Lavoratori stagionali: la Commissione Europea avvia una procedura di infrazione contro l’Italia

procedura di infrazione contro l'Italia

La Commissione Europea avvia una procedura di infrazione contro l’Italia per l’inadempimento delle direttive comunitarie sul mondo del lavoro: lavoratori stagionali, precariato, antiriciclaggio, pubblica amministrazione. Il governo intanto si barcamena tra sostituzione etnica e natalità, ma è tutto da rifare.

La procedura di infrazione contro l’Italia

Siamo gli osservati speciali della Commissione Europea che ha  avviato una procedura di infrazione contro l’Italia per l’inadempimento delle normative comunitarie riguardo:

  1. Lavoratori stagionali.
  2. L’abuso dei contratti a tempo determinato per le amministrazioni pubbliche.
  3. L’antiriciclaggio.
  4. Ritardi nei pagamenti di beni e servizi da parte della pubblica amministrazione.

Sostanzialmente facciamo acqua da tutte le parti e abbiamo solo 2 mesi di tempo per riparare le falle, altrimenti saranno guai. Ma vediamo ogni punto nello specifico.

1. I lavoratori stagionali

La direttiva UE sui lavoratori stagionali ha come obiettivo assicurare condizioni di vita e di lavoro dignitose, pari diritti e una tutela sufficiente dallo sfruttamento. Secondo la Commissione, però, l’Italia non starebbe facendo abbastanza in questo senso. Per l’Unione è fondamentale avere leggi a tutela dei lavoratori stagionali che sono essenziali per la vita economica di ogni Paese europeo e in particolare per alcuni settori specifici come il turismo, il settore alberghiero e la ristorazione e l’agricoltura.

Garantire il pieno rispetto della direttiva è un presupposto importante per attrarre nell’Ue la manodopera necessaria per il lavoro stagionale ed eventualmente anche per contribuire a ridurre la migrazione irregolare.

A proposito di migrazione irregolare…

Non possiamo arrenderci all’idea della sostituzione etnica… Gli italiani fanno meno figli quindi li sostituiamo con qualcun altro. Non è quella la strada.

La dichiarazione è del Ministro dell’Agricoltura e della Sovranità Alimentare Francesco Lollobrigida e ha giustamente destato scalpore. Il riferimento, a quanto dice lui totalmente inconsapevole, è alle teorie complottiste di alcune frange della destra estrema secondo cui le migrazioni dai Paesi poveri verso quelli più ricchi sarebbero delle vere e proprie invasioni programmate con l’obiettivo di sostituire le popolazioni e le culture locali con quelle dei Paesi di partenza.

Lollobrigida si scusa, capisce di aver parlato a sproposito, Lega e Fratelli d’Italia prendono le distanze dalla sua dichiarazione e tutto torna come prima. Però il concetto di fondo rimane e la fobia delle destre di un’invasione di immigrati non scompare.

Peraltro, proprio lo stesso Lollobrigida, non tanto tempo fa, aveva dichiarato che per far fronte all’ampia richiesta di lavoratori stagionali nei vari settori lavorativi in Italia si sarebbe adoperato per creare dei ponti per favorire l’ingresso di 500.000 immigrati regolari attraverso accordi bilaterali con i Paesi di partenza.

Qualche contraddizione, quindi, la possiamo notare. Ma dettagli.

I settori che necessitano lavoratori stagionali

Ma non è raro che sfruttamento, lavoro in nero, e immigrazione irregolare si insinuino nel settore perché è proprio tra gli immigrati irregolari che alcune aziende malavitose o senza scrupoli trovano manodopera a bassissimo costo. Ed è anche su questo che l’Europa ci chiede di intervenire.

Ma perché in Italia è così difficile trovare lavoratori stagionali?

Il lavoro stagionale è per definizione temporaneo. Quindi non offre quella stabilità che spesso molti cercano. A questo si aggiunge una retribuzione ai limiti dello sfruttamento e spesso in nero. I lavori stagionali, quindi, sono precari, con stipendi troppo bassi, non sempre regolari e con turni molto lunghi.

