ELEZIONE DEL NUOVO SEGRETARIO DEL PARTITO DEMOCRATICO
Sono passati due mesi da quando è stato ufficializzato l’inizio della corsa per l’elezione del nuovo Segretario del Partito Democratico. E siamo ormai agli sgoccioli di questa campagna elettorale, il cui cerchio verrà chiuso il 30 aprile, col voto degli italiani. I candidati sono il segretario uscente Matteo Renzi, il ministro della giustizia Andrea Orlando e il governatore pugliese Michele Emiliano.
Nuovo Segretario sarà colui che riuscirà a ottenere il maggior numero di voti. Questi sarà proclamato dall’Assemblea nazionale in data 7 maggio.
SCONTRO TRA IL VOTO DEL 2013 E QUELLO DEL 2017. TRA PASSATO E PRESENTE, QUESTE PRIMARIE PD SONO UN DE’JA’-VU
Riflettendo su queste elezioni, le cifre, sia quelle sull’affluenza alle urne, sia quelle sul bacino di voti raccolto da ciascun candidato, saranno molto importanti; non solo (o non tanto)per decretare il nuovo Segretario del Pd, quanto per una ragione diversa e più profonda. Comparativa, se vogliamo. Il confronto che avrà luogo il 30 aprile, infatti, sarà un battaglia che si giocherà su più terreni: il primo riguarda quello dell’attualità. Vale a dire, le Primarie odierne, in cui sono chiamati a fronteggiarsi i candidati Segretari che abbiamo citato, ciascuno con le proprie mozioni e i propri convincimenti. Ma v’è poi un secondo contenzioso non meno decisivo del primo: ovvero, il confronto, naturale e inevitabile, che l’esito di queste Primarie Pd dovrà sostenere con il risultato delle scorse votazioni a Segretario del Partito Democratico, avvenute nel 2013.
La soglia che gli elettori varcheranno tra otto giorni è, infatti, un déjà-vu profondamente connesso alle elezioni a Segretario del 2013, le quali costituiscono, per noi, un precedente imprescindibile ai fini di un giudizio complessivo sulle votazioni che si terranno quest’anno, a fine aprile. E forse rappresentano anche un manuale utile per intuire in che modo e in che direzione stia puntando la bussola della politica nostrana.
CHI C’ERA NEL 2013
Nel 2013, l’allora Segretario del Pd, Pierluigi Bersani, si dimise prima dell’autunno (periodo in cui era previsto il termine del suo mandato) e chiamò anticipatamente alle urne, avviando un lungo percorso punteggiato da eventi importanti, quale la rielezione al Quirinale di Giorgio Napolitano, e infine (la tappa che ci interessa) l’elezione del nuovo Segretario del Pd, nel dicembre 2013.
I candidati di quell’anno erano Giuseppe Civati, che ottenne il 14, 24%, Gianni Cuperlo, col 18, 21%, e dulcis in fundo, Matteo Renzi, che stravinse col 67, 55%.
IL COMPIANTO MATTEO DELLE ORIGINI SOTTERRATO DAL MATTEO 2.0
Si presentava fresco, Matteo Renzi. L’innovatore. Il rottamatore della casta. Un giovane politico dall’eloquio fluente, che parlava come un manager, ma in termini più amicali. Camicia con le maniche risvoltate e jeans, in occasione delle prime Leopolde. Quel Matteo Renzi ebbe il merito di svecchiare la politica italiana, sdoganandola dall’impronta d’inflessibile autorevolezza che gli avevano attribuito i nomi della nostra storia (da Alcide De Gasperi, passando per Aldo Moro, Andreotti, fino a Berlusconi, Ciampi o Monti), proponendo l’idea rivoluzionaria (quantomeno nel nostro Paese) che la politica, per non fallire il principio della comunicazione generazionale -che è essenziale in chi si ponga in rappresentanza dell’elettorato, e cerchi di interpretare i bisogni di ogni sua fascia d’età– possa (e probabilmente debba) comporsi anche di giovani, responsabili e volenterosi, capaci di fiancheggiare la saggia esperienza dei più anziani, traendo da loro consiglio e ispirazione reciproca.
E ispirava una fiducia a prescindere, quel Matteo Renzi. Perché trentenne, perché incensurato, perché si dava da fare, e perché i vecchi politici avevano seminato nel popolo italiano una delusione sradicabile unicamente da un volto nuovo.
In quest’ottica, il 2013 si rivela un nodo cardine a partire dal quale molte altre cose dovevano ancora accadere sotto l’egida di Matteo Renzi. E non tutte positive. Alcune di esse fecero impallidire la sua immagine di innovatore e, come risultante, potarono parte degli elettori renziani a ricredersi sul carismatico ex sindaco di Firenze. Nel 2013, Renzi doveva ancora rassicurare Enrico Letta col famoso “Stai sereno!”, e poi incoraggiare il voto di sfiducia nei confronti dell’amico e collega. E sempre Renzi, dopo quella manovra contro Letta, doveva ancora diventare Presidente del Consiglio a soli 39 anni, per poi capitolare dopo 1.000 giorni di governo, travolto dall’insuccesso del 40% al Referendum Costituzionale, da cui svoltò solo con le dimissioni da Premier e da Segretario. Per non parlare del nuovo governo, con Gentiloni Premier. E dell’ultimo tassello dell’inchiesta aperta attorno al mega-appalto di Consip, in cui si vede indagato suo padre Tiziano.
Ne è passata di acqua sotto i ponti, per Matteo Renzi. Le ultime notizie sul suo conto pongono un grande punto interrogativo sulla sua capacità di riconquistare gli elettori delusi, così come quegli ex colleghi che hanno fortemente voluto la scissione, perché non si riconoscevano nel Pd incarnato da Renzi.
E tuttavia, fotografare quel momento preciso della sua carriera in cui, candidatosi a Segretario del Pd, ottenne l’appoggio degli italiani, è indispensabile per capire cosa ci sia in ballo per l’ex Segretario, oggi, che torna a candidarsi a quella stessa carica che aveva lasciato pochi mesi fa.
Differentemente da Orlando ed Emiliano, Renzi ha davanti a sé la missione di riconquistare la fiducia dell’opinione pubblica. Va da sé che, rispetto ai due avversari, ha molto più da perdere in caso di fallimento.
I sondaggi lo danno già vincitore, ma quello che più interessa l’elettorato è sapere se il Matteo 2.0 si sia lasciato definitivamente alle spalle il Renzi “rottamatore”. Ai cittadini interessa il dopo. Perché nel 2017, Renzi torna su un terreno bruciato. Gli anni di governo sono bastati a creargli ostilità in Parlamento. E benché goda di largo consenso all’interno del suo Partito (sicuramente più di Orlando ed Emiliano) non tutti si mostrano entusiasti del suo ritorno. E non sembra ci sia intenzione di correre a stringere un’alleanza con lui.
La nascita di un governo rende imperativa una coalizione tra forze politiche. Le varie teorie auspicano una stretta di mano tra il M5S e il Partito Democratico. Cosa che pare un’utopia professa, sebbene come faceva notare Marco Travaglio (su intuito anche del filosofo Massimo Cacciari e del costituzionalista Gustavo Zagrebelsky) tra il M5S e il Pd vi sono molte più similitudini di quante non si creda.
Ma sicuramente, aggiunge il Direttore del Fatto Quotidiano, in riferimento ai 5S, “Adesso, se vogliono provare a governare non possono dire puntiamo al 40%… Zagrebelsky ha fatto un suggerimento intelligente: dire, prima delle elezioni, noi vogliamo fare queste 10 cose. Chi ci sta? Se Renzi torna ad essere il Renzi delle origini” ,spiega Travaglio riguardo a un’intesa tra 5Stelle e Pd,“ecco, probabilmente, troverebbero molti punti d’intesa perché Renzi era il più grillino dei leader Pd”.
Matteo Renzi, tuttavia, ha smentito ogni pronostico in questo senso, prospettando cosa accadrebbe in mancanza del 40%: “Se nessuno prende il 40% ci dovrà essere un accordo in Parlamento come in Germania”. E poi ha buttato giù l’idea di un’alleanza con Berlusconi, il M5S e Salvini.
CHI VOTERA’ IL 30 APRILE?
L’Articolo 1, comma 4, riportato nello Statuto del Partito Democratico, spiega che in data 30 aprile si terrà l’elezione del Segretario e dell’Assemblea Nazionale. Le votazioni si apriranno alle 8:00 e si chiuderanno alle 20:00.
Proseguendo fino all’Articolo 10, comma 1, si dice che potranno votare le elettrici e gli elettori che “dichiarino di riconoscersi nella proposta del Partito, di sostenerlo alle elezioni, e accettino di essere registrati nell’Albo pubblico delle elettrici e degli elettori”.
Ovviamente, ci si dovrà recare alle urne con in mano un documento d’identità/riconoscimento, e la tessera del partito. Ai non iscritti al Partito, la votazione sarà consentita previo versamento di 2 euro, mentre coloro che già fossero in regola col tesseramento e fossero iscritti, “non sono tenuti al versamento del contributo di 2 euro, e sono automaticamente iscritti all’Albo delle elettrici e degli elettori”.
Inoltre, il 30 aprile il voto sarà esteso a tutti quei cittadini italiani tra i 16 e i 18 anni. Ma per questi, come pure per gli studenti e i lavoratori fuori sede, per tutti i cittadini dell’Unione Europea residenti in Italia e i cittadini di altri Paesi in possesso del permesso di soggiorno, sarà necessaria una registrazione sul sito dell’evento:
primariepd.2017.it
Chiara Fina