A Prayer before Dawn: una vita sotto il segno della lotta raccontata da un film capolavoro

Joe Cole nel ruolo principale. Fonte: wp.com

A chi conosce per bene il cinema di Gaspar Noé il nome di Jean-Stéphane Sauvaire non può essere estraneo: infatti lui era assistente del noto e discusso regista francese ai tempi dei suoi primi film.

Ma appena questo personaggio geniale ha potuto spiccare il volo, subito si è mostrato in tutta la sua forza e genialità.

Ebbene, ora lui è arrivato al quarto film, già presentato a Cannes 2017 con tanto di standing ovation, ma senza premi per via di una giuria debolissima e dai gusti piuttosto deboli e affettati.

A Prayer before Dawn è stato presentato il 2 novembre alla Festa del Cinema di Roma e si è mostrato al pubblico italiano in tutta la sua bellezza.

La storia è vera, resa con un attaccamento viscerale ai corpi da parte della camera, perlopiù in primi piani e con un senso perfetto del movimento della steadycam nelle scene di violenza.




Il protagonista di questa discesa all’inferno che ha l’aspetto della Tailandia è Billy Moore (Joe Cole), giovane pugile che vive di botte ed eroina.

Arrestato, finisce in una bolgia immersa in un caldo perenne, dove ogni compagno di cella diventa un nemico e s’assiste al peggio possibile.

La sua tempra di lottatore viene messa a dura prova dalle mancanze, le violenze ed il sadismo che vengono solo fugacemente attenuati dalla conoscenza di Fame, trans dal cuore d’oro.

Ma la rivincita è alle porte: lui comincia a lottare per i campionati di boxe e si dimostra vincente, pur pagando con la sua stessa salute e rischiando il tutto per tutto.

Il film è ispirato dal libro del vero Billy Moore, consulente del film e comparso nel film nel finale con un cameo più che significativo.

Lo stile di Sauvaire si fa vedere nella scelta della fotografia fluida e potente, capace di cristallizzare la violenza e la brutalità con una potenza tale da far rimbombare la testa degli spettatori come un tamburo.

Grandioso è inoltre l’utilizzo di attori non professionisti qui perfetti e funzionali, forze dello schermo nella maniera in cui si amalgamano alla bravura estrema, ai livelli del masochismo, del giovane protagonista.

Le location sono tutte prese dal centro di Bangkok e dalle prigioni tailandesi, eccetto per una prigione filippina usata per il finale.

Straordinario e massiccio, nel senso di sottofondo di umanità e bellezza stilistica.

Ancora non distribuito in Italia, è una gioia assicurata per i cinefili. Da cercare, trovare e vedere.

Antonio Canzoniere

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