A pochi giorni dalla vittoria delle elezioni politiche di Fratelli D’Italia in più di 50 piazze italiane numerosi attivisti hanno manifestato a gran voce per rivendicare il diritto a un aborto libero, spinti dalle proposte del partito in Liguria.
Nella Giornata mondiale per l’aborto sicuro, istituita il 28 settembre del 2011, milioni di donne e di uomini in tutto il mondo sono scesi in piazza per rivendicare il diritto a un aborto «libero, sicuro e gratuito». La storia di questa giornata d’azione affonda le sue radici in America Latina dove nei primi anni ’90 hanno avuto luogo importanti lotte contro la depenalizzazione delle interruzioni di gravidanza. Da allora, in questo giorno, ogni anno milioni di persone manifestano per rivendicare i propri diritti e per denunciare le pressioni politiche e sociali che si celano dietro l’idea di aborto libero.
Sin dall’istituzione della Giornata mondiale in Italia i gruppi di attivismo femminista “Non una di meno” hanno denunciato i limiti della Legge 194: la legge che dal 1978 dovrebbe garantire a ogni donna i mezzi per interrompere volontariamente uno stato di gravidanza.
Gli attivisti in particolare hanno evidenziato i numerosi ostacoli riscontrabili soprattutto a livello strutturale. Secondo i dati riportati da ANSA, in Italia, sette ginecologi su dieci sono obiettori di coscienza e i consultori stanno diventando sempre meno accessibili; la grave crisi dovuta all’assenza di strutture e medici ha portato il collettivo di “Non una di meno” a mettere in seria discussione la reale applicazione della legge.
Se già i dati prima del 2022 mostravano un continuo aumento delle difficoltà relative all’aborto in Italia, la vittoria nelle recenti elezioni politiche di Fratelli D’Italia mette ulteriormente in discussione la reale applicazione della legge.
I silenzi e le proposte di Fratelli D’Italia
Giorgia Meloni, leader del partito, ha sempre sostenuto di non aver intenzione di mettere mano sulla legge 194, ma di voler garantire a tutte le donne «il diritto di non abortire»: dunque non ostacolare l’aborto, ma fornire aiuti statali per favorire scelte diverse e aggiungere nuovi diritti.
Eppure proprio in concomitanza con le proteste che si sono accese per il timore delle posizioni in merito ai diritti civili del nuovo governo, dalla Liguria arrivano notizie che sembrano contraddire l’intenzione sostenuta da Giorgia Meloni durante la campagna elettorale.
Nel corso di un Consiglio regionale in Liguria il 27 settembre il partito di Fratelli D’Italia si è astenuto dalla votazione di un ordine del giorno finalizzato a garantire il pieno diritto di interruzione di gravidanza. Roberto Arboscello, del Pd, ha denunciato le disparità territoriali e la carenza di strutture adibite alle interruzioni di gravidanza.
Il testo è stato approvato da 21 consiglieri, con i voti di Pd, di Lista Sansa, di Lista Toti, di Lega, di M5S e di Forza Italia. Il silenzio dei consiglieri del partito di Fratelli D’Italia ha preoccupato gli attivisti che vedono questa decisione come un primo passo verso la crisi dei loro diritti e che mostra il fronte del centro destra diviso su un tema tanto significativo.
La nuova proposta di legge depositata in data 28 settembre ancora in Liguria , ha acuito i dubbi sulle prossime mosse del nuovo governo relative all’aborto. Due degli stessi consiglieri finiti al centro della bufera per il loro silenzio durante il consiglio regionale, Sauro Mannucci e Veronica Russo con il capogruppo regionale Stefano Balleari hanno proposto l’allestimento di sportelli per i volontari di “Pro vita” in ogni struttura ospedaliera adibita all’interruzione di gravidanza nella regione.
Ecco perché il 28 settembre, un giorno dopo quel silenzio tanto significativo, gli attivisti di “Non una di meno” hanno manifestato, alzando più che mai la voce, davanti ai primi passi del nuovo governo che sembrano non voler integrare la legge sull’aborto, ma ledere quei diritti faticosamente raggiunti con anni di lotte politiche e ideologiche.
Ludovica Amico