Kenya a ferro e fuoco in seguito alle incessanti proteste guidate dalla Gen Z, contro il governo che risponde con una violenta repressione. Centinaia tra feriti, morti e dispersi
Le proteste in Kenya, iniziate ormai circa tre settimane fa, precisamente il 18 giugno, non sembrano volersi placare.
Il tutto è iniziato con alcuni post sui social network di kenioti infuriati dalla nuova proposta di legge finanziaria: un aumento per quasi 2,7 miliardi di dollari di tasse.
La rabbia nata online si è poi spostata nella realtà offline, creando un movimento nazionale contro la corruzione e il malgoverno guidato principalmente da giovani della Generazione Z.
Oltre a chiedere il ritiro della proposta di legge, i manifestanti pretendono migliori condizioni di vita e una maggiore partecipazione alla vita politica del Paese. Il licenziamento dei funzionari politici corrotti, e una nuova e più giusta gestione delle risorse finanziarie.
Il movimento, fino all’ultima settimana di giugno, ha portato avanti le proprie richieste in modo pacifico.
Finchè un gruppo della protesta non ha deciso di assalire il Parlamento provocando un incendio, scatenando così la reazione violenta della polizia.
Con i primi casi di manifestanti morti durante le proteste in Kenya, gravemente feriti o persino rapiti, la rabbia del movimento è cresciuta fino a chiedere che il Presidente, William Ruto, si dimetta definitivamente.
Dai social al Parlamento: la Gen Z guida le proteste in Kenya
Dopo la proposta di un vertiginoso aumento delle tasse, all’interno del disegno di legge finanziaria 2024, molti kenioti hanno riversato il loro dissenso online, tramite l’hashtag: #RejectFinanceBill2024
Il disegno di legge proposto da Ruto aveva come obiettivo quello di tagliare i deficit con i creditori, tra cui FMI (Fondo Monetario Internazionale), fondamentali per sostenere una serie di riforme politiche in Kenya.
L’aumento delle tasse proposto, tuttavia, ha scatenato la rabbia della popolazione keniota, già segnata da una forte impennata dei prezzi che rende faticoso pagare le tasse.
In più, il Kenya è un Paese nel quale la disparità di classe e di ricchezza tra i politici e la gente comune è incolmabile.
A intercettare il malcontento online è stata la Gen Z, che è subito scesa in piazza pacificamente per una settimana.
Di fronte a questa iniziativa, il Presidente William Ruto ha risposto con positività, dicendosi “orgoglioso dei giovani che sono usciti per esercitare il loro dovere democratico“, e dichiarando che gli avrebbe dato ascolto.
A quel punto, non vedendo alcuna risposta da parte del governo, il movimento si è riorganizzato.
Ha quindi dato inizio a una protesta denominata: “7 giorni di rabbia“, annunciando scioperi e persino l’occupazione del Parlamento a Nairobi.
Martedì 25 giugno, i manifestanti si sono quindi riuniti nella capitale, invitando tutti i cittadini a scioperare con un poster:
La Gen Z sta concedendo a tutti i kenioti laboriosi un giorno libero
Da quel momento, le proteste in Kenya hanno iniziato a infiammare il Paese.
L’incendio al Parlamento e la violenza della polizia: il Kenya in bilico
Mentre migliaia di cittadini si radunavano a Nairobi per chiedere che i legislatori votassero contro l’aumento delle tasse, altri manifestanti hanno fatto irruzione nel Parlamento causando un incendio.
A quel punto, la polizia ha cominciato a disperdere la folla con violenza, tramite l’uso di proiettili veri, proiettili di metallo rivestiti di gomma, gas lacrimogeni e cannoni ad acqua.
Inoltre, secondo il presidente della Kenya Law Society, Faith Odhiambo, 50 keniani, tra cui il suo assistente personale, sono scomparsi dopo essere stati portati via da alcuni agenti di polizia.
Odhiambo ha anche riferito di casi di esecuzioni extragiudiziali e torture.
