Pudore, moralità, vita privata. Potrebbero non essere parole del passato ma valori da recuperare per riabbracciare se stessi nella propria individualità e per rispettare il diritto alla riservatezza degli altri.
Nel momento storico e culturare in cui ci troviamo, il sentimento del pudore appare molto svalutato e visto come un elemento superato, non necessariamente perché vecchio, ma perché appare ormai fuori posto. Oggi infatti si parla raramente di pudore, e quando lo si fa il tono é generalmente ironico, come a voler definire qualcosa che non ha più significato né motivo d’essere. Paradossalmente, se capita di provare istintivamente pudore in certe situazioni, e di ritrarsi o di coprire i propri spazi privati, si prova quasi vergogna per questo sentimento. Questo si può forse spiegare con la grande libertà sociale, sessuale e di costumi che si è avuta nell’ ultimo secolo ma soprattutto negli ultimi decenni. Tuttavia credo che il pudore, che ricopriva un ruolo così centrale nel passato, possa ancora insegnarci qualcosa di importante sul rispetto di sé, degli spazi degli altri e della loro intimità, e sulla dignità generale della società come insieme di individui che vivono in modo autonomo e consapevole.
Ma perché parlare di pudore? La motivazione ha meno a che fare con la morale e più con l’utilità pratica, di quanto sembri a un primo sguardo. Infatti, per parlare degli uomini bisogna anche parlare dello spazio che vi è tra di loro, di quel vuoto impercettibile che divide un essere umano da un altro, e impedisce all’umanità di assomigliare a un brulicante e indefinito formicaio. Monique Selz, psicologa e scrittrice, sostiene che il tutto cominci dalla particolarità umana di riconoscersi come soggetto, di riflettere su se stesso e di avvertire chiaramente la distanza fra sé e gli altri (Monique Selz, Il pudore: un luogo di libertà, trad. it. a cura di Stefania Pico, Torino: Giulio Einaudi editore, 2005, pp.43-44).
Il pudore è quindi elemento necessario a stabilire il confine fra il sé e l’altro, e a definire la propria personalità come individuo al di là delle influenze che la società avrà su di essa. Per l’individuo, non esaurire completamente il suo bacino interiore di cose da dire, di pensieri, speranze, paure e opinioni, significa avere sempre materiale da cui si possano sviluppare dimensioni nuove di se stessi e permette una progressione. Un individuo svuotato sarà al contrario molto più confuso circa la sua essenza, e tenderà a cercare conferme all’esterno, in altri individui o nel pensiero collettivo, propagando così il circolo vizioso. Tenere qualcosa per sé inoltre è un modo per non esporsi completamente allo sguardo invadente del mondo, che pone sul mercato e pubblicizza tutto, senza più fare (o saper) fare distinzioni. Il pudore può essere oggi un meccanismo di difesa, qualcosa di sottile, un velo impalpabile da cui possiamo ricavare privacy, e valorizzare non solo pensieri ed emozioni ma anche gesti, tocchi, vicinanza fisica. Da tutto ciò, possiamo solo guadagnarci: in eleganza, in riservatezza, e forse acquistare un pizzico di mistero in più.