I Proud boys usano i suoi kilt come uniforme: l’azienda lgbt li ritira dal mercato

Proud Boys

É usanza dei gruppi estremisti in America scegliere dei capi di vestiario da utilizzare come uniforme per risultare immediatamente riconoscibili agli occhi esterni.

Così sono soliti fare anche i Proud Boys, gruppo di estrema destra divenuto particolarmente noto negli ultimi tempi per il supporto che i suoi membri hanno ripetutamente espresso e dimostrato nei confronti del Presidente uscente Donald Trump.



In occasione di una manifestazione di protesta contro i più volte smentiti brogli elettorali a sfavore di Trump, però, i membri dell’organizzazione di estrema destra hanno fatto una scelta “stilistica” che ha finito per ritorcersi loro contro.

Durante la marcia, infatti, i Proud Boys sono stati visti indossare kilt gialli e neri che, si è poi scoperto, erano stati prodotti da un’azienda LGBT friendly, con sede nello Stato della Virginia.

Il team di Verillas – questo è il nome del marchio – una volta scoperto l’accaduto attraverso le foto che sono state diffuse dai diversi media, ha preso immediatamente le distanze dal gruppo estremista dei Proud Boys e, soprattutto, dalle sue posizioni politiche.

Attraverso il profilo Twitter del brand, i suoi portavoce hanno fatto sapere di aver ritirato dal commercio il kilt utilizzato come uniforme dai Proud Boys e di aver devoluto una somma superiore al ricavato della sua vendita alla Naacp, l'”Association for the advancement of colored people”.

Nel fare questo annuncio l’azienda si è detta “disgustata nel vedere membri dei Proud Boys, un’associazione terroristica, indossare i loro prodotti”.

La definizione del gruppo neonazista come “associazione terroristica” non è arbitraria e motiva adeguatamente la portata della reazione dell’azienda.

I Proud boys sono stati fondati nel 2016 da Gavin McInnes che negli anni ha preso le distanze dalla sua stessa creazione.

Il gruppo, dichiaratamente di estrema destra e islamofobo, ammette la partecipazione di soli uomini ed è conosciuto in America per i suoi atteggiamenti violenti e la sua retorica aggressiva, opposta nei contenuti a quella del gruppo di sinistra “Antifa”.

I suoi membri hanno spesso cercato lo scontro con i manifestanti del movimento “Black lives matter” e si sono attestati ripetutamente su posizioni omofobe e su visioni retrograde riguardanti il ruolo delle donne nella società e il rapporto che deve intercorrere tra individui di genere maschile e femminile.

A fronte di tutto questo può essere forse più chiara la reazione dell’azienda produttrice dei kilt che i membri di tale organizzazione avevano scelto come uniforme. Le idee dei Proud Boys, infatti, non potrebbero essere più lontane dalla visione del mondo che sta dietro al marchio Verillas.

Il suo fondatore, Allister Greenbrier, è un imprenditore bisessuale di origini scozzesi. Intervistato dalla BBC ha detto di essere rimasto sgomento dall’accaduto e ha chiarito che, al momento dell’acquisto, i membri del gruppo di estrema destra avevano dichiarato di far parte di una band metal.

Superato il primo momento di rabbia Greenbrier ha scelto di fare qualcosa per bilanciare l’accaduto. In aggiunta al gesto della donazione in favore della Naacp, l’azienda ha deciso di modificare i kilt e di permettere, a chi li avesse acquistati in passato, di richiedere un reso gratuito.

Questa vicenda può apparire, e sicuramente è, marginale, soprattutto alla luce di quanto accaduto a Capitol Hill una settimana fa. In realtà, però, dimostra quanto sia importante prendere posizione, sempre, contro la violenza, e in che modo sia possibile, attraverso piccole azioni e scelte personali, impedire che certi gruppi e le idee che veicolano vengano pian piano normalizzati e percepiti come compatibili con il normale dibattito interno alle società.

C’è un’affermazione, pronunciata da Allister Greenbrier, che più di tutte spiega le scelte fatte dall’azienda che lui guida:

We want to turn hate into love.

Volevamo trasformare l’odio in amore. Verrebbe da dire che ci siano riusciti destinando i soldi ricevuti da un’organizzazione che diffonde odio e violenza al finanziamento di un’associazione che promuove l’integrazione delle persone di colore statunitensi.

Silvia Andreozzi

 

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