Sono lavori che fanno forse comodo a ragazzi e studenti ma che, di certo, non consentono di mantenere una famiglia.

2. L’abuso dei contratti a tempo indeterminato nelle amministrazioni pubbliche

Un altro motivo per cui la Commissione europea ha avviato una procedura di infrazione contro l’Italia è che nel nostro Paese si sfruttano troppo i contratti a tempo determinato nel settore pubblico: insegnanti, personale amministrativo, tecnico e ausiliario, operatori sanitari, ricercatori… Contratti che implicano molto spesso condizioni di lavoro ben peggiori rispetto ai contratti a tempo indeterminato: sono meno retribuiti e hanno minori garanzie in caso di malattia o ferie.

3. L’antiriciclaggio

Le norme comunitarie sull’antiriciclaggio sono uno strumento importante nella lotta contro il riciclaggio di denaro e il finanziamento del terrorismo, e lacune legislative di uno Stato membro si ripercuotono sull’insieme dell’Ue.

Commissione Europea

Applicarle, quindi, significa combattere la criminalità e proteggere il sistema finanziario non solo italiano, e sappiamo quanto ce ne sarebbe bisogno, ma anche europeo.

4. Ritardi nei pagamenti di beni e servizi da parte della pubblica amministrazione

In particolare, riguardo a questo punto, è la regione Calabria ad essere sotto accusa. E, di preciso, le disposizioni che consentono alla regione di effettuare pagamenti nel settore sanitario oltre ai limiti fissati dalla direttiva.

Riassumendo

Il mercato del lavoro in Italia è particolarmente complicato. Tra sfruttamento, lavoro in nero, contratti precari, stagismo a vita e discriminazioni di genere, ottenere il tanto ambito posto fisso sta diventando più complicato di una partita a scacchi e più lungo di una partita a risiko. Inoltre sembra che, nonostante le direttive europee sembrino estremamente chiare, l’Italia faccia fatica ad adempiere anche a quelle apparentemente più semplici come mettere insieme delle norme a tutela di sfruttamento e irregolarità.

È così che, come ha affermato la premier Meloni all’inaugurazione del Salone del mobile a Milano, ci siamo ritrovati in un sistema controproducente:

In Italia ci sono sempre più persone da mantenere e sempre meno persone che lavorano.

Osservazione ineccepibile. Le soluzioni?

Il modo su cui lavora il governo non è solo quello dei migranti, ma anche quello della grande riserva inutilizzata che è il lavoro femminile. Portandolo alla media europea e puntando sulla demografia, con l’incentivazione da parte delle famiglie di mettere al mondo dei figli.

Altra osservazione ineccepibile.

Forse, però, al governo sta sfuggendo qualche dettaglio. Non si mette al mondo un figlio quando si vive in condizioni precarie, quando il proprio lavoro è stagionale, o in nero, o mal retribuito o massacrante o tutte queste cose insieme. E non si mette al mondo un figlio quando sei costretta a scegliere tra l’avere una famiglia o un lavoro.

Forse non è sufficiente spingere nulla natalità per invertire la rotta, forse non sono sufficienti atteggiamenti di chiusura nei confronti dei tanti lavoratori stagionali immigrati che tendenzialmente si prestano a mansioni a cui nessun italiano si vuole più prestare. Forse, assieme a tutto questo, è anche necessario intervenire massicciamente sul mondo del lavoro e, come ci chiede l’Unione Europea, iniziare a tutelare seriamente i lavoratori e a proteggerli dallo sfruttamento o dal lavoro in nero.

Certo, tutto questo non è sufficiente per mettere al mondo un figlio. Servono anche servizi come asili e doposcuola e congedi di genitorialità paritetici e anche tante altre cose. Ma queste sono un’altra storia.

Arianna Ferioli

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