Nel realizzare la bomba atomica, la scienza aveva già oltrepassato il “punto di non ritorno” ben prima dell’effettivo impiego della stessa ad opera del governo statunitense.
La ricerca in ambito scientifico-tecnologico è un percorso che si compone di diverse fasi, le quali, insieme, concorrono al risultato finale. L’effettivo lancio delle due bombe atomiche è stato quindi solo il culmine di un percorso di ricerca e sviluppo durato anni, se non, indirettamente, decenni. Un percorso lungo il quale, una volta intuite le potenzialità in ambito militare dell’energia nucleare, la scienza ha ben presto oltrepassato il “punto di non ritorno”. “Un problema troppo dolce per essere ignorato”, dirà, a posteriori e con rammarico, Oppenheimer, a proposito della ricerca sulla bomba atomica. E la scelta di non ignorare il problema ha segnato la cosiddetta definitiva “perdita dell’innocenza” della scienza.
Dalla teoria della relatività a Little Boy e Fat Man
Nel 1905, con la sua teoria della relatività, Albert Einstein postula la conversione della materia in energia, spiegando, di fatto, la radioattività. Continue scoperte relative alla struttura dell’atomo e al comportamento delle sue subparticelle interessano i decenni successivi. Sulla scia di queste scoperte, la fine degli anni Trenta vede, sia in Europa sia in Usa, numerose riproduzioni in laboratorio di decadimenti di nuclei atomici. Tuttavia, gli esperimenti sulla fissione nucleare portano il fisico ungherese Leó Szilárd a intuire il potenziale distruttivo dell’energia nucleare. Temendone l’applicazione in ambito militare da parte di Hitler, convince Einstein a firmare una lettera indirizzata a Franklin D. Roosevelt. In questa lettera, Szilárd invita l’allora Presidente degli Stati Uniti ad accelerare la ricerca sulla bomba atomica.
Nel 1942, gli Usa istituiscono il Progetto Manhattan, come programma di ricerca e sviluppo volto a studiare le applicazioni militari dell’energia nucleare. Sotto la direzione scientifica di J. Robert Oppenheimer e con il contributo di alcuni dei migliori fisici dell’epoca, il Progetto realizza la prima bomba atomica. “The Gadget” viene fatta esplodere nel deserto del New Mexico durante il primo test nucleare. Nel maggio 1945, il Presidente Harry Truman crea quindi una commissione per decidere dell’eventuale uso militare della bomba nucleare. Della sezione scientifica della commissione fanno parte gli scienziati più importanti del Progetto: Oppenheimer, Fermi, Lawrence, e Compton.
Non possiamo suggerire alcuna dimostrazione tecnica che abbia una qualche probabilità di porre fine alla guerra; non vediamo alternativa accettabile all’uso militare diretto.
Mentre la commissione scientifica si esprime a favore dell’utilizzo immediato della bomba atomica, i (forse tardivi) tentativi di Szilárd di impedirne l’impiego passano in sordina. Nell’agosto 1945, Little Boy e Fat Man vengono sganciate rispettivamente sulle città giapponesi di Hiroshima e Nagasaki. I bombardamenti pongono fine al conflitto mondiale e a circa duecento mila vite, senza contare le vittime indirette.
Qual è stato il “punto di non ritorno”?
Se fare il “processo al passato” è inutile, conoscere i fatti è indispensabile. Non sta a noi stabilire le responsabilità dei personaggi coinvolti. Se crediamo, però, che l’obiettivo della scienza debbe essere il benessere collettivo dell’umanità, allora non ci sono dubbi su quale sia stato il momento in cui la scienza ha oltrepassato il “punto di non ritorno”. Nella decisione di intraprendere la ricerca sull’energia nucleare a scopo militare, la scienza ha infatti stabilito che il benessere collettivo non era la sua priorità.
Che poi la ricerca sia stata avviata a scopo principalmente preventivo e difensivo, come nelle intenzioni di Szilárd, o con velleità d’attacco, è irrilevante. È bastato infatti l’insediamento di un nuovo presidente perché le eventuali intenzioni “pacifiche” iniziali svanissero. Ironia della sorte, per paura di Hitler, Szilárd si è affidato agli Stati Uniti, nella convinzione che non avrebbero mai effettivamente utilizzato la bomba. Non poteva sapere che, grazie al probabile boicottaggio da parte del fisico tedesco Heisenberg, Hitler non sarebbe invece mai nemmeno arrivato a produrla. E la storia ha voluto che nel 1945 la “ricetta” per la creazione della bomba atomica fosse pronta e a disposizione di un Presidente americano disposto ad usarla.
Per una scienza etica
Alla luce dell’attuale situazione internazionale e del possibile rischio nucleare, la decisione della scienza di oltrepassare quel “punto di non ritorno” torna a riguardarci in prima persona. Da allora, i singoli Stati hanno ingaggiato la propria corsa alle armi di distruzione di massa e non esiste alcun ente che possa avere il controllo sull’utilizzo di queste armi. In balia dei potenti, sappiamo che un singolo capo di Stato può decidere della vita e della morte di migliaia, se non milioni, di persone. E non possiamo più tornare indietro.
Consapevoli di non poter cambiare il passato, possiamo quindi solo auspicare una migliore regolamentazione della ricerca.
Dopo il Progetto Manhattan, che simbolizza la definitiva perdita dell’innocenza della scienza, non è certo sufficiente trincerarsi dietro lo schema delle cosiddette libertà negative, che non consentono funzionalizzazioni ed ingerenze di sorta, o dietro la distinzione tra pensiero ed atto: una scienza che costituisce un valore assoluto in sé, in quanto espressione di una sacra ed inesauribile sete umana di sapere, e le sue applicazioni, che possono essere invece perniciose.
Guido Sirianni
Seppur in modo utopistico, sogno una scienza etica, governata dai principi di responsabilità e indipendenza. Una scienza solidale e umana, che metta al primo posto il bene comune e che condivida i propri risultati apertamente. Una scienza non asservita al potere, senza bandiere né colori di sorta, svolta da istituti pubblici e regolamentata da istituzioni sovranazionali.
Cristina Resmini