Stefania Corrias, neo mamma quarantenne, originaria di Bacu Abis ma residente a Villamassargia, cessò di vivere nel gennaio del 2015 dopo il parto avvenuto all’ospedale “Sirai” di Carbonia. Dopo la sua dipartita in centinaia hanno dato il loro saluto silenzioso certi del fatto che “il suo sorriso vivrà in quello di suo figlio“. Stefania in quella sala operatoria ha lasciato il suo corpo, già provato dal parto, e ha abbandonato un marito, una famiglia e una nuova vita appena innescata.
Ora per la tragedia avvenuta il 4 gennaio 2015 all’ospedale Sirai di Carbonia 4 indagati hanno risposto delle loro responsabilità in tribunale. La Procura di Cagliari aveva disposto due perizie atte a chiarire se fosse possibile trovare un collegamento tra le cause della morte e le modalità con le quali fu indotto il travaglio. Per questo tragico scenario il Gup Gabriella Muscas ha condannato il medico primario di Ostetricia a pagare una multa di 100 euro. Ora, una multa di cento euro su una bilancia che vede sull’altro braccio una vita stroncata, sfigura un po’. Il primario è finito nei guai per una questione più “burocratica” che medica. Ovvero: aver omesso, o comunque ritardato, di denunciare all’autorità giudiziaria “il fatto reato non mettendo immediatamente a disposizione dell’autorità giudiziaria la salma della paziente“.
Più responsabili per la morte della donna
La ginecologa Paola Curridori è invece accusata di omicidio colposo. Era stata lei a scegliere la modalità del parto con induzione farmacologica del travaglio. Secondo l’accusa ci sarebbe una relazione con il manifestarsi della forte emorragia che ha, poi, provocato il decesso.
Sette le parti offese :
il marito, che rappresenta anche il figlio, i genitori e i fratelli della giovane donna. La comunità ha perso una donna solare e buona, e un bambino crescerà senza la sua mamma. L’errore umano in sala operatoria è certamente difficile da accettare, il tutto diventa ancora più complesso quando la burocrazia invece di agevolare sembra aggiungere ostacoli alla ricerca della verità.
Stefano J. Bazzoni