Propaganda vs patrimoniale, Fratoianni: «Infondata la paura del ceto medio»

propaganda vs patrimoniale

Entro il 28 dicembre il governo approverà la legge di Bilancio 2021.  La maggioranza ha dato priorità ai nuovi ristori e ai sussidi per aiutare le categorie più colpite dalle chiusure. Così l’emendamento sulla patrimoniale firmato da Matteo Orfini (Partito democratico) e Nicola Fratoianni (Sinistra Italiana) è stato definitivamente ritirato.

La decisione è il frutto di un compromesso. L’auspicio è arrivare a elaborare una proposta di patrimoniale condivisa da tutta la maggioranza. E’ il risultato inevitabile dei malumori che hanno serpeggiato in questi giorni tra alcune forze politiche che sostengono il governo.

Il deputato di Sinistra Italiana Nicola Fratoianni è scettico sulla possibilità che entro il 2021 l’Esecutivo arrivi a presentare un provvedimento condiviso sulla patrimoniale. «No, non credo perché la compagine di governo è quella che conosciamo», afferma. Oltre alla destra, festeggia lo “scampato pericolo” anche Italia Viva.




Non è la prima volta che in Italia si apre e si chiude in fretta la discussione sulla patrimoniale. Una cosa è certa ogni volta è trattata come  fosse un tabù. Il deputato conferma le resistenze su uno strumento fiscale che mai come oggi «è necessario, anche se da solo non è sufficiente, per reperire risorse utili ad affrontare questa drammatica crisi sociale e sanitaria che stiamo vivendo».

Perché questa nuova discussione sulla patrimoniale?

«Questo è un Paese nel quale la distribuzione della ricchezza soffre uno spaventoso problema di disuguaglianze. In Italia l’un per cento della popolazione detiene il cinque per cento della ricchezza, mentre il dieci per cento possiede il 55 per cento della ricchezza nazionale. È una forbice impressionante che durante la crisi pandemica che stiamo attraversando si è ulteriormente allargata. La disuguaglianza cresce ed è necessario porvi rimedio. Serve introdurre un fattore di controtendenza, è una ragione di giustizia sociale e di buon senso».

«Abbiamo bisogno di trovare risorse per affrontare la pandemia anche con altri strumenti diversi da quelli che abbiamo finora utilizzato. E che nel lungo periodo sappiamo bene che aggravano il debito pubblico italiano. E da questo punto di vista non c’è uno strumento più indicato della patrimoniale che agisce sulla leva fiscale con un fine di redistribuzione della ricchezza».

«A chi obietta che la patrimoniale non è sufficiente – che la nostra proposta non lo è e che più in generale non basta un intervento di carattere patrimoniale – dico che condivido questa posizione, servono anche altri interventi. Pensiamo solo alla riforma del prelievo fiscale sul reddito, un tema questo su cui il governo sta già discutendo. La riforma del Fisco è infatti nell’agenda dell’Esecutivo. Questo però non significa che la patrimoniale non costituisca uno dei pilastri su cui costruire una riorganizzazione complessiva del nostro sistema fiscale, in grado di alleviare il dramma della distribuzione ineguale della ricchezza nel Paese».

Parliamo di riforma fiscale su cui il governo è al lavoro. Possiamo aspettarci una patrimoniale come parte di un progetto più ampio ed equo di riorganizzazione del Fisco?

 «Non posso dire con certezza se a valle di questa riforma fiscale del governo verrà introdotto uno strumento di questo tipo. Quello che posso dire è che io lo ritengo necessario, e che mi batterò in questa direzione».

«Devo dire che da molti anni in Italia la discussione sulla patrimoniale non è stata propriamente laica e concentrata sul merito, perché nel nostro Paese ogni volta che si discute su questo tema sembra che la sola possibilità di nominare la parola ‘patrimoniale’ costituisca una sorta di attentato alla salute pubblica».

