Il presepe: simbolo di una tradizione che si reinventa continuamente

Come ogni anno, con l’arrivo di dicembre, l’aria inizia a profumare di Natale. E come ogni anno, simboli, luci e ornamenti delle feste inondano strade, case private e luoghi pubblici. Che piaccia o meno. Sì, perché il Natale è una festività ricca di storie, leggende e, soprattutto, simboli. Religiosi e profani. E il presepe è, per antonomasia, la rappresentazione della nascita che in questa festa si celebra.

Fonte: pixabay.com

La parola viene dal latino e significa mangiatoia o recinto, il luogo in cui, secondo l’opinione collettiva, nacque Gesù. La riproduzione dell’evento è, di per sé, rimasta immutata nei secoli. Ha assunto però diverse connotazioni e significati simbolici in base alla cultura che l’ha adottata. In linea di massima le varianti presepiali possono distinguersi in due grandi aree: quella europea, e quella comprendente il resto del mondo, di matrice orientale ed etnica.

Ogni cultura esprime infatti, attraverso le proprie rappresentazioni della Natività, il suo modo di essere. E di credere. Nell’area europea ne esistono diverse varianti: il presepe provenzale,  il presepe spagnolo, quello germanico e il presepe dell’est europeo. In Italia la prima versione  del presepe si fa risalire al 1223, e si attribuisce a S. Francesco d’Assisi. In questa versione coesistono elementi di origine diversa. Alcuni provengono dai racconti evangelici: la mangiatoia, l’adorazione dei pastori e la presenza degli angeli nel cielo. Altri derivano dall’iconografia propria dell’arte sacra: il manto azzurro di Maria che rappresenta il cielo. Altri ancora sono da attribuirsi ai vangeli apocrifi e ad altre tradizioni: le figure del bue e dell’asinello potrebbero infatti risalire ad una delle profezie di Isaia.

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Dalle versioni più antiche alle più moderne, il presepe si evolve come la storia, senza cambiare mai completamente. Perché le tradizioni sono fatte per essere rispettate, e rinnovate.
E i presepi napoletani ne sono un ottimo esempio. Materiali inediti, personaggi presi in prestito dalla vita di ogni giorno coesistono con gli elementi classici e i protagonisti dell’iconografia dell’arte sacra. Il risultato è un po’ anacronistico, ma sicuramente interessante. Cultura religiosa e artigianale si fondono e creano un’arte caratteristica di un territorio.  E al tempo stesso, indicativa di un sentimento che si traduce nel rispetto delle tradizioni e nell’abilità di riadattarle per renderle attuali.




Sacro e profano, classico e moderno, bello e brutto coesistono e prendono vita, grazie alle maestranze di sapienti artigiani che rappresentano la Natività così come loro la vedono. Scene in cui i personaggi trovano il loro spazio e la loro collocazione, e gli artisti riescono ad esprimere loro stessi e la propria visione del mondo.

 

                                                                                                                                                                                                            Emma Calvelli

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