Proteste in Iran: il bacio di Shiraz e l’inviolabilità dei simboli

bacio di shiraz

Il bacio di Shiraz tra due giovani iraniani in mezzo al traffico è diventato simbolo delle proteste in Iran.

Il giornalista Siavash Ardalan ha postato su twitter lo scatto che immortala il bacio di Shiraz, descrivendolo come “un modo per celebrare la vita, nel bel mezzo di una rivolta micidiale contro il potere dei mullah“. Il gesto dei giovani è rivoluzionario nella sua semplicità, in quanto viola consapevolmente sia l’obbligo di indossare il velo, sia il divieto di baciarsi in pubblico, azione considerata immorale.

Una rivoluzione all’insegna del simbolismo: dal taglio della ciocca di capelli al bacio di Shiraz

Il bacio di Shiraz è diventato simbolo delle rivolte, ma non l’unico. Oltre due mesi fa il primo gesto denso di simbolismo è stato il taglio della ciocca di capelli, in segno di protesta per la morte della giovanissima Mahsa Amini. Successivamente, nelle precedenti settimane, ha iniziato a diffondersi una nuova forma di opposizione consistente nel togliere il turbante dalla testa dei mullah, gettandolo a terra. Nell’ultimo mese molteplici video hanno ripreso questo gesto di dissenso, riempiendo i social.

Sin dal taglio della prima ciocca, le rivolte contro lo spietato regime dei mullah hanno trovato un’arma capace di farsi strada tra il sangue della repressione: il simbolo. Come le idee, il simbolo non si può sopprimere con le leggi e con gli eserciti, resiste, fiero e inviolabile, in chi lo rievoca, avanza tra le viscere del dissenso e diventa un presidio che trasmette alla rabbia il giusto coraggio.

Gli elementi in comune dei tanti gesti simbolici

Il simbolo da sempre è uno strumento per veicolare qualcos’altro, ad esempio un significato specifico o un messaggio generico. Dunque, cosa vogliono veicolare i manifestanti attraverso i loro gesti? Quella che è stata definita “la rivoluzione dei giovani”, per la mobilitazione di migliaia di studenti e per le univeristà utilizzate come avamposti di resistenza, è in realtà la rivolta delle coscienze che, risvegliate, gradualmente assumono consistenza in nuovi corpi e nuove forme. Il bacio di Shiraz, assieme agli altri gesti, restituisce uno sguardo nuovo e inedito sulle rivolte dell’Iran, testimoniando come anche la legge e la morale non siano immuni all’incedere dei secoli. Quel gesto d’amore impertinente è una pietra silenziosa scagliata contro le mura del regime che, calpestando la sua proibizione, manifesta una voglia di rinnovamento, racchiusa tra labbra e sospiri, che tira via il velo di tepore che per anni ha addormentato le coscienze di un intero popolo.

Shiraz: la città dei poeti

Come il giornalista Siavash Ardalan ha ricordato nella didascalia della foto, Shiraz ha dato i natali a due importantissimi poeti persiani: Saʿdi e Hafez. La poetica di queste menti eccelse, che da sempre è il segno di riconoscimento di quella terra dell’Iran meridionale, regala a quel bacio una veste ancora più autorevole, trasportandolo in una dimensione nuova che va oltre il simbolico, perdendosi tra la grazia e il sublime dei loro versi. È la saggezza dell’antico che si serve della freschezza di un amore giovane, per sovvertire regole che erano desuete ancor prima di entrare in vigore.

Così, una protesta simbolica trova in quella terra di poeti degli illustri alleati, fornendo un’inconfutabile prova dell’immortalità della poesia. Hafez scriveva:

Ero perso con lo sguardo verso il mare
Ero perso con lo sguardo nell’orizzonte,
tutto e tutto appariva come uguale;
poi ho scoperto una rosa in un angolo di mondo,
ho scoperto i suoi colori e la sua disperazione
di essere imprigionata fra le spine
non l’ho colta ma l’ho protetta con le mie mani,
non l’ho colta ma con lei ho condiviso il profumo e tutte le spine.

Il bacio di Shiraz, con tutto il suo simbolismo, è esattamente come la rosa di Hafez che non va colta, ma protetta, affinché il suo profumo e la sua disperazione resistano nella coscienza collettiva, continuando a vibrare fino a quando i tempi non saranno maturi perché il regime ceda sotto il suo stesso peso. Quando le coscienze tornano a vivere non possono più morire e, anche se a perire dovesse essere il corpo che le abita, non si estinguono, ma restano inviolate nei simboli, nel dolore e nel sangue di chi le ha preservate senza coglierle, continuando a resistere con forza tra i silenzi di una rivoluzione sotterranea ed inarrestabile.

Raffaele Maria De Bellis

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