«La nostra proposta però vuole semplificare. Opererebbe un “disboscamento” per rimuovere alcune patrimoniali che già esistono e che generano per certi aspetti fonti di iniquità. Abbiamo proposto infatti di eliminare l’Imu (Imposta municipale unica, ndr) sulla seconda casa e quella sui depositi finanziari – la cosiddetta “imposta Monti” – arbitraria, perché vale lo 0,2 sia se hai qualche centinaia di migliaia di euro sia se possiedi qualche centinaia di milioni di euro».

Come spiega questa forte resistenza sulla patrimoniale da parte dell’opinione pubblica?

«Intanto c’è una operazione gigantesca di propaganda. Il giorno dopo la presentazione del nostro emendamento importanti quotidiani della destra hanno titolato “Emendamento per rapinare il ceto medio”.  E poi c’è l’aspetto ideologico. La verità è che c’è una grandissima difficoltà nel far passare il merito di questa proposta, perché la si condivida o meno, non si può sostenere che è stata pensata per colpire il ceto medio».

«Per come è stata elaborata infatti non solo ridurrebbe la pressione fiscale su una parte rilevante della popolazione italiana ma interverrebbe su chi ha di più, e non voglio utilizzare termini come colpire perché non vogliamo essere vendicativi nei confronti dei ‘miliardari’. A loro chiediamo la disponibilità – e credo che sarebbero disposti – a dare qualcosa in più per i bisogni generali del Paese».

«Aggiungo che se il ceto medio italiano fosse composto di sole persone fisiche, perché a loro ci rivolgiamo, tutte proprietarie di patrimoni netti superiori al mezzo milione di euro – e ricordo la franchigia per cui al di sotto dei 500mila euro nulla è dovuto mentre le aliquote scattano dal mezzo milione in su – credo che il Paese avrebbe molti meno problemi di quelli con i quali è costretto a convivere da tanto tempo».

E la politica invece…le stesse resistenze sono semplicemente ideologiche o c’è un problema di “conflitto di interesse”?  Pensiamo alla imposta sulle successioni.

«L’imposta sulle successioni è una questione che andrebbe affrontata. L’Italia è tra i Paesi che ha le aliquote più basse in assoluto. E ciò rappresenta un altro grave elemento di iniquità perché persiste un meccanismo in cui il trasferimento della ricchezza immobilizza in un certo senso il Paese. In qualche caso c’è anche un conflitto di interesse, devo dire che non sono moltissimi, ma pensiamo a Silvio Berlusconi. Ha un patrimonio di 5,3 miliardi di euro netti – questo è almeno il patrimonio stimato che conosciamo in base ai dati disponibili – con la nostra proposta di patrimoniale pagherebbe circa 105 milioni di euro in più all’anno».

«C’è però più in generale, pensiamo alle destre nelle sue varie articolazioni, uno storico condizionamento a tutela dei grandi interessi e delle grandi ricchezze. E questa non è una novità. Mentre per una parte importante del centrosinistra, e lo dico senza presunzione, c’è una sorta di subalternità culturale sulla questione delle tasse rispetto alla destra».

«Ogni volta che in questo Paese parliamo di tasse, una parte del mondo politico risponde subito che vanno ridotte. Sono d’accordo. Ma per favorire gli italiani e le italiane che ne pagano troppe. Perché ciò accada sarebbe necessario alzare un po’ la leva fiscale (…)»

«Questo è un discorso che fa parte della discussione politica di un Paese dove da troppo tempo la propaganda scavalca il contenuto e il merito. E questo non è mai un bene, perché non aiuta ad arrivare al cuore dei problemi e a offrire delle soluzioni. Una realtà con la quale dobbiamo confrontarci ogni giorno».

In tanti si chiedono però come il governo impiegherebbe le risorse ottenute con la patrimoniale. Con la pandemia e gli occhi dell’Europa puntati addosso, l’Italia ancora  una volta sta arrancando e rischia di sciupare la grande occasione del Next Generation Eu.

Chiara Colangelo 

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