Dopo la raffica di roadshow dei big della finanza a stelle e strisce e la missione diplomatica del segretario di Stato Antony Blinken, il dragone è pronto ad accogliere il segretario del Tesoro americano, Janet Yellen. La visita di Yellen a Pechino cade in un momento di grande tensione tra le due superpotenze che negli ultimi anni si sono imposte reciprocamente limitazioni economico-commerciali sempre più dure e dalle quali difficilmente si potrà tornare indietro.
Con la visita diplomatica del segretario del Tesoro americano, Janet Yellen, a Pechino, iniziata oggi, prosegue il cauto riavvicinamento tra Usa e Cina. Durante la sua missione diplomatica – che segue quella del segretario di stato americano Antony Blinken – Yellen proverà a normalizzare gli altalenanti rapporti diplomatici, oltre che economico-commerciali, con il dragone.
L’ex presidente della Federal Reserve (FED) è pronta a battere la strada aperta dai principali protagonisti della finanza a stelle e strisce, che nei mesi scorsi si sono spesi tantissimo per il miglioramento delle relazioni tra le due superpotenze. Nei giorni precedenti alla partenza il dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti ha fatto sapere che Yellen discuterà con i funzionari cinesi l’importanza per entrambi i paesi – che sono anche le due maggiori economie del mondo – di gestire responsabilmente le relazioni bilaterali per affrontare le sfide globali del futuro.
Ma al di là dei proclami e delle buone intenzioni, la visita di Yellen in Cina parte già in salita. Nei giorni precedenti la partenza del segretario del Tesoro Usa, Pechino ha annunciato, infatti, che dal primo agosto limiterà le esportazioni di prodotti e materiali contenenti gallio e germanio, metalli rari e vitali per i semiconduttori, le stazioni delle reti 5G e i pannelli solari.
La decisione cinese rappresenta chiaramente una rappresaglia nei confronti delle restrizioni Usa alla vendita di chip di fascia alta e attrezzature per la loro produzione. E il fatto che sia stata annunciata proprio a ridosso della partenza della Yellen per la terra del dragone, è un segnale della volontà del presidente cinese Xi Jinping di utilizzare il provvedimento come leva nei futuri negoziati tra i due Paesi.
Il contesto generale della visita diplomatica
La visita di Yellen a Pechino cade in un momento di incertezza per l’economia globale. La produzione cinese è in calo dopo la pandemia mentre gli Stati Uniti stanno cercando di evitare una recessione contenendo l’inflazione. Inoltre, l’amministrazione Biden è sempre più impegnata a ridurre la dipendenza degli Usa dalle importazioni cinesi e sta spingendo i propri alleati asiatici ed europei a muoversi nella medesima direzione.
Alla casa Bianca si sono resi conto che gli Europei non sono propensi a sposare il mantra del decoupling nei confronti di Pechino, così hanno introdotto la semantica del “de-risking”, che sembrerebbe essere stata ben recepita da Bruxelles come dimostrano anche le parole della presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen.
C’è poi la delicata questione dei rapporti tra Pechino e Mosca che sono proseguiti anche dopo lo scoppio della guerra in Ucraina. In quest’anno e mezzo, Xi Jinping ha continuato a mantenere stretti legami economici con la Russia nell’esplicito tentativo di dimostrare al resto del mondo che il modello occidentale non è eterno e presenta delle crepe piuttosto evidenti. Un modo, questo, che ha consentito al dragone di consolidare sempre più trasversalmente la propria presenza come attore internazionale in funzione antiamericana, dal punto di vista economico, commerciale e finanziario oltre che politico.
Contatti e Posizioni
Dal proprio punto di vista, Washington giudica di fondamentale importanza mantenere aperti i canali di comunicazione per evitare che le sempre più frequenti incomprensioni con Pechino possano degenerare in crisi. Perciò, è prevedibile che la segretaria del Tesoro, che si muove in perfetta sintonia con l’amministrazione Biden, proverà a perseguire proprio questo obiettivo, parlando con le sue controparti cinesi delle sfide globali e delle reciproche aree di preoccupazione. Sicuramente, illustrerà le proprie obiezioni riguardo al divieto imposto dalla Cina alla Micron Technology, il produttore statunitense di chip di memoria utilizzati in telefoni, computer e altri dispositivi elettronici. La decisione del governo cinese era arrivata lo scorso maggio, dopo che l’amministrazione Biden aveva preso provvedimenti per impedire ai produttori cinesi di chip di accedere a strumenti cruciali necessari per la produzione di chip avanzati.
Ma il fronte di guerra tra Pechino e Washington per il controllo delle nuove tecnologie e dell’approvvigionamento delle terre rare è in costante evoluzione come dimostra la recente decisione del Ministero del commercio cinese di limitare le esportazioni di prodotti e materiali contenenti gallio e germanio.
Yellen colomba della pace tra Washington e Pechino?
A Pechino, la segretaria al Tesoro, che conosce bene la Cina dai tempi in cui guidava la FED, è vista come una controparte più amichevole rispetto ad altri esponenti del governo Biden, soprattutto da quando, in passato, aveva caldeggiato un allentamento dei dazi americani nei confronti del dragone, prima di dover rientrare nei ranghi e adeguarsi alla linea dura di Washington. Ma la sua linea soft nei confronti di Pechino resta viva ancora oggi, nella speranza di riuscire ad instaurare un rapporto di sana concorrenza tra i due paesi.
