Una nuova proposta di legge in Iraq mira a ridurre l’età del consenso a 9 anni

proposta di legge in Iraq

Una nuova proposta di legge in Iraq minaccia di abbassare drasticamente l’età legale per il matrimonio, passando dall’attuale limite di 18 anni a soli 9 anni. Questa modifica, qualora venisse approvata, consentirebbe agli uomini adulti di contrarre matrimonio con bambine, aprendo scenari drammatici per la condizione femminile nel Paese e aggravando la già complessa situazione dei diritti umani. La proposta è promossa dai partiti sciiti conservatori che detengono una posizione di predominio nella scena politica irachena e potrebbe comportare una serie di restrizioni ulteriori, colpendo diritti fondamentali come il divorzio, la custodia dei figli e l’eredità.

Un contesto sociale e politico sfavorevole ai diritti delle donne

Da anni, la condizione delle donne in Iraq è oggetto di attenzione internazionale per l’impatto delle restrizioni che hanno progressivamente ridotto le loro libertà. I partiti sciiti conservatori hanno portato avanti, soprattutto negli ultimi anni, una serie di iniziative legislative mirate a limitare l’autonomia delle donne e dei minori nel Paese. Questo clima politico rappresenta un’ulteriore evoluzione negativa per un Iraq già fragile, che da decenni lotta con conflitti interni e pressioni esterne, compromettendo il cammino verso una società più egualitaria. Con la proposta di abbassare l’età del consenso e introdurre divieti al divorzio e altre restrizioni sui diritti familiari, sembra che l’Iraq si stia muovendo verso un ritorno a leggi più repressive per le donne.

La legislazione vigente attualmente stabilisce a 18 anni l’età minima per contrarre matrimonio, garantendo ai giovani la possibilità di maturare prima di compiere scelte definitive, una norma fondamentale per i diritti dei minori che riflette un principio di protezione dell’infanzia universalmente riconosciuto. Tuttavia, questa nuova proposta minaccia di sovvertire tali protezioni, riportando indietro di decenni l’orologio dei diritti civili nel Paese.

Conseguenze gravi per le bambine: l’impatto fisico e psicologico

La prospettiva di abbassare l’età del consenso a soli 9 anni suscita un profondo allarme sia tra i difensori dei diritti umani, sia tra le organizzazioni internazionali, che temono per le implicazioni dirette sulla salute e il benessere delle bambine. In primis, vi sono significative preoccupazioni di carattere fisico, poiché le bambine, non avendo completato il loro sviluppo fisico e psicologico, rischiano gravi conseguenze mediche e traumi che potrebbero accompagnarle per tutta la vita.

Il matrimonio precoce, infatti, è associato a gravi rischi per la salute materna e infantile. Le bambine che vengono costrette al matrimonio e successivamente alla gravidanza in giovane età affrontano tassi elevati di mortalità e complicanze, spesso permanenti. Queste unioni non consensuali privano inoltre le giovani della possibilità di proseguire gli studi e costruire un futuro autonomo, relegandole a una condizione di subordinazione domestica ed economica.

Dal punto di vista psicologico, l’impatto di un matrimonio imposto a un’età così precoce può essere devastante. L’imposizione di responsabilità adulte su individui psicologicamente immaturi genera, infatti, stress cronico, ansia e depressione, complicando ulteriormente il processo di crescita e il benessere delle bambine.

Un attacco ai diritti civili e familiari

Oltre all’abbassamento dell’età legale per il matrimonio, la proposta di legge contiene altri elementi preoccupanti: prevede di limitare o eliminare il diritto al divorzio e di ridurre drasticamente le possibilità di mantenere la custodia dei figli, oltre a restringere l’accesso all’eredità per le donne. Queste modifiche rappresentano un pesante attacco ai diritti civili fondamentali, minando l’autonomia delle donne all’interno della famiglia e della società.


