Come ogni anno, con l’arrivo di dicembre, l’aria inizia a profumare di Natale. E come ogni anno, simboli, luci e ornamenti delle feste inondano strade, case private e luoghi pubblici. Che piaccia o meno. Sì, perché il Natale è una festività ricca di storie, leggende e, soprattutto, simboli. Religiosi e profani. E il presepe è, per antonomasia, la rappresentazione della nascita che in questa festa si celebra.
La parola viene dal latino e significa mangiatoia o recinto, il luogo in cui, secondo l’opinione collettiva, nacque Gesù. La riproduzione dell’evento è, di per sé, rimasta immutata nei secoli. Ha assunto però diverse connotazioni e significati simbolici in base alla cultura che l’ha adottata. In linea di massima le varianti presepiali possono distinguersi in due grandi aree: quella europea, e quella comprendente il resto del mondo, di matrice orientale ed etnica.
Ogni cultura esprime infatti, attraverso le proprie rappresentazioni della Natività, il suo modo di essere. E di credere. Nell’area europea ne esistono diverse varianti: il presepe provenzale, il presepe spagnolo, quello germanico e il presepe dell’est europeo. In Italia la prima versione del presepe si fa risalire al 1223, e si attribuisce a S. Francesco d’Assisi. In questa versione coesistono elementi di origine diversa. Alcuni provengono dai racconti evangelici: la mangiatoia, l’adorazione dei pastori e la presenza degli angeli nel cielo. Altri derivano dall’iconografia propria dell’arte sacra: il manto azzurro di Maria che rappresenta il cielo. Altri ancora sono da attribuirsi ai vangeli apocrifi e ad altre tradizioni: le figure del bue e dell’asinello potrebbero infatti risalire ad una delle profezie di Isaia.
Dalle versioni più antiche alle più moderne, il presepe si evolve come la storia, senza cambiare mai completamente. Perché le tradizioni sono fatte per essere rispettate, e rinnovate.
E i presepi napoletani ne sono un ottimo esempio. Materiali inediti, personaggi presi in prestito dalla vita di ogni giorno coesistono con gli elementi classici e i protagonisti dell’iconografia dell’arte sacra. Il risultato è un po’ anacronistico, ma sicuramente interessante. Cultura religiosa e artigianale si fondono e creano un’arte caratteristica di un territorio. E al tempo stesso, indicativa di un sentimento che si traduce nel rispetto delle tradizioni e nell’abilità di riadattarle per renderle attuali.
Sacro e profano, classico e moderno, bello e brutto coesistono e prendono vita, grazie alle maestranze di sapienti artigiani che rappresentano la Natività così come loro la vedono. Scene in cui i personaggi trovano il loro spazio e la loro collocazione, e gli artisti riescono ad esprimere loro stessi e la propria visione del mondo.
Emma Calvelli