Centoquarantasei anni fa Valentin Louis Georges Eugène Marcel Proust nasceva a Parigi, nel 1871, ivi morto nel 1922. Scrittore, saggista e critico letterario. La sua opera più importante è il romanzo “Alla ricerca del tempo perduto”, di oltre tremila pagine suddivise in sette volumi, scritto tra il 1909 e il 1922, fino alla sua morte.
Marcel Proust il romanziere francese, esordì su alcune riviste legate al movimento simbolista. L’importanza di questo autore, considerato uno dei maggiori scrittori della letteratura universale di tutti i tempi, è legata alla potenza espressiva della sua originale scrittura. Alle minuziose descrizioni dei processi interiori legati al ricordo e al sentimento umano. La Recherche infatti è un viaggio nel tempo e nella memoria che si snoda tra vizi e virtù.
Il nome di Marcel Proust è legato primariamente alla composizione di una grande cattedrale narrativa che sconvolge la cultura dei primi decenni del Novecento. Un romanzo dalla vocazione enciclopedica che, eredita dal Balzac della Comédie humaine, la capacità di descrivere tutta una società parigina. Dagli anni Settanta dell’Ottocento fino ai clamori della Grande Guerra.
Nei suoi desideri, nelle sue pulsioni segrete, nella sua smania di apparire sulla scena del bel mondo: è Alla ricerca del tempo perduto (À la recherche du temps perdu, 1913-1927, in parte postumo). Il grande progetto romanzesco al quale Proust attende fino ai suoi ultimi giorni, in una corsa contro la morte per apporre la parola fine al libro.
Il percorso di un giovane scrittore
Proust nasce in un universo protetto, colto. Figlio di Adrien, prof. universitario di medicina, e di Jeanne Weil, di ricca famiglia ebrea, donna sensibile e colta alla quale restò morbosamente legato. All’eta di nove anni, Marcel ha un primo gravissimo attacco di asma. La malattia che lo tormenterà per tutta la vita, attribuita dai medici a cause psicosomatiche ed aggravata dal diffondersi dei pollini in primavera.
1887-1889 frequentò il liceo Condorcet di Parigi, dove strinse le prime amicizie importanti e collaborò al periodico studentesco Revue lilas. Frequenta poi la facoltà di diritto, l’École libre des sciences politiques e la Sorbona, dove consegue la sua licenza in lettere nel 1895 –. Proust avrà la fortuna di non essere obbligato a lavorare.
La malattia, l’ondata di antisemitismo suscitata da l’affaire Dreyfus aprono una falla in questo mondo. La fragilità del narratore di Alla ricerca del tempo perduto, la sua nervosità e il suo amore per la madre sono dei tratti autobiografici indiscutibili, anche se il lavoro di trasposizione passa da lì.
La giovinezza
Proust, affascinato dal gran mondo come pure dagli artisti (ad ampio spettro: dalla fine del naturalismo alla soglia dell’arte moderna, passando per il simbolismo e la prodigiosa invenzione artistica degli anni 1880-1910), iniziò molto giovane a frequentare gli ambienti raffinati dell’alta borghesia e dell’aristocrazia. Grazie alla posizione sociale ed economica della sua famiglia. Incontrò scrittori in vista, tra i quali probabilmente Paul Valéry e André Gide.
Nel salotto di Madeleine Lemaire, che frequentava insieme all’amico musicista Reynaldo Hahn, conobbe Robert de Montesquiou, di famiglia illustre. Colto ed elegante, notoriamente omosessuale. Montesquiou, al quale già si era ispirato Joris Karl Huysmans per il protagonista del romanzo À rebours (Controcorrente), fornì a Proust molti elementi per il personaggio del barone Charlus nella Recherche.
In questi anni coltivò le sue ambizioni letterarie. Nel 1894 pubblicò I piaceri e i giorni (Les Plaisirs et les Jours). Raccolta di prose poetiche, ritratti e racconti, in cui egli appare uno scrittore promettente.
Il punto di rottura, per Proust, coincide con la morte della madre, nel 1905. Ed è anche l’inizio della leggenda.
In seguito alla perdita della madre per Proust arriva una rottura decisiva: il tempo si dispone ormai secondo un nuovo ordine. una tempo, con lei, e oggi, senza di lei. Al di là del dolore, insormontabile, ciò che si rende possibile con questa scomparsa, è senza dubbio la scrittura «pour de bon». Quella delle confidenze o delle allusioni che permettono di far filtrare o supporre dei costumi inconfessabili per l’epoca.
Ciò che è perduto per sempre è l’unità originale della madre e del figlio, la certezza d’essere amato – e dunque anche quella di potere amare. Alla ricerca del tempo perduto sorge dalla necessità di ricostruire tutte le altre relazioni (con la natura, la società, gli esseri desiderati, le opere d’arte), minacciate da questa separazione definitiva.
S’annuncia allora il ritiro dalla vita sociale. Comincia l’ingresso in una certa leggenda: la camera tappezzata di sughero del boulevard Haussmann. La vita a rovescio (dormire di giorno, scrivere di notte), il testa a testa con l’autista-segretario Agostinelli. In realtà il compagno, la cui partenza, indi la morte, qualche anno più tardi, provocherà in Proust una intensa sofferenza amorosa.
L’uomo alla ricerca del tempo perduto
È difficile riassumere in poche parole uno dei romanzi più importanti del XX secolo, la sua vita si snoda nel periodo compreso tra la repressione della Comune di Parigi e gli anni immediatamente successivi alla prima guerra mondiale. La trasformazione della società francese in quel periodo, con la crisi dell’aristocrazia e l’ascesa della borghesia durante la Terza Repubblica francese, trova nell’opera maggiore di Proust un’approfondita rappresentazione del mondo di allora. L’importanza di questo scrittore è tuttavia legata alla potenza espressiva della sua originale scrittura.
L’opera più importante di Marcel Proust è:“À la recherche du temps perdu”. Scritta tra il 1909 e il 1922, pubblicata in sette volumi tra il 1913 e il 1927. Si colloca tra i massimi capolavori della letteratura universale per vari motivi ma, soprattutto, per l’ambizione letteraria e filosofica che l’autore ripose in quest’opera. L’obiettivo era infatti quello di intuire di cosa il tempo è composto per cercare di fuggire il suo corso. In essa è racchiusa tutta l’evoluzione del pensiero dell’artista.
Ogni lettore, quando legge, legge se stesso. L’opera dello scrittore è soltanto una specie di strumento ottico che egli offre al lettore per permettergli di discernere quello che, senza libro, non avrebbe forse visto in se stesso.
(Marcel Proust, da Il tempo ritrovato)
Felicia Bruscino