Anche i manifestanti hanno segnalato online la scomparsa di alcuni partecipanti. Tra questi, un giovane che è stato filmato mentre viene caricato con la forza su un SUV.
In seguito, la Commissione per i diritti umani del Kenya si è rivolta direttamente al governo e al Presidente Ruto, pubblicando un video che riprende le forze dell’ordine sparare ai manifestanti.
Il mondo sta guardando la tua discesa nella tirannia! Le azioni del suo regime sono un assalto alla democrazia. Tutti coloro che sono coinvolti nella sparatoria, attivamente o passivamente, devono essere chiamati a risponderne
L’utilizzo della rete e dei social media, essenziale per il movimento, potrebbe però essere molto rischioso.
Così avvertono 27 organizzazioni – tra cui Amnesty International e Kenya Law Society – che, tramite un comunicato, hanno espresso timore per un possibile blocco di internet e dei media. Il quale metterebbe a rischio i diritti dei cittadini e le loro stesse vite.
Internet e i mass media sono fondamentali per il godimento del diritto del pubblico di essere informato […] Chiudere o limitare Internet, vietare gli hashtag o vietare ai mass media di fare cronaca in diretta sarebbe una grave violazione dei diritti umani fondamentali. Comprometterà i legittimi diritti delle persone di organizzarsi, manifestare e partecipare ai processi decisionali.
[…]
L’interruzione della comunicazione di massa aumenterà anche l’incertezza nazionale, taglierà fuori il pubblico e le autorità da aggiornamenti affidabili e soffocherà il tempestivo dispiegamento di servizi medici di emergenza e il rintraccio delle persone scomparse
Tra martedì 25 giugno e giovedì, un adolescente ha perso la vita e oltre 200 manifestanti sono rimasti feriti.
Dopo il funerale del giovane, al quale hanno partecipato in centinaia, le proteste in Kenya sono proseguite per giorni. Il numero dei morti è salito a 39, e i feriti sono ormai più di 300. Inoltre, sono più di 30 i kenioti che risultano scomparsi.
Proteste in Kenya, i manifestanti gridano: “Ruto si dimetta”
Anche se, di fronte alle crescenti tensioni, il Presidente Ruto ha ritirato la proposta di legge per l’aumento delle tasse, allo stesso tempo ha dichiarato di dover respingere anche un’altra proposta, ossia quella di aumentare gli stipendi dei cittadini.
Le manifestazioni non hanno accennato a fermarsi.
La rabbia del movimento è stata alimentata dalle numerose morti e dalla repressione violenta e sproporzionata della polizia, che ha spinto i cittadini a chiedere le dimissioni immediate del Presidente.
La gente muore per strada e l’unica cosa di cui può parlare sono i soldi. Non siamo denaro. Siamo persone. Siamo esseri umani.
Ha il dovere di prendersi cura della sua gente, e se non può farlo, allora non abbiamo bisogno di lui su quella sedia
Secondo la scrittrice e attivista keniota Nanjala Nyabola, finchè i manifestanti non vedranno risposte da parte del governo, non si fermeranno.
Ma non è chiaro se la loro intenzione sia formalizzare una struttura di rappresentanti nazionali, o rimanere un gruppo di attivisti non ufficiale.
Per quanto riguarda la violenta repressione delle forze dell’ordine, l’Alta Corte del Kenya si è pronunciata a favore di una petizione che chiede di vietare l’uso di armi potenzialmente letali da parte della polizia contro i manifestanti, oltre che di pratiche come uccisioni extragiudiziali, rapimenti e torture.
Ma il governo non condanna le azioni della polizia, additando criminali che avrebbero dirottato le manifestazioni.
Nel frattempo, le autorità hanno fatto appello alla pace e al dialogo.
È un bel giorno per scegliere il patriottismo. Un bel giorno per scegliere la pace, l’ordine e la santità della nostra nazione.
La violenza non è patriottismo
Secondo fonti interne, non c’è alcuna indicazione che Ruto voglia ascoltare le richieste dei manifestanti.
Giulia Calvani