Nel corso della sua annuale relazione presso la commissione finanze del congresso degli Stati Uniti, Yellen ha evidenziato l’importanza della Cina per l’economia statunitense, che non può permettersi uno stop agli scambi commerciali con Pechino L’ex presidente della Federal Reserve è consapevole del fatto che sabotare il commercio con la Cina sarebbe disastroso per l’economia Usa, senza tuttavia disconoscere i rischi derivanti dall’insidiosa trappola del debito con la quale Pechino punta a influenzare le relazioni internazionali pro domo sua. Anche per questa ragione, durante la sua visita in Cina, Yellen cercherà di avere un quadro più chiaro dell’economia cinese per provare a comprendere meglio la portata della nuova legge cinese sul controspionaggio, che promette di dare filo da torcere alle società straniere.
Disaccordi e interessi
Ma monostante questa volta Biden abbia deciso di mandare a Pechino il “poliziotto buono”, le aspettative generali sui legami bilaterali tra i due paesi restano molto basse per sperare che la visita del segretario del Tesoro riesca a sciogliere i tanti nodi sul tavolo delle trattative. L’ostilità tra Pechino e Washington è ai massimi livelli: la Casa Bianca ha già dato una stretta all’export di chip ed altro materiale hi-tech in Cina e sta preparando un ordine esecutivo per tagliare gli investimenti Usa nei settori tecnologici cinesi, percepiti sempre più come rischio per la sicurezza nazionale. Preoccupazione, quest’ultima, condivisa dalla stessa Yellen che ha chiesto alle imprese americane di diversificare le catene di fornitura fuori dalla Cina, coinvolgendo i paesi amici.
Sul versante opposto, Pechino mentre da un lato lancia messaggi di apertura agli investitori stranieri, dall’altro continua ad intensificare le proprie azioni di controllo nei confronti di società americane operanti sul territorio cinese, frenando sulla rinegoziazione del debito dei Paesi poveri.
La questione dei diritti umani delle minoranze nello Xinjiang
Infine, c’è la questione relativa alle violazioni dei diritti umani nei confronti delle minoranze musulmane nello Xinjiang verso i quali Pechino ha intrapreso negli anni delle vere e proprie campagne di “rieducazione” forzata. Dalle dichiarazioni rilasciate sotto anonimato da un alto funzionario del dipartimento del Tesoro, è emerso che durante il suo soggiorno in terra cinese, la Yellen metterà al corrente le autorità cinesi delle crescenti preoccupazioni di Washington sul tema diritti umani, diventato un argomento esiziale in grado di riunire gli Usa e i loro alleati per sanzionare congiuntamente la Cina.
La regione autonoma dello Xinjiang-Uygur è la più grande unità provinciale della Cina e copre un sesto del territorio della Repubblica popolare. Confinante con Mongolia, Russia, Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan, Afghanistan, Pakistan e India, la vasta regione può essere utilizzata da Pechino come base per influenzare i suoi vicini ma anche come testa di ponte da potenze esterne per minacciare, a loro volta, l’integrità territoriale del dragone.
Yellen a Pechino proverà a seguire la strada aperta da Wall Street
Nel complesso, la visita di Yellen dovrebbe, quindi, concentrarsi su tematiche di tipo economico-commerciale, escludendo questioni di carattere prettamente politico e militare come la caldissima situazione di Taiwan.
IL segretario del Tesoro sarà chiamato a consolidare, sul piano delle relazioni politiche, le trame che la grande finanza statunitense ha intrecciato con il governo cinese, quando nei mesi scorsi personaggi del calibro di Jamie Dimon di Jp Morgan, Jane Fraser, ceo di Citigroup, David Solomon di Goldman Sachs, Noel Quinn di Hsbc e Bill Winters di Standard Chartered si sono recati personalmente a Pechino per tendere la mano al presidente cinese. Dietro a questa raffica di roadshow c’era ovviamente la volontà di gran parte della finanza americana di coinvolgere nella loro espansione verso oriente la seconda economia mondiale.
La posta in gioco è dunque molto alta ma per raggiungere una qualsiasi intesa sarà necessario che entrambi i paesi dimostrino una volontà politica comune. La mentalità del “mors tua vita mea” è un gioco a somma zero che alla fine rischia di scontentare entrambi, ma che in questo momento può provocare molti più danni al dragone.
Infatti, tra l’aumento generalizzato del costo del denaro, gli effetti negativi della guerra in Ucraina, primo fra tutti l’inflazione, e uno yuan sempre più debole contro il dollaro, Pechino non può permettersi di ignorare il potenziale economico di Washington. Xi Jinping sa perfettamente che la Cina non sta attraversando il suo momento migliore e a dimostrazione del fatto che non intende sottovalutare l’incontro con Yellen, ha già nominato un nuovo segretario del Partito Comunista alla guida della banca centrale del Paese, Pan Gongsheng, un importante tecnocrate che ha supervisionato la politica valutaria cinese dal 2016 come direttore dell’Amministrazione statale dei cambi.
Tommaso Di Caprio