In Puglia sbarca anche un gasdotto israeliano

Nel Mediterraneo i soliti boiardi senza scrupoli soffiano ancora una volta sul fuoco per alimentare un’altra guerra. Sulla scena come da copione, un governo di irresponsabili eterodiretti dall’estero e multinazionali del crimine. Mentre nel Salento la popolazione si è giustamente mobilitata contro la distruttiva speculazione mafiosa elvetica, targata Trans Adriatic Pipeline, a Tel Aviv il ministro del cosiddetto sviluppo economico” Carlo Calenda – unitamente agli omologhi di Israele, Grecia e Cipro – ha firmato il via libera italiano a Eastmed, ovvero il più grande gasdotto sottomarino del mondo: 1.300 chilometri offshore e altri 600 onshore con approdo in Puglia. Si tratta dei giacimenti della Palestina, nell’est del Mediterraneo, di cui si è appropriata Israele. A proposito c’è un contenzoso con il Libano, ed un probabile altro conflitto mediorientale con proiezioni e strascichi sull’Italia. Il progetto sarà presentato al G7 il 9 e 10 aprile prossimi a Roma, poiché ritenuto “fondamentale asse di sviluppo della strategia energetica complessiva dell’Europa”.



Un calcolo banale assomma attualmente almeno a tre i gasdotti che squarceranno la Puglia e l’Italia per portare l’oro azzurro in Svizzera, Germania, Austria, Francia e Regno Unito. Senza contare un gasdotto previsto dalla Commissione europea dall’Albania all’Italia con approdo sempre in Puglia.

Comunque, prove alla mano, nel 2011 il gasdotto Igi-Poseidon, ha ottenuto il lasciapassare della giunta Vendola, nonché il decreto di autorizzazione unica dal ministero dello sviluppo economico”: esso approva il progetto definitivo e autorizza la costruzione e l’esercizio dell’opera ad Otranto, con il benestare del Comune. I termini sono scaduti nel 2016, ma il governo Renzi ha provveduto a concedere una proroga al 2018. Oltretutto la commissione europea ha concesso una deroga contro le stesse normative comunitarie: infatti i lavori di realizzazione del gasdotto TAP non sono iniziati nel periodo di validità della deroga concessa, ma la regione Puglia non ha impugnato gli atti. Purtroppo, in barba alla convenzione europea di Aarhus del 1998 – ratificata dalla legge italiana numero 108 del 2001 – il processo decisionale non coinvolge mai la popolazione locale.

Nel comunicato del Mise è scritto testualmente: «Il progetto potrebbe partire alla fine del 2017 per permettere la commercializzazione delle riserve a un prezzo conveniente entro il 2025».

Il ministro Calenda ha dichiarato:

«Eastmed unisce Paesi che hanno una lunga tradizione di cooperazione e amicizia. Il gas e’ una risorsa sempre piu’ cruciale per l’Italia. Siamo la seconda economia manifatturiera in Europa, la diversificazione e la qualita’ delle nostre fonti energetiche sono fondamentali per il Paese anche in termini di competitivita’. Per questo motivo la questione dello approvvigionamento e della diversificazione delle fonti e’ il cuore della nuova Strategia Energetica Nazionale. In questo contesto particolare attenzione e importanza deve essere riservata al tema della sicurezza degli approvvigionamenti di gas».

Eppure i conti sia pure elementari non tornano. Secondo l’Unmig, l’ufficio minerario per gli idrocarburi e le georisorse del Mise e Assomineraria, i consumi di gas negli ultimi 10 anni sono diminuiti del 21,62 per cento, passando da 87.171 milioni di metri cubi del 2005 a 67.523 milioni di metri cubi del 2015. Dunque, poiché i numeri ufficiali non sono opinioni, ma dati oggettivi, non è vero – come sostengono le autorità tricolori e i politicanti italidioti venduti al miglior offerente – che c’è bisogno di aumentare a dismisura la quantità di gas.

A maggior ragione, non si cpmorende da un punto di vista razionale e di semplice buonsenso, il progetto Energas-Kuwait Petroleum di un giganetsco impianto di gas a petrolio liquefatto (che movimenterà ben 300 mila tonnellate di gpl all’anno) a Manfredonia, provocando una sacrosanta rivolta civile come nel 1988 contro l’Enichem. Anche alla luce dell’accordo di Parigi voluto dall’ONU, entrato in vigore il 4 novembre 2016, che impegna l’Italia a ridurre drasticamente i gas serra, come appunto il gpl.

In realtà, l’Italia – di cui si vuole fare tabula rasa – non ha una strategia energetica nazionale indipendente, insomma una pianificazione che punti concretamente su fonti rinnovabili ed efficienza energetica. Il Belpaese, soprattutto non ha più alcuna sovranità. Lo zio Sam, Maastricht e Lisbona vi suggeriscono niente?

 

Gianni Lannes

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