Psicologia tra fake news e verità: ne parliamo con la psicologa Elisa Sergi

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La terapia? Una cosa da matti!! Uno tra i tabù e falsi miti del nostro tempo, ereditato da visioni passate, da sfatare per dare alla psicologia la dignità che merita

Il genere umano sfreccia sulla linea del tempo a velocità mai viste. Gli ultimi 50 anni hanno registrato in proporzione la gran parte delle innovazioni più rilevanti degli ultimi due secoli. Nonostante ciò in alcuni ambiti l’evoluzione è entrata solo dalla porta di servizio e per veloci comparse. La salute mentale e la psicologia sono ancora temi osservati con sospetto, streghe dei nostri giorni messe al rogo tra incertezze e cupi pregiudizi.

Nei Paesi sviluppati le aspettative di vita sono migliorate in modo significativo, ma di pari passo si è registrato l’aumento dei disturbi mentali. L’AIFA diffonde dati preoccupanti: la prima causa di morte prematura e disabilità sarebbero proprio patologie psichiche (complice la pandemia da Covid 19). Parte integrante dell’equilibrio generale dell’individuo, l’integrità psichica è spesso sottovalutata e trascurata. Al punto che chi affronta un percorso psicologico è messo nelle condizioni di doversene vergognare.

La terapia è impegno, costanza, lavoro e scommessa su se stessi. Un percorso ad ostacoli che può durare un’intera esistenza. Chi  decide di affrontarla abbandona il porto per il mare aperto e intraprende un viaggio dalle mille incognite. Sbarcherà alla fine ma incapace di riconoscere il se stesso della partenza. Da naufrago sperduto e spaventato sarà diventato un esperto marinaio.

E’ una trasformazione totale come quella della farfalla. La quale non si può evolvere senza costruire con fatica un bozzolo avvolgente. Il bozzolo è la terapia perché  anch’essa abbraccia chi con fatica l’ha costruita, colui che la affronta da bruco diventa farfalla. Tutte le componenti sono necessarie per quel che resta da vivere all’effimero insetto, un solo giorno ma di cui ne sarà valsa la pena.

Affrontiamo il tema con la psicologa Elisa Sergi, giovane professionista creatrice della PsicoAgenda.


Ci può dare una definizione per la psicologia di salute mentale? Se ne parla impropriamente cos’è in realtà?

Rispondo facendo riferimento a quanto detto dall’OMS secondo cui sarebbe uno stato di benessere emotivo e psicologico, nel quale l’individuo è in grado di sfruttare le sue capacità cognitive ed emozionali. Consiste in una condizione di equilibrio che consenta di affrontare anche i momenti difficile e di tollerare il dolore; stabilire relazioni sociali soddisfacenti e adattarsi al mutare delle condizioni esterne e dei conflitti interni.

Spesso si sente parlare dell’importanza della salute riferendosi però in primis a quella del corpo. Sa dare una spiegazione al perché la mente e la psicologia siano sempre un gradino più in basso?

La società in passato tendeva ad individuare due sfere distinte: da una parte quella del corpo, dall’altra quella della mente. Questa idea si è consolidata fino a tempi recenti. Oggi molti professionisti, la maggior parte direi, non concordano più con questa visione e si cerca di inglobarle. L’uomo è un tutt’uno fatto sia di mente che di corpo, senza l’una non esiste l’altra. Se manca la salute mentale non può esserci neanche quella fisica. Si è infatti diffuso un diverso approccio alla patologia con lo sviluppo del modello bio-psico-sociale. Questo si contrappone a quello tradizionale detto biomedico. L’origine delle malattie non viene più ricercata solo tra fattori biologici ma, accanto a questi, si considerano anche la componente psicologica e quella socio-culturale. L’idea di benessere che si sta sviluppando è un concetto globale non più a senso unico. Lo spettro è sicuramente più ampio rispetto al passato e i passi avanti fatti sono tanti ma c’è ancora da lavorare.

Andare da uno psicologo è uno dei tabù, retaggio del passato, che si cerca di abbattere nella nuova modernità. Come si può, secondo lei, diffondere l’idea che chi fa delle sedute da un terapista si prende semplicemente cura di se stesso a 360 gradi?

Promuovendo la cultura della psicologia. I mezzi di cui disponiamo sono un valido aiuto in questo anche se il luogo per eccellenza restano le scuole. Bisognerebbe introdurre il tema sin da subito tra le giovani menti insieme alle materie curriculari. Per ora vengono previsti solo degli sportelli che forniscono sostegno e supporto, ma non sono sufficienti. Sarebbe opportuno includere delle attività che inizino i bambini alla psicologia come dei progetti che li mettano direttamente in gioco. Un’idea potrebbero essere dei laboratori sulle emozioni in cui si insegni loro ad analizzarle e a comprenderle.

Quando ritiene che sia giusto chiedere aiuto? Quali sono i segnali che possono far suonare un campanello d’allarme e che bisognerebbe tenere in considerazione?

Non appena viene avvertita una qualche forma di disagio. Chiaramente la soglia di questo disagio varia da persona a persona e va riempita di significato singolarmente. Si tratta comunque di una difficoltà che risulta limitante, protratta per un tempo prolungato. Questo è già sufficiente perché si pensi ad un sostegno psicologico che può fornire la chiave di volta per ristabilire l’equilibrio nella propria vita.

Quali sono quindi gli obiettivi di un percorso terapeutico?

La terapia è estremamente personale per cui variano a seconda del soggetto e del problema che spinge ad affrontarne il percorso. Anche la durata varia molto da caso a caso. Alcuni pazienti lamentano delle vere patologie quindi si procede per gradi, affrontando le situazioni una per volta al fine di valutarle da vicino. Altri si rivolgono ad un terapeuta per intraprendere un percorso visto come un momento di crescita, di analisi personale e di riflessione. Attualmente molto frequenti sono i disturbi d’umore e d’ansia (nelle molteplici forme in cui si manifestano) e la bassa autostima, dove il paziente è coinvolto in un processo di accettazione  e comprensione di se.

Che consiglio darebbe a chi vorrebbe intraprendere un percorso di terapia ma teme giudizi e commenti altrui?

C’è un solo modo: fare e non lasciarsi intimorire . Se si avverte un fastidio conviene non rimandare ma agire tempestivamente.  Molto spesso gli altri sono solo specchietto di se stessi, ciò che si teme non è il giudizio esterno ma il proprio. Si ha paura ma superato il timore iniziale la terapia può essere un valido aiuto. Al di là dei pregiudizi è una possibilità per ripartire dalle proprie criticità.

 

Sofia Margiotta

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