Non solo strutture di integrazione statali: grazie al progetto Vesta a Bologna singoli, coppie e famiglie potranno decidere di ospitare a casa propria un rifugiato, al fine di conoscersi e rendere effettiva l’integrazione.
Bologna è una città universitaria, e pertanto ricca di persone provenienti dalle più disparate parti d’ Italia e del mondo. Forse anche grazie a questo continuo flusso di non-bolognesi e alla generale tranquillità di chi ci vive, vi si respira un’aria più libera, aperta e multiculturale rispetto ad altre grandi città del Nord Italia. Non è quindi una sorpresa sapere che proprio a Bologna si è aperto il progetto Vesta, che da aprile 2016 renderà possibile l’accoglienza diretta dei rifugiati nelle famiglie. Non solo strutture di accoglienza gestite interamente da enti o organismi statali, quindi, ma anche e soprattutto partecipazione diretta degli abitanti del territorio.
Il nome Vesta deriva dalla omonima dea romana del focolare domestico, e ben descrive la finalità del progetto: rendere attiva la partecipazione dei bolognesi alla vita della città, attraverso l’integrazione diretta che si traduce nella convivenza con persone che scappano da persecuzioni o da guerre nei loro paesi di origine. Per rendere più agevole l’adesione è stata attivata una piattaforma digitale dal nome progettovesta.com, sulla quale si trovano tutte le informazioni principali e ufficiali relative al progetto, le modalità di partecipazione, gli enti che finanziano il progetto e la risposta alle domande più comuni. Il portale intende anche essere un luogo di incontro tra famiglie e ospiti, anche dopo la fine della convivenza, per scambiarsi impressioni, domande e storie di vita.
Ma chi sono i rifugiati che verranno accolti? Si tratta principalmente di neomaggiorenni, in quanto sono soggetti più fragili per via del passaggio dalla minore età alla vita adulta, e della loro lontananza dalle famiglie di origine. Inoltre, essi non sono nuovi a progetti di integrazione in strutture territoriali monitorate e hanno dimostrato di essere adatti a un progetto di integrazione culturale in un contesto più privato e familiare. Questa è una garanzia anche per le famiglie che accoglieranno, che verranno assortite con i rifugiati prendenti parte al progetto anche in base alla caratteristiche e alle necessità personali. Ad accogliere i rifugiati nelle proprie case potranno essere tendenzialmente tutti: single, coppie o famiglie con figli, che sosterranno un colloquio conoscitivo al fine di appurare la loro idoneità a prendere parte al progetto.
Alle famiglie che accoglieranno queste persone, verrà richiesto di aiutarli a integrarsi nella vita domestica e nel contesto sociale fuori casa, e verrà loro attribuito un rimborso di 350 euro dal programma SPRAR (Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati) del Ministero dell’Interno, al fine di aiutare gli ospitanti a provvedere alle esigenze dei loro ospiti. La Cooperativa Sociale Camelot che gestisce il progetto Vesta, si occuperà invece di tutti gli aspetti burocratici e legali relativi alla convivenza, in modo che alle famiglie rimanga solo il compito di godersi la convivenza con il loro ospite, e di fargli conoscere la vita e la cultura italiana e soprattutto, bolognese. Il progetto sarà inoltre terreno di incontro per attività ricreative, sportive e culturali, in modo da garantire la massima dinamicità e contatto fra rifugiati e residenti.
In un tempo in cui lo straniero fa paura, e in cui molti rimproverano allo stato l’eccessiva indulgenza nei confronti di rifugiati ed extracomunitari in generale, attraverso il progetto Vesta viene data l’occasione al singolo cittadino di conoscere l’altro da sé, di averne un contatto diretto, di ospitarlo e guidarlo nel contesto sociale che chiama casa. E a quanto pare, a Bologna le offerte di accoglienza stanno già fioccando sul sito del progetto Vesta, a riprova del fatto che si ha paura di ciò che non si conosce, e che conoscere è il primo passo per sentirsi tranquilli in compagnia di chi è diverso da sé.