Il 3 Dicembre 1967 avvenne il primo trapianto di cuore della storia. Ad effettuarlo il chirurgo sudafricano Christiaan Barnard.
La storia
Sono passati cinquant’anni dal primo trapianto di cuore: si chiamava Louis Washkansky l’uomo di 54 anni affetto da diabete e grave insufficienza cardiaca, sul quale fu impiantato il cuore di una ragazza di 25 anni. La donatrice era Denise Darvall, deceduta a causa di un incidente: secondo quanto riportato dai media dell’epoca, il padre della ragazza diede immediatamente il consenso all’esportazione degli organi della giovane figlia. L’operazione durò nove ore e una trentina circa erano i componenti dell’equipe del dottor Barnard, che assistettero a quello che può essere definito un avvenimento storico. L’intervento riuscì perfettamente, il paziente si risvegliò e parlò dopo 33 ore e Barnard divenne il medico che avrebbe fatto la storia.
Washkansky purtoppo morì diciotto giorni dopo a causa di una polmonite: il cuore impiantato funzionava perfettamente, ma il sistema immunitario era fortemente indebolito e compromesso. La fama che avvolse il chirurgo fu comunque mondiale.
Dopo il primo trapianto di cuore dove il problema del rigetto era venuto prepotentemente alla luce, Barnard decise di praticarne un altro il 2 Gennaio del 1968 e questa volta il paziente sopravvisse diciannove mesi. Fu trapiantato il cuore di un uomo nero su un bianco e per questa impresa il chirurgo ricevette il premio “Uomo dell’anno” da parte dell’Unione degli Stati Africani. Il medico tra i più celebri del mondo, morì nel 2001 all’età di 79 anni a causa di un forte attacco d’asma.
Rischi e benefici
A questi interventi ne seguirono tanti altri, sino ad arrivare ai giorni nostri, in cui si contano circa seimila trapianti di cuore l’anno nel mondo, per cui la difficoltà più grande rimane trovare un donatore compatibile. Egli infatti, non può essere scelto a caso, ma deve avere in comune con il ricevente il gruppo sanguigno e le dimensioni del cuore. Proprio per questo spesso, le richieste di trapianto superano di tanto le disponibilità e la lista d’attesa si allunga decisamente.
Il trapianto di cuore rimane un intervento molto delicato e non sempre privo di conseguenze: innanzitutto l’assunzione dei farmaci immunosoppresori abbattono in qualche modo le difese immunitarie pur essendo indispensabili per chi subisce l’operazione. Altre conseguenze possono essere legate al rigetto dell’organo, ad infezioni che possono insorgere o a difetti dei vasi sanguigni collegati al cuore e purtroppo anche se raramente, fa la sua parte anche l’errore umano.
Il rigetto che ancora ad oggi è il pericolo più temuto, avviene quando il sistema immunitario dell’individuo sottoposto a trapianto, aggredisce l’organo impiantato perché lo considera estraneo all’organismo. Tale rischio si riduce nel tempo, pur non esaurendosi mai del tutto. Pertanto, l’assunzione di immunosoppressori e i controlli periodici diventano normale routine. Vogliamo anche ricordare che ad oggi la percentuale di riuscita dei trapianti di cuore è altissima, nonostante i rischi di cui abbiamo parlato permangano sempre. L’intervento andato a buon fine, migliora sensibilmente la qualità di vita del malato, dandogli la possibilità di tornare ad un’esistenza quasi normale.
Anna Lattanzi