Parla il Premier Conte ed evoca la parola dimissioni, a poco più di un anno di distanza dal suo giuramento al Colle. Nel corso della conferenza stampa di ieri pomeriggio dichiara “Non mi presterò a vivacchiare o galleggiare”. E inoltre “Se non ci sono le condizioni per andare avanti, rimetterò il mandato nelle mani del Presidente della Repubblica”.
Il Premier Conte stupisce ancora. Si parlava da tempo di un suo scontento, ma mai ci si sarebbe aspettato che l’ufficialità della sua posizione fosse rivelata attraverso un intervento pubblico e non – come solitamente avviene – in Consiglio dei ministri. All’inizio del suo discorso il Premier ha difeso l’operato dell’esecutivo. Successivamente non ha risparmiato critiche all’operato dei due vicepremier, Matteo Salvini e Luigi di Maio.
Il super partes Conte non ha giustificato gli scontri tra gli alleati, definendole delle semplici divergenze di opinione come ha fatto più volte in passato. Ha sottolineato che il clima attuale pregiudica inevitabilmente la coesione della maggioranza e impedisce al governo di realizzare gli obiettivi previsti nel contratto.
Ha parlato di “polemiche sterili” e di “discussioni inutili” ed ha criticato i tentativi di ingerenza da parte di entrambi i vicepremier, chiedendo a ciascun ministro di occuparsi delle proprie materie di competenza, sottolineando la necessità di una “leale collaborazione” che secondo il Premier Conte negli ultimi mesi è venuto meno.
Non solo. Il Premier Conte ha rimproverato i due vicepremier e i due partiti Lega e Movimento 5 stelle, chiedendo di scegliere se intraprendere la via della pace e continuare l’esperienza del governo o se, al contrario, chiudere baracca e burattini e andare al voto. E parliamoci chiaro – tanto l’ha fatto anche Conte – ad un partito questa soluzione conviene, provando a confermare e consolidare il successo raggiunto alle europee.
“Il mio motto è sobri nelle parole e operosi nelle azioni. Se continuiamo nelle provocazioni per mezzo di veline quotidiane, nelle freddure a mezzo social, non possiamo lavorare”, ha giustamente sottolineato Conte (quasi esplicito riferimento a Salvini). Ultimamente i riflettori non sono puntati sui problemi dell’Italia e le eventuali soluzioni, ma sui protagonisti di questa propaganda: Matteo Salvini che punzecchia il Movimento e Di Maio che risponde a sua volta, e viceversa.
La risposta di Matteo Salvini
L’ennesimo tweet del ministro dell’interno Matteo Salvini dimostra che non ha ben compreso il discorso del Premier Conte. Risponde senza accennare alle critiche mosse dal premier nei suoi confronti. “Noi non abbiamo mai smesso di lavorare evitando di rispondere a polemiche e anche insulti, e gli Italiani ce lo hanno riconosciuto con 9 milioni di voti domenica”. E inoltre “Noi siamo pronti, vogliamo andare avanti e non abbiamo tempo da perdere, la Lega c’è.”
Il Premier Conte “super partes”
Per tutta la durata della conferenza stampa Giuseppe Conte ha provato ad accreditare l’immagine di se stesso come premier super partes. “Non ho mai giurato fedeltà né mi è stata chiesta alcuna attestazione di fedeltà dal Movimento Cinque Stelle“, ha detto. Poi da premier, “legittimamente possono attribuirmi una targa, ma io sono a posto con la mia coscienza”.
Quello a cui abbiamo assistito ieri è una palese ammissione che nel governo una crisi c’è. E sembra che l’unico a dover rispondere al quesito del Premier – o l’unico di cui importa la risposta – è Matteo Salvini, perché la Lega è l’unico partito che ha interesse a passare dal voto. Quello del Premier Conte è stato un tentativo lodevole di intimorire i due alleati, ma l’unico ad essere stato messo in punizione forse è lui.