Alle elezioni Presidenziali in Iran nessuno dei candidati ha raggiunto la soglia necessaria per vincere al primo turno. I due candidati principali, Masoud Pezeshkian e Saeed Jalili, si affronteranno nel ballottaggio previsto per il 5 luglio 2024.
Il primo turno delle elezioni Presidenziali ha portato a un inaspettato e decisivo scontro tra due candidati dagli approcci diametralmente opposti: il riformista Masoud Pezeshkian e l’ultraconservatore Saeed Jalili. Una competizione che ha catturato l’attenzione, sia a livello nazionale che internazionale, delineando una chiara divisione tra le visioni future del Paese. La pressione sul Governo è stata palpabile, data l’importanza di mantenere una certa stabilità in un Paese già coinvolto in numerose crisi geopolitiche. La posta in gioco è alta, non solo per la carica, ma anche per il futuro politico e economico del Paese.
Secondo i dati ufficiali annunciati dell’autorità elettorale, Pezeshkian è in testa con circa il 42,5% dei voti, mentre Jalili segue con il 38,7%. Il Presidente in carica, Mohammed Bagher Ghalibaf, ha ottenuto circa il 13,8%, mentre il religioso islamico Mostafa Pour-Mohammadi ha raccolto meno dell’1% dei voti. Le elezioni sono state indette repentinamente dopo la tragica morte del Presidente Ebrahim Raïssi. Avvenuta il 19 maggio in un incidente in elicottero.
Da un totale di circa 61 milioni di iraniani aventi diritto al voto. si è registrata un’affluenza ai minimi storici: solo il 40% degli aventi diritto ha votato. Nonostante l’Ayatollah Ali Khamenei, massima autorità della Repubblica Islamica, abbia esortato i cittadini a partecipare attivamente al voto, cercando di contrastare le richieste di boicottaggio provenienti dall’opposizione e dalla diaspora iraniana.
Il ricordo delle elezioni del 2021, segnate da un’astensione record del 51% a causa dell’assenza di candidati riformisti o moderati, era ancora vivo, e le autorità speravano in una partecipazione più ampia per legittimare il processo elettorale. La bassa affluenza alle urne riflette un disincanto diffuso tra la popolazione.
Il processo elettorale in Iran, seppur combinando elementi repubblicani e teocratici, non garantisce elezioni completamente libere. Il Consiglio dei Guardiani, potente organo di controllo islamico, esercita un’influenza decisiva sulla politica del paese, verificando l’idoneità dei candidati e assicurandosi che le critiche fondamentali al sistema siano ridotte al minimo. La repressione delle proteste degli ultimi anni evidenzia chiaramente la tolleranza zero verso qualsiasi forma di dissenso.
I candidati: Masoud Pezeshkian e Saeed Jalili
Il secondo turno delle elezioni, previsto per il 5 luglio, vede contrapporsi due figure con profili molto diversi. Masoud, 69 anni, è un chirurgo e membro del parlamento di Tabriz, nel nord-ovest dell’Iran. Ha ricoperto la carica di ministro della Sanità nel Governo riformista di Mohammad Khatami dal 2001 al 2005, ma la sua esperienza governativa è piuttosto limitata. Masoud è noto per la sua schiettezza e per le critiche rivolte al governo, in particolare durante le proteste seguite alla morte di Mahsa Amini nel 2022. Egli si pone come un fautore di un miglioramento delle relazioni con l’Occidente, con l’obiettivo di revocare le sanzioni che stanno pesantemente colpendo l’economia iraniana.
Dall’altra parte, Saeed, 58 anni, rappresenta una visione politica completamente opposta. Con una carriera ben radicata nelle istituzioni della Repubblica Islamica, Saeed ha guidato i negoziati sul nucleare iraniano dal 2007 al 2013, adottando una linea dura nei confronti dell’Occidente. Attualmente è uno dei rappresentanti del Consiglio Supremo di Sicurezza Nazionale, organismo che gioca un ruolo cruciale nella sicurezza del Paese. La sua candidatura è vista come un proseguimento della politica inflessibile sostenuta dall’Ayatollah Khamenei.
Le elezioni iraniane sono seguite con attenzione anche all’estero, data l’importanza del Paese nello scacchiere geopolitico del Medio Oriente. Le tensioni riguardanti il programma nucleare iraniano e la sua influenza nella regione sono questioni di grande interesse per molte Nazioni, in particolare per gli USA e l’UE. La scelta tra Pezeshkian e Jalili potrebbe segnare un cambiamento significativo nell’approccio iraniano alle relazioni internazionali.
