi dal dominio del Celeste Impero nel X secolo.
In epoca più recente si sono anche verificati conflitti militari tra gli eserciti delle due nazioni, che hanno lasciato strascichi notevoli. I vietnamiti temono l’espansionismo cinese e lo hanno più volte denunciato senza remore. La visita putiniana offre loro un’alternativa, rinverdendo i vecchi legami dell’epoca sovietica. Non a caso anche il presidente vietmamita To Lam ha ricevuto lo zar in pompa magna, mobilitando la popolazione come ha fatto Kim nella Corea del Nord.
Questo ha suscitato le ire di Washington, dove credevano di aver definitivamente attirato il Vietnam nella sfera d’influenza Usa. Il fatto è che l’amministrazione Biden continua a perdere pezzi nello scacchiere internazionale, e non vi sono segni che la frana sia destinata a finire in tempi brevi.
Resta da capire, al riguardo, quale sia la reale posizione della Repubblica Popolare. In mancanza di commenti ufficiali, si può sostenre che Pechino, a dispetto della “alleanza senza limiti”, non gradisca molto l’attivismo di Putin in aree geografiche che considera di propria competenza. Ciò non significa, ovviamente, la fine della suddetta alleanza. Ma Putin dimostra ancora una volta di essere un osso duro, per niente indebolito dalle sanzioni occidentali.