Israele accoglie i profughi ucraini, ma non è tutto oro quel che luccica

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Fonte: Taylor Brandon on Unsplash

Grazie alla Legge di Ritorno, Israele sta permettendo a migliaia di profughi ucraini in fuga dal conflitto con la Russia di trovare rifugio nel suo paese. Al tempo stesso, però, milioni di palestinesi sono ancora bloccati dal far ritorno nella propria terra.

Israele non ha tardato a schierarsi nel conflitto tra Russia e Ucraina. “La guerra non è lo strumento per risolvere i conflitti”: aveva esordito così lo Stato ebraico, mostrandosi contro la scelta di Putin di invadere l’Ucraina. Non è un mistero, però, che il paese ancora oggi sia protagonista di una situazione controversa e a tratti violenta con la popolazione palestinese.  E infatti, pochi giorni dopo la dichiarazione, sono arrivati i video di una festa religiosa a Gerusalemme in cui i palestinesi – bambini compresi – sono stati dispersi con la violenza. Già con le condizioni nelle carceri israeliane si era visto il suo carattere discriminatorio, ma ora, con l’arrivo dei profughi ucraini dall’Europa, Israele ha dato l’ennesima dimostrazione della sua ipocrisia.

I profughi ucraini in Israele

Il crollo dell’URSS negli anni ’90 aveva già visto un esodo importante di sovietici verso Israele. Se nel giro di qualche anno i numeri di migranti si era ridotto, dal 2014 con l’accendersi del conflitto tra Ucraina e Russia molti erano stati i cittadini sia di uno che dell’altro paese a espatriare verso Israele. Ora che la guerra ha costretto alla fuga milioni di persone, lo Stato ebraico si è mostrato assolutamente disponibile e preparato nell’accogliere l’ondata di profughi ucraini in arrivo.

Questo perché Israele dispone di una legge, chiamata Legge di Ritorno, per cui le persone con almeno un parente di secondo grado (nonno) ebreo, i loro coniugi e chi si converte all’ebraismo possono richiedere e ottenere la cittadinanza israeliana. Fare ritorno alla propria terra, in termini più metaforici. La Ministra degli interni Ayelet Shaked ha dichiarato che Israele si sta preparando “ad assorbire e dare immediatamente la cittadinanza a circa 100mila persone idonee (ebrei, ndr)”, ma sta “mostrando flessibilità e volontà di aiutare i cittadini ucraini in generale”.




La flessibilità di cui ha parlato Shaked è la possibilità concessa da Israele ai profughi e ai lavoratori ucraini con visto scaduto già presenti sul territorio israeliano di beneficiare di un visto temporaneo. Il Ministero degli interni ha dichiarato di poter concedere fino a 25mila permessi di soggiorno ai cittadini che non possono appellarsi alla Legge di Ritorno. Intanto, alla fine della settimana scorsa erano già 2mila gli ucraini ebrei che sono potuti entrare in Israele secondo questa normativa, ricevendo aiuti finanziari.

Inoltre, Israele si è dimostrato essere in prima linea per assicurare la fuga agli ucraini con più urgenza. Non solo rappresentati dell’Agenzia ebraica, un ente pubblico, ma anche privati si sono mobilitati e sono arrivati in Polonia, Romania, Ungheria e Moldavia per aiutare i profughi a scappare e a raggiungere Israele in sicurezza. Nel frattempo, il governo israeliano ha cercato di dare una svolta al conflitto, proponendosi come mediatore tra Ucraina e Russia e cercando modi per risolvere la crisi umanitaria al più presto.

L’occupazione della Palestina e i profughi dimenticati

Sicuramente degno di lode è ciò che sta facendo Israele nei confronti dei profughi ucraini e nel conflitto in generale. Tuttavia, se la sua politica estera sembra luccicare, dall’altro lato della medaglia c’è la parte buia di tutta la vicenda. La Legge di Ritorno consente agli ebrei di tornare nella propria patria; sembra paradossale che una legge simile sia applicata da un paese che tiene sotto occupazione la terra di un altro popolo, ossia la Palestina.

Sono più di 7 milioni i palestinesi che aspettano di far ritorno nel proprio paese, ma Israele non sembra cedere. I piani di pace per il conflitto arabo-israeliano non hanno ancora trovato una soluzione comune. Intanto, Israele continua le sue azioni discriminatorie, spesso violente, nei confronti dei profughi palestinesi. Mentre agli ucraini in fuga dal conflitto lo Stato ebraico è aperto a concedere la cittadinanza, i palestinesi dal 1948 si sono visti negare sempre più diritti.

La preoccupazione delle organizzazioni a sostegno dei palestinesi è che Israele possa mettere in atto una pulizia etnica ancora più forte di prima. La grande accoglienza che sta dimostrando nei confronti dei profughi ucraini può essere letta come un tentativo di costruire una maggioranza demografica predominante di ebrei nel territorio, soprattutto in Cisgiordania. Quella che si sta creando è una situazione di tensione che, citando Salvini, sembra distinguere tra “profughi veri” e “profughi che scappano da guerre finte”. Il rischio è che si usi una situazione di emergenza improvvisa per affossare ancora di più le richieste di un popolo oppresso.

Giulia Girardello

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