Gina Chua è la prima giornalista transgender che ricopre un ruolo alto in carriera. È stata nominata executive director da Alessandra Galloni, la neo direttrice di Reuters. Gina Chua, 60 anni, sarà quindi a capo dei 2.500 giornalisti che lavorano per Reuters in varie parti del mondo.
“Essere transgender non è una condanna”. “Sono l’esempio di come, dopo aver cambiato sesso, non per forza ti licenziano”.
Gina Chua nasce a Singapore. Laureata in matematica, ha successivamente conseguito una specializzazione in Giornalismo presso la Columbia University. Inizia la carriera da giornalista come corrispondente dal Sud – Est asiatico, per poi entrare a far parte del Wall Street Journal.
Da molti anni gestisce un blog intitolato (Re)Structuring Journalism. L’obiettivo del blog è quello di far in modo che le nuove tecnologie e il tradizionale modo di fare giornalismo possano trovare un equilibrio. È proprio sul suo blog, con un post intitolato Cambiamenti, che Gina Chua ha parlato della sua decisione di intraprendere la strada della transizione.
Fin da piccola la giornalista ha sempre sentito l’esigenza di identificarsi come donna ma soltanto dopo molti anni ha capito quanto fosse fondamentale per lei questo cambiamento. La consapevolezza è giunta negli anni in cui ha vissuto a New York. Così dopo aver accettato la propria transessualità, inizia una doppia vita. È soltanto durante i mesi di lockdown che la prima giornalista transgender sente la necessità di rivelare a tutti qual è la sua vera identità.
“Ci vuole coraggio per mutare in chi si è veramente”.
Con queste parole annunciava, sul suo blog, la sua transizione da uomo a donna.
Gina Chua ha spiegato di aver reso pubblico il proprio percorso perché è fondamentale che tutti sappiano che la transizione non è una condanna.
La sua testimonianza è fondamentale e la sua nomina ad un ruolo di così importante rilievo segna un punto di svolta. Le sue parole inoltre lanciano un messaggio positivo e di incoraggiamento per tutti coloro che vogliono affrontare un cambiamento, un messaggio di cui abbiamo profondamente bisogno in un società in cui a predominare è il pregiudizio, l’odio e la paura infondata del “diverso”.
Irene Amenta