Proteste nei Paesi Bassi: sorveglianza illegale e poteri incontrollati

Proteste nei Paesi Bassi

La libertà di manifestare e protestare pubblicamente è un diritto umano inviolabile. Ma sono sempre di più, in Europa e nel mondo, i governi che cercano illegalmente di limitarlo.
Tra questi, quello dei Paesi Bassi.

A seguito di una lunga indagine condotta tra settembre 2020 e novembre 2022, Amnesty International ha pubblicato un rapporto dal titolo: “Poteri incontrollati: i controlli d’identità e la raccolta dei dati nei confronti dei manifestanti pacifici” sui metodi illegali utilizzati dal governo dei Paesi Bassi per reprimere le proteste.

I ricercatori hanno documentato un modello di azioni intimidatorie da parte della polizia che, secondo il direttore di Amnesty nei Paesi Bassi, Dagmar Oudshoorn, sta avendo un effetto raggelante sul diritto alla libertà di manifestare pacificamente.

L’ampia discrezionalità con cui gli agenti decidono chi fermare e controllare durante le proteste ha creato il grande rischio che usino tale potere in modo arbitrario e discriminatorio, anche attraverso la profilazione etnica, scoraggiando così le persone dallo scendere in strada

Tra i metodi denunciati per scoraggiare i manifestanti, ci sono: accertamenti illegali d’identità, monitoraggio delle attività sui social media, uso dei droni durante le proteste, infiltrazione nelle app dei gruppi e ispezioni nelle abitazioni senza preavviso.
Il tutto avviene, inoltre, in assenza di una supervisione sui metodi di sorveglianza delle forze dell’ordine, dotate di ampi e vagamente definiti poteri discrezionali.

Invece di monitorare segretamente i manifestanti pacifici, le forze di polizia dovrebbero facilitare lo svolgimento delle proteste. Chiediamo alle autorità di prendere iniziative per porre fine al monitoraggio illegale dei manifestanti pacifici

Proteste nei Paesi Bassi: è legale richiedere un documento?

Durante la manifestazioni, in determinate circostanze, è consentito che le forze dell’ordine interferiscano con il diritto alla privacy dei manifestanti richiedendo loro un documento.
Tali controlli devono rendersi necessari, avere uno scopo legittimo, e soddisfare dei criteri rigorosi. In particolare, il controllo dei documenti può rendersi necessario nei casi in cui qualcuno utilizzi, o minacci di utilizzare, violenza contro i manifestanti pacifici; oppure quando la polizia possa provare che siano previste attività illecite.

Tuttavia, secondo quanto osservato nei Paesi Bassi, la polizia si spinge spesso oltre i limiti previsti.

A un certo punto, sette o nove agenti di polizia ci hanno circondato, anche se eravamo solo in quattro.
Ci hanno detto che stavamo facendo qualcosa che non era permesso, quindi hanno voluto vedere i nostri documenti. Abbiamo pensato: non stiamo infrangendo nessuna regola, quindi non dovreste chiederci i documenti.
Hanno perquisito le persone che non volevano mostrare i loro documenti. È stato davvero spiacevole, intimidatorio e frustrante

Il governo olandese, in sostegno alle forze dell’ordine, afferma che i controlli degli agenti sarebbero necessari per proteggere il pubblico e i manifestanti pacifici. Inoltre, sarebbe legittimo interferire con il diritto alla privacy per prevenire atti illegali.

In realtà, secondo le disposizioni della Corte Europea dei Diritti Umani, sono almeno tre i punti che delegittimano le azioni degli agenti di polizia olandesi.

Proteste nei Paesi Bassi: i database illegali della polizia

Nei Paesi Bassi, quando un agente decide di controllare il documento d’identità di un manifestante, scansiona il documento con un’applicazione smartphone, la quale permette di consultare 14 diversi database.




Tutti i dati riguardanti l’individuo vengono raccolti, tra cui: nome, data e luogo di nascita, residenza, registrazioni di polizia, e persino il numero di volte in cui quel manifestante è stato controllato in precedenza.

In quasi tutte le proteste o azioni che organizzo, devo discutere il motivo per cui la polizia mi chiede i documenti. Sono lì per protestare, non per discutere con la polizia.
Inoltre, ogni controllo viene registrato dalla polizia. Questo non mi sembra corretto perché non è non è chiaro cosa succede a quei dati

Le informazioni vengono raccolte in banche dati, senza che gli individui ne siano consapevoli e senza motivi specifici.
Le informazioni raccolte possono anche essere ampliate con dati ricavati dai registri comunali, riguardanti i familiari dei manifestanti e il loro attuale indirizzo di residenza. In alcuni casi, la polizia ha utilizzato tali informazioni per presentarsi alla porta di casa dei manifestanti.

Nel gennaio 2022, io e una decina di altre persone abbiamo organizzato una protesta. La polizia ha controllato i nostri documenti. A marzo, due agenti di polizia si sono presentati alla mia porta quattro volte in una settimana.
Settimane dopo, ho chiamato l’agente di polizia locale perché volevo ancora sapere il motivo di quelle visite. Lui mi raccontò una storia vaga sul fatto che volevano “fare chiarezza” a causa del mio controllo dei documenti a gennaio

Con il sostegno di Amnesty International, alcuni dei cittadini coinvolti hanno ottenuto il permesso di accedere a parte dei dati raccolti su di loro.

Quello che mi ha colpito di più è soprattutto il tono con cui il registro si riferiva a me. Commentando la nostra protesta, un ufficiale ha detto, tra le altre cose: “discriminano anche noi bianchi”

Naturalmente, tale trattamento sproporzionato ed eccessivo dei dati personali dei manifestanti non è consentito dalla legge olandese.
Tantomeno lo consente la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, che riconosce la fondamentale importanza per una società della protezione dei dati personali.

Nonostante ciò, la polizia si appella al suo compito di assicurare l’effettiva applicazione delle legge e l’assistenza a chi ne ha bisogno. Utilizzando, in diversi casi, persino droni, bodycam, auto con telecamere, o fotocamere dei telefoni cellulari.

Il diritto di protesta nel mondo

Questo rapporto è stato pubblicato nell’ambito della campagna di Amnesty InternationalProtect the Protest“, che ha documentato i sempre più frequenti attacchi alle proteste pacifiche.

Agnès Callamard, Segretaria Generale di Amnesty International, ha commentato con preoccupazione la situazione generale che l’organizzazione ha osservato nei vari Paesi del mondo.

Negli ultimi anni abbiamo assistito ad alcune delle più grandi mobilitazioni di protesta degli ultimi decenni.

 

Black Lives Matter, MeToo e i movimenti per il cambiamento climatico hanno ispirato milioni di persone in tutto il mondo a scendere in piazza e online per chiedere giustizia razziale e climatica, equità e mezzi di sussistenza e la fine della violenza e della discriminazione di genere.
Altrove, migliaia di persone si sono sollevate contro la violenza e le uccisioni della polizia, la repressione e l’oppressione dello Stato.

 

Quasi senza eccezioni, questa ondata di proteste di massa è stata accolta con risposte ostruttive, repressive e spesso violente da parte delle autorità statali. Invece di facilitare il diritto di protestare, i governi stanno facendo di tutto per annullarlo

Dalla Russia allo Sri Lanka, dalla Francia al Regno Unito, dall’Iran al Nicaragua, le misure per sopprimere il dissenso sono sempre più numerose e sempre più intense. Uso improprio della forza, sorveglianza, chiusure di Internet e censura online, abuso della legge e stigmatizzazione.

Ma, come prosegue Callamard, è necessario invertire la rotta.

È tempo di alzarsi e ricordare ad alta voce a coloro che sono al potere il nostro diritto inalienabile di protestare, di esprimere rimostranze e di chiedere il cambiamento liberamente, collettivamente e pubblicamente

Giulia Calvani

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