Senza la possibilità di chiedere il divorzio, molte donne verrebbero costrette a rimanere in matrimoni potenzialmente abusivi, senza alcuna possibilità legale di uscirne. Tale vincolo crea una forma di dipendenza obbligata dal marito, negando alle donne il diritto alla libertà personale e all’autodeterminazione. La limitazione dell’accesso alla custodia dei figli, poi, va ad aggiungersi al quadro già restrittivo, privando le madri della possibilità di crescere e proteggere i propri figli.

Reazioni internazionali e la posizione della comunità locale

La proposta ha suscitato una forte indignazione a livello internazionale, con numerose organizzazioni umanitarie e gruppi per i diritti umani che condannano fermamente questa iniziativa. La comunità internazionale, inclusi i principali enti delle Nazioni Unite e le organizzazioni per i diritti dei minori, ha espresso una profonda preoccupazione, denunciando un atto che potrebbe normalizzare la violenza contro i minori e istituzionalizzare pratiche dannose.

Anche in Iraq la reazione non è unanime. Diversi gruppi di attivisti locali stanno cercando di opporsi a questa deriva, sollecitando un’azione collettiva per proteggere i diritti dei bambini e delle donne. Tuttavia, la pressione dei gruppi conservatori è intensa e, considerando la loro influenza politica, la resistenza risulta complessa e rischiosa. Anche tra le fazioni sciite moderate esiste una divisione di vedute in merito, poiché molte realtà locali riconoscono i danni che queste misure potrebbero arrecare alla stabilità e al progresso del Paese.

Diritti LGBTQIA+ sotto attacco

Questa proposta è solo una delle molteplici iniziative legislative che negli ultimi anni hanno tentato di indebolire i diritti delle donne e dei gruppi vulnerabili in Iraq, inclusa la comunità LGBTQIA+. Mentre il controllo delle leggi e delle norme sociali si intensifica, anche i diritti delle persone LGBTQIA+ diventano sempre più precari e difficili da difendere. Il rischio di criminalizzazione, esclusione e violenza verso queste comunità è in costante aumento, poiché il governo tende a limitare qualsiasi forma di espressione che non si conformi alla rigida morale conservatrice dominante.

In Iraq, l’identità di genere e l’orientamento sessuale sono ancora tematiche tabù, trattate con una repressione che marginalizza chiunque non rispetti le norme eteronormative e di genere tradizionale. In tale contesto, la nuova proposta di legge sembra voler estendere ulteriormente la morsa sui diritti civili, includendo la comunità LGBTQIA+ come bersaglio di questa repressione legislativa.

Possibili vie d’uscita: la battaglia per i diritti umani e l’impegno della società civile

Di fronte a una tale minaccia, la speranza per un miglioramento della condizione dei diritti umani in Iraq risiede nell’attività della società civile, delle organizzazioni internazionali e di quei cittadini iracheni che credono nella giustizia sociale e nella protezione dei diritti fondamentali. La cooperazione con le organizzazioni per i diritti umani e la pressione internazionale potrebbero giocare un ruolo cruciale per ostacolare l’approvazione della proposta di legge e fermare l’ondata di misure restrittive.

La lotta per i diritti delle donne, dei bambini e delle comunità LGBTQIA+ in Iraq, tuttavia, non può essere vinta senza un impegno concertato e continuativo. Organizzazioni come Amnesty International e Human Rights Watch stanno svolgendo un lavoro essenziale, attirando l’attenzione del mondo sui rischi che tale proposta comporterebbe e sollecitando i governi e le istituzioni internazionali a prendere posizione.

Conclusione

La proposta di legge che mira ad abbassare l’età del consenso e il matrimonio a 9 anni, e a imporre ulteriori restrizioni sui diritti civili delle donne, costituisce un serio passo indietro per i diritti umani in Iraq. Mentre la comunità internazionale e le organizzazioni per i diritti umani cercano di portare alla luce i pericoli di una simile iniziativa, è importante che le autorità irachene ascoltino la voce della popolazione e rispettino gli standard internazionali in materia di diritti umani.

 

Patricia Iori

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