Masoud, con la sua apertura verso l’Occidente, potrebbe cercare di attenuare le tensioni e di migliorare le relazioni diplomatiche, puntando alla rimozione delle sanzioni economiche che hanno paralizzato il Paese. Saeed, al contrario, potrebbe mantenere una linea dura, accentuando l’autosufficienza iraniana e resistendo alle pressioni esterne. Questa scelta influenzerà non solo il futuro del Paese, ma anche le dinamiche di potere nel Medio Oriente.
Un sistema politico complesso
Il sistema politico iraniano è unico nel suo genere, combinando elementi repubblicani e teocratici dal 1979. Tuttavia, le elezioni non sono completamente libere: il Consiglio dei Guardiani verifica sempre l’idoneità dei candidati. Su un totale di 80 candidati iniziali, solo sei sono stati approvati per partecipare alle elezioni, e due di questi si sono poi ritirati.
Questo sistema di controllo rigido limita fortemente le critiche fondamentali al sistema e impedisce una reale competizione politica. La repressione delle proteste negli ultimi anni ha ulteriormente dimostrato l’intolleranza del regime verso qualsiasi opposizione significativa. Di conseguenza, il ruolo del presidente iraniano è limitato, con il vero potere concentrato nelle mani del leader religioso supremo, l’Ayatollah Ali Khamenei.
Durante la campagna elettorale, i candidati hanno discusso principalmente su come affrontare la profonda crisi economica del paese. Il Paese, soggetto a sanzioni internazionali a causa del suo controverso programma nucleare, è in gran parte escluso dal sistema finanziario globale. Questo isolamento ha aggravato le difficoltà economiche, con un’elevata inflazione, disoccupazione e una valuta in rapido deprezzamento.
Pezeshkian, con il suo approccio moderato, ha promesso riforme economiche e una maggiore apertura verso l’Occidente, sperando di alleviare le sanzioni e attrarre gli investimenti necessari. Jalili, al contrario, mantiene una posizione più rigida, focalizzata sulla resistenza contro le pressioni internazionali e sulla promozione dell’autosufficienza economica.
Affluenza storicamente bassa e scetticismo popolare
Un altro fattore critico in queste elezioni è la bassa affluenza, che si attesta al 40%, una cifra significativamente inferiore rispetto al 49% delle elezioni Presidenziali del 2021. Questo calo è in gran parte attribuito al disincanto della popolazione, in particolare dei giovani, nei confronti del sistema politico. Molti residenti hanno perso la fiducia nella possibilità di cambiamenti significativi attraverso le urne, una realtà che si è riflessa nella chiamata al boicottaggio delle elezioni da parte di attivisti e figure prominenti come il premio Nobel per la pace incarcerato, Narges Mohammadi.
La disillusione è alimentata dalle difficoltà economiche persistenti, accentuate dalle sanzioni internazionali che hanno isolato il Paese dal sistema finanziario globale e ridotto drasticamente le opportunità di investimento e crescita economica. In questo contesto, i candidati hanno promesso soluzioni per superare la crisi, ma la reale capacità di implementare queste promesse rimane incerta, data la struttura del potere iraniano.
l Futuro dell’Iran: riforma o continuità?
Con il ballottaggio del 5 luglio, il futuro dell’Iran è in bilico. La vittoria del riformista potrebbe segnare un passo verso la moderazione e l’apertura, ma il suo successo dipenderà non solo dalla capacità di ottenere una maggioranza nelle urne, ma anche dalla sua abilità di navigare le complesse dinamiche del potere politico iraniano. Dall’altro lato, una vittoria di di un ultraconservatore consoliderebbe l’attuale indirizzo politico, mantenendo una linea dura sia internamente che a livello internazionale.
Qualunque sia l’esito, queste elezioni rappresentano un momento cruciale per l’Iran. Il paese si trova di fronte a sfide economiche significative e a una popolazione sempre più frustrata dalla mancanza di prospettive di cambiamento. L’esito del ballottaggio non solo determinerà il prossimo presidente, ma potrebbe anche influenzare la direzione futura del Paese, la sua economia, e le sue relazioni internazionali.
Mentre il mondo osserva attentamente, l’Iran affronta una decisione che potrebbe definire il suo percorso per gli anni a venire. La scelta tra il riformista e l’ultraconservatore non è solo una scelta tra due candidati, ma una scelta tra due visioni diverse del futuro iraniano.
Felicia Bruscino