18 anni di reclusione, 325 mila euro di risarcimento, l’interdizione dai pubblici uffici e la perdita della podestà genitoriale questo hanno stabilito i giudici nella sentenza emessa mercoledì scorso, contro Paolo Pietropaolo, il 41 enne puteolano che quel maledetto giorno di febbraio, diede fuoco alla sua ex, Carla Caiazzo , che al momento dei fatti era all’ottavo mese di gravidanza. Carla e la piccola Pia, fatta nascere prematuramente, sono vive grazie al tempestivo intervento dei sanitari, che le hanno strappate letteralmente alla morte. Quindi, Pietropaolo è stato condannato ad una pena maggiore di quanto chiesto dal Pm, 18 invece di 15, parla di “pena congrua” la dottoressa Bruzzone, nota criminologa, visto che a Paolo Pietropaolo è stato contestato il reato di tentato omicidio. Non è soddisfatto l’avvocato dell’accusato, Gennaro Razzino: ” Non posso ancora esprimermi completamente sulla sentenza, perché bisogna leggere attentamente le motivazioni del giudice, e ci vogliono 90 giorni, detto questo, è chiaro che ricorreremo in appello perché la tesi definitiva è stata completamente disattesa, sia per quanto riguarda la qualificazione giuridica dei fatti che per le aggravanti contestate“. Quando gli chiediamo su quale tesi porterà avanti in appello, l’avvocato risponde: “La nostra tesi è sull’insussistenza del reato di Stalking e sulla non configurabilità di alcune aggravanti, il tentato omicidio, sull’ eventuale prospettazione di una lesione personale gravissima e non di tentato omicidio, quindi un appello non solo sulla pena, ma sulla qualificazione giuridica” .Quindi, la difesa non batte sulla tesi della capacità di intendere e volere scemata, come riportano i maggiori quotidiani, ma in realtà, come ci conferma proprio l’avvocato: “la scemata capacità di intendere e volere e solo l’ultimo aspetto, non è assolutamente questa la nostra linea difensiva, la notizia è stata erroneamente riportata da tutti i giornali, quindi, non si tratta di tentato omicidio, ma di lesioni personali gravissime, nessun reato di Stalking e una scemata capacità di intendere e di volere”. Alla domanda: “lei crede che questa sentenza sia anche figlia del processo mediatico”? L’avvocato ci risponde : “ Si , il gesto del mio assistito è un gesto grave ed ingiustificabile, ma sicuramente la sentenza è ingiusta e durissima nei suoi confronti. Spero che Carla stia presto bene“. Di tutt’altro avviso ovviamente l’avvocato di Carla, Maurizio Zuccaro, che per tutto il tempo era stato collegato con Carla via telefono: ” È andata come era giusto che andasse, per gli elementi raccolti in fase d’indagine, che erano chiari, precisi e concordanti, non poteva andare in modo diverso. Se per processo mediatico si intende la capacità di un soggetto di premeditare per sette mesi un agguato contro alla sua ex donna, dare fuoco alla figlia, lasciare a terra Carla a morire, allora si, è una sentenza mediatica”. A proposito della questione della scemata capacità di intendere e di volere, l’avvocato risponde: ” premetto di non aver mai usato antidepressivi, ma da uno studio fatto con il professor De Luca, il nostro consulente, sono riuscito a stabilire che una persona che ha usato antidepressivi, si addormenta, non ammazza le persone”. Detto questo, l’avvocato ci parla della battaglia che sta portando avanti Carla, e per la quale in questi giorni ha scritto anche al presidente della Repubblica Mattarella, ossia l’istituzione del reato di omicidio d’identità, l’avvocato sintetizza così: ” Le sentenze non devono essere mai contestate, ma devono essere valutate per gli effetti che generano, questa è una sentenza importante, perché per la prima volta si pone al centro di un fatto così grave la vittima; se noi avessimo avuto un legislatore più attento, dovevamo trovarci di fronte ad una persona che doveva essere imputata per un altro reato, quello appunto dell’omicidio d’identità, perché il tentativo volontario, crudele e beffardo di cancellare il volto di una persona equivale ad un omicidio. Si vergognasse chi parla ancora di sentenza mediatica. Se lo ha detto il mio collega, lo giustifico solo perché ha parlare per lui sarà stata la delusione per la sentenza; quello che invece è imperdonabile, è la dichiarazione del Razzino davanti alle telecamere ” è un atto grave, ma lei lo ha tradito “, cioè, Razzino giustifica un uomo che brucia una donna perché lei ha tradito, io spero che qualcuno riesca a fargli capire la gravità di quello che ha affermato”.
Scriveva Umberto Eco che “ridere uccide la paura“, e Carla è vittima di un uomo che aveva capito che quella donna non aveva più paura di lui, aveva l’ardire della scelta, e quella donna non poteva scegliere, quella donna era “sua“, ma Carla rideva come solo le persone innamorate sanno fare, rideva di cuore, rideva alla nuova vita che le si muoveva dentro, e rideva ad un nuovo amore. Tutto questo Pietropaolo non lo poteva sopportare, doveva spegnere quel sorriso, cancellarlo insieme alla faccia di quella persona che non voleva essere più di nessuno, quella persona che aveva ribadito la sua identità di donna. Carla a dispetto di tutto e tutti ride ancora. Io rido ancora è l’associazione fondata da Carla , associazione che si batterà contro le violenze, e che si prefigge di istituire in Italia, il reato di omicidio d’identità, perché chi cerca di cancellarti la faccia, lo fa per annientare la persona, ucciderla in un altro modo, nel peggiore dei modi.