Primo impianto robotico: Svezia e Italia prime al mondo

Primo impianto robotico

Fonte: repubblica.it

Primo impianto robotico – Non si tratta della solita protesi removibile. Sotto la guida di Christian Cipriani (dell’Istituto di BioRobotica della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa), la Svezia raggiunge un traguardo senza precedenti: la prima mano bionica è stata impiantata su una donna di 45 anni, ormai priva dell’arto dal 2002.

L’intervento chirurgico, eseguito a Gothenburg, nello Sahlgrenska University Hospital, porta i nomi dei chirurghi Richard Branemark e Paolo Sassu; si tratta di un enorme passo avanti della medicina e della robotica: nelle ossa dell’avambraccio (radio e ulna) sono state impiantate delle strutture in titanio, in modo da garantire l‘interazione fra ossa, terminazioni nervose e impianto robotico. Grazie a 16 elettrodi, inseriti nei muscoli residui, il collegamento diretto tra la mano e il sistema nervoso è stato ripristinato; in tal modo è previsto che la paziente riacquisti la quasi completa autonomia dell’arto.

La donna al momento sta imparando a controllare l’impianto attraverso la realtà virtuale, recuperando così non solo la manualità, ma, soprattutto, la sensibilità tattile; la mano bionica è un piccolo gioiello della biorobotica, frutto di un’attenta ricerca iniziata nel 2014. L’importanza di questa operazione apre la strada a prospettive di ogni genere, anche se c’è da sottolineare quanto l’attuale risultato non sia stato raggiunto facilmente: l’intervento svolto in Svezia è solo l’ultimo di una serie di sperimentazioni portate avanti dall’Istituto di BioRobotica di Pisa; nel giugno del 2017 un’altra donna era stata sottoposta all’operazione, riscontrando però, nei mesi successivi, problematiche di carattere clinico. Al momento sembrerebbe invece che per l’attuale paziente si prospetti una guarigione senza intoppi: nelle successive settimane potrà plausibilmente tornare a casa.

Attualmente si sta lavorando in vista di altri due interventi, il che fa presupporre un futuro rigoglioso nel campo della chirurgia. In un contesto storico come questo, in cui la tecnologia è spesso additata come il male, viviamo al contempo i frutti di una nuova realtà: la prospettiva di concretizzare e facilitare la vita di altri esseri umani. Tuttavia, le principali domande da porci possono forse riguardare eventuali costi: quale sarebbe la parcella di un intervento simile? Che tipo di stabilità dovrà garantire una struttura ospedaliera? Per ora ci limitiamo ad un sentito e dovuto applauso.

Eugenio